Collegare le menti: sostenere il Paese per creare il futuro

La pandemia di COVID-19 ha agito da freno oppure da acceleratore nei confronti degli investimenti in economia reale domestica? A partire dall'analisi dei trend che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, alcuni spunti di riflessione su intenzioni, aspettative e trend per il prossimo futuro

Gianmaria Fragassi

Nel lontano gennaio 2020 (è ormai passato più di un anno) il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali presentava al pubblico il secondo Quaderno di Approfondimento sull’investimento in economia reale, frutto di un Tavolo di Lavoro e dei diversi incontri svolti nei 12 mesi precedenti.

L’obiettivo dichiarato del progetto era chiaro: avere una fotografia e un trend di quanto e come i primari investitori istituzionali italiani - tra cui Casse di Previdenza, fondi pensione e Fondazioni di origine Bancaria - muovessero parte dei loro patrimoni investendo e sostenendo il Paese. Altrettanto chiara la situazione relativa agli investimenti in economia reale: percentuali piuttosto alte (attorno al 40% del patrimonio) di patrimonio per investitori quali le Fondazioni di origine Bancaria – che hanno nel loro stesso statuto questa mission – seguite dalle Casse privatizzate (con percentuali tra il 15% e il 20%), per poi terminare con i fondi pensione (2,5% - 3%).

Da un’indagine svolta tra i partecipanti alle discussioni veniva evidenziato che i principali limiti per i quali gli investimenti nel Paese fossero rappresentati da percentuali ancora così basse erano da ricercare principalmente in tre aree ben definite. In primo luogo si riteneva che il valore assoluto degli asset che l’investitore potesse allocare in economia reale fosse insufficiente, non consentendo di accedere a investimenti adeguatamente diversificati e a costi accessibili; il secondo punto riguardava l'insufficienza nell’offerta di prodotti in grado di cogliere le specifiche esigenze degli investitori istituzionali; infine veniva sottolineata dal alcuni discussant la non completa adeguatezza delle proprie strutture interne, con conseguenti difficoltà nell'affrontare in autonomia questo tipo di percorso. 

Rileggendo la relazione COVIP per l’anno 2017 si trovano poi, tra le altre informazioni, anche le motivazioni che la Commissione elencava per giustificare la scarsa quota di risorse dedicate al Sistema Italia. COVIP individua(va) le seguenti aree di intervento: scarso peso marginale assegnato all’Italia nell’ambito dei benchmark di mercato; numero limitato di imprese quotate e lo scarso sviluppo dei mercati dei capitali privati; infine, nel caso di investimenti in strumenti non quotati, le difficoltà riscontrate nella loro valorizzazione e liquidabilità. Così, muovendo da tutti questi presupposti, il gruppo di lavoro promosso da Itinerari Previdenziali, nel tirare le somme degli aspetti che limitavano il processo e ponendo l'accento soprattutto su governance e normativa, si espresse allora su alcuni temi chiave da monitarore nel tempo, quali formazione degli organi decisionali e adeguatezza della struttura interna, necessità di forme di collaborazione e aggregazione, introduzione di modifiche alla normativa fiscale in favore di un'agevolazione degli investimenti in economia reale domestica. 

Oggi, a distanza di anni da questi studi, ci si domanda se la crisi pandemica possa aver dato una spinta al trend o se, al contrario, possa aver ancor di più limitato gli sforzi fin qui fatti. La crisi vissuta nel 2020 è stata del resto molto diversa, e ben più tangibile delle altre crisi finanziarie, perché ha impattato direttamente l’industria, i servizi, i trasporti e il commercio al dettaglio: in sintesi, perché ha impattato direttamente ciò che definiamo economia reale. Rispetto a qualche anno fa, però, le possibilità di investimento in quest'ambito si sono moltiplicate o semplificate e, anche per questo motivo, gli investitori continuano con maggiore vigore a modificare le allocazioni includendo sempre più “Italia” nei propri portafogli, attratti anche da rendimenti allettanti. Il mercato azionario può passare rapidamente da momenti di grande euforia a momenti di completa diffidenza e, con delle previsioni economiche che danno sia l’economia sia l’inflazione deboli, i rendimenti obbligazionari non rappresentano per ora un porto sicuro. 

 

Le testimonianze dei protagonisti

Grazie ai tanti momenti di incontro (purtroppo in gran parte virtuali) con investitori istituzionali e asset manager che si sono susseguiti nel corso dell'anno appena concluso, la community ha avuto l’occasione di ottenere un aggiornamento costante sull’allocazione dei portafogli dalla voce dei principali attori, aggiornamenti sulle quote di patrimonio investite nel Paese compresi.

