Nuove coperture e ricerca di rendimento: le compagnie assicurative al cambio di passo

Lo scoppio della pandemia ha fatto emergere alcune fragilità del Servizio Sanitario Nazionale su cui le compagnie di assicurazione potrebbero intervenire con un'offerta innovativa: sullo sfondo resta però centrale la necessità di gestire l'ingente patrimonio accumulato in un contesto di tassi zero e mercati in forte ribasso

Niccolò De Rossi

Qualcuno l’ha definito la “tempesta perfetta”, altri invece l'hanno ricondotto al famoso cigno nero, quell’evento raro, inaspettato e quasi impossibile da prevedere. La sintesi probabilmente, come spesso accade, sta nel mezzo. Se infatti è certamente veritiero affermare che lo scoppio di una pandemia di tali dimensioni sarebbe stato difficile da ipotizzare anche per il miglior algoritmo previsionale, lo è altrettanto che le conseguenze che si sono abbattute sui diversi Paesi hanno spazzato via più di qualche certezza, proprio come una tempesta. 

La diffusione di COVID-19 è stata l’occasione, purtroppo nefasta, per portare a galla alcuni dei limiti strutturali che affliggono l’Italia, ma allo stesso tempo per evidenziare quanto certe politiche economiche e di spesa pubblica abbiano indebolito il Paese, in primis per i tagli alla sanità pubblica perpetrati negli anni. Il virus ha infatti reso di “dominio pubblico” due delle principali fragilità della nazione: 1) un sistema sanitario che, se nel suo complesso può vantare eccellenze a livello internazionale, nel tentativo di arginare il propagarsi dell’infezione ha dimostrato lacune soprattutto a livello territoriale, ovvero lì dove dovrebbe intervenire la prima e fondamentale risposta ai bisogni del paziente; 2) una popolazione particolarmente anziana (siamo il secondo Paese al mondo per invecchiamento) rivelatasi particolarmente fragile e che il virus ha drammaticamente colpito con elevati tassi di letalità. 

Entrambi questi elementi possono però diventare lo spunto per rafforzare, trasformare e consolidare il ruolo del mercato privato e, in particolare, delle compagnie di assicurazione. L’attuale crisi sanitaria ha infatti evidenziato le falle di un sistema che non ha saputo affrontare soprattutto la fase iniziale della pandemia, quando ancora molte cose non erano chiare e c’era al contrario bisogno di rapidità di azione. Allo stesso modo, la sfida dell’invecchiamento della popolazione è forse il tema che le stesse compagnie devono affrontare da protagoniste. Non solo per i crescenti e mutevoli bisogni che la compagine over 65 sta dimostrando di avere, ma anche perché si tratta di una coorte di popolazione finanziariamente stabile (almeno tipicamente), dispone di patrimoni accantonati lungo un’intera carriera lavorativa e fa della tutela della salute uno dei cardini per poter continuare a svolgere una molteplicità di attività. Innovazione di prodotto, ripensare l’assistenza domiciliare attraverso un nuovo concetto di abitare, realizzando strutture innovative che non siano viste dall’over 65 solo come luogo di cura (le “vecchie RSA”), ma offrano un nuovo modo di abitare, nuove forme di convivenza, talvolta anche con i giovani, che aiutino i Silver a rallentare e rinviare l’aspetto più nefasto dell’invecchiamento. 

Accanto a questa possibilità, il mercato può individuare soluzioni domiciliari per chi, secondo le proprie caratteristiche ed esigenze, preferisce rimanere nella propria abitazione piuttosto che trasferirsi in residenze dedicate seppur concepite in modo nuovo. Un’assistenza domiciliare evoluta, intermediata dalle assicurazioni che aiuti l’anziano nel “fare” le normali attività come recarsi alle visite mediche o nell’acquisto di farmaci anche predisponendo un servizio di consegna a domicilio; o, ancora, che agevoli l’anziano intermediando la ricerca di badanti, strutture o esperti per riabilitazione, psicologi, nutrizionisti, o più in generale di tutte le figure professionali che possono servire al benessere dell’individuo. Insomma, un intervento a più ampio spettro e che non si riduca solamente all’attività di cura tout court. Per farlo però c’è bisogno (e qui lo spazio di intervento è molto ampio) della creazione di infrastrutture, sia fisiche sia tecnologiche, che consentano il salto di qualità. 

Immaginare prima e realizzare poi un simile scenario necessiterà di finanziamenti. A maggior ragione se il protrarsi della crisi finanziaria e della stagione dei bassi tassi di interesse continuerà ancora a lungo, come è prevedibile che sia. Negli ultimi anni, infatti, il ricorso all’investimento nei mercati privati attraverso fondi di private equity, debt, real estate e le stesse infrastrutture, è stata una delle armi a disposizione degli investitori per cercare redditività aggiuntiva per i rispettivi patrimoni. Anche le compagnie di assicurazione sono state investite da questo nuovo contesto ed è per questo che strumenti di investimento alternativi - che, a dispetto, della definizione, l’evidenza ci racconta che sono e saranno sempre più una prassi - non possono più non essere presi in esame. Allocare parte delle proprie risorse in investimenti meno liquidi e, dunque, più rischiosi consente infatti di avere non solo ritorni migliori per capitali pazienti come quelli delle compagnie assicurative, ma anche di accedere a una diversificazione maggiore in portafoglio giovando di una più spiccata resilienza in caso di eventuali ribassi dei tradizionali mercati finanziari. 

La strada in questo senso è stata tracciata dalla nascita del fondo ANIA per le infrastrutture in Italia che, all’inizio dell’anno, ha visto realizzarsi il primo closing per oltre 320 milioni di euro con la partecipazione di imprese assicurative associate ANIA. L’obiettivo del Fondo è quello di investire in infrastrutture in Italia, in strumenti azionari non quotati, selezionati ispirandosi a principi ESG, in coerenza con il ruolo strategico che la sostenibilità riveste per ANIA e per le imprese investitrici. Un’iniziativa di sistema che testimonia come il solido mercato delle compagnie di assicurazione possa guardare a investimenti alternativi con grande favore, valutando però questa possibilità in base alle attente analisi di assorbimento di capitale imposte dalla normativa Solvency II. Su questo punto dovrà esserci anche un grande contributo dagli asset manager che dovranno saper intercettare quest'esigenza e restituire prodotti sempre più adatti alle necessità delle compagnie di assicurazione.

Un mondo che cambia rapidamente, sospinto da eventi inattesi, cambiamenti demografici e nuove opportunità di investimento per mantenere quel ruolo di primario investitore, ma allo stesso tempo restare un punto di riferimento di una numerosa parte della popolazione in cerca di tutela per i proprio rischi e bisogni: le compagnie di assicurazione sono chiamate oggi, più di ieri, a un grande cambio di passo. Alea iacta est.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

3/6/2020 (modificato il 7/7/2020)

 
 

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