Al termine del primo indimenticabile lockdown che costrinse l’intera nazione a chiudersi in casa, agli inizi di maggio si parlava molto di protezione e rotazione del portafoglio: le grandi Casse di Previdenza, considerate le ottime performance dei mercati negli ultimi anni, avevamo già deciso alla fine del 2019  di ridurre la componente azionaria, introducendo strategie di stop loss per la protezione dell'investimento. Così pure i grossi fondi pensione negoziali hanno modificato l’asset allocation tattica, auspicando per il prossimo futuro di dare maggior peso agli investimenti ESG e a investimenti nei mercati privati che possono coniugare la ricerca del rendimento con il sostegno all’economia reale del Paese. Molti rimarcavano la necessità di mantenere una buona parte del patrimonio investita in strumenti a pronta liquidità in modo da poter affrontare in modo tattico l’eventuale aumento della volatilità nel breve periodo. 

Verso la fine di maggio, quando pareva potersi intravedere uno spiraglio di luce in fondo al tunnel, queste erano le testimonianze degli investitori: a proposito di economia reale, fondi negoziali e Casse ponevano l’attenzione sul mercato del real estate italiano che pare non sia stato influenzato dalla volatilità di mercato di breve termine dovuto alla pandemia. In giugno, quando si credeva invece che la crisi sanitaria avesse ormai allentato la sua presa, l’ottimismo era forte e si respirava anche nelle parole dei protagonisti. Ancora protezione, ma ancora e soprattutto real asset e infrastrutture (come infrastrutture rinnovabili e RSA) le parole chiave. Mentre le grandi Casse di Previdenza si dichiaravano pronte in futuro per puntare ancora di più su infrastrutture, energia e riqualificazione delle aree urbane anche con progetti in sinergia tra pubblico e privato, veniva sottolineata la necessità di proseguire il processo virtuoso di collaborazione tra investitori istituzionali, come Casse privatizzate e Fondazioni di origine Bancaria, tramite progetti che potessero aiutare a crescere il Paese.

Dopo la pausa estiva, quando le nostre vite sembravano quasi tornate alla normalità, i principali temi analizzati virarono noiosamente a sottolineare l’importanza di un maggior dialogo con le istituzioni; affinché la tendenza al supporto economico potesse affermarsi si riteneva necessario trovare degli interessi comuni, cercando di allineare l'interesse di fondi e Casse con quello delle istituzioni. Proseguendo l’analisi del pensiero degli investitori nell’anno della pandemia, ci ritroviamo quindi a novembre, periodo già di per sé complicato in quanto vicino alla chiusura d'anno. In questo frangente si è parlato molto di decorrelazione e protezione dei portafogli: grazie a questi sistemi, per le grandi Casse privatizzate, si è potuta ridurre l’esposizione all’equity e al rischio di credito, con un occhio di riguardo agli investimenti nei mercati privati in Italia. Mercati privati in cui investono già diversi fondi pensione negoziali che si consorziano per sfruttare economie di scala e aumentare benefici e rendimenti.

Giungiamo così finalmente al termine del riassunto del 2020 con il mese di dicembre, quando abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con primari fondi pensione del Paese, con le Fondazioni di origine Bancaria e le Casse di Previdenza dei liberi professionisti per una preview del 2021. Per tutti questi soggetti l’auspicio per il nuovo anno si focalizzava su due aspetti determinanti: primo, non smettere gli investimenti concentrati in Italia (titoli di Stato, OICR e FIA) e, secondo, muoversi rapidamente verso i mercati privati per sostenere lo sviluppo del Paese. 

Le intenzioni e le aspettative – ma anche i numeri – raccontano allora che ci troviamo di fronte a una fase di piena maturità degli investimenti in economia reale rispetto agli ultimi anni. Tornando alla domanda iniziale, siamo allora convinti che la pandemia sia servita da impulso e abbia quasi agevolato questo tipo di allocazione. Il 2021 sarà anche l’anno del primo EXPO in un Paese arabo, in programma a Dubai per settembre: collegare le menti, creare il futuro. Per creare il futuro l’auspicio di tutti è continuare a cercare con forza la strada del sostegno al Sistema Italia, collegando menti e protagonisti tra loro. 

Gianmaria Fragassi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

18/1/2021

 
 
 

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