ESG: vera integrazione vs greenwashing

I criteri di valutazione ESG sono indubbiamente di grande utilità come input per guidare le decisioni sugli investimenti. Affidarsi a questi soli strumenti rischia però di essere controproducente, allontanando l'effettiva integrazione ESG dal processo di investimento

Bonnie Saynay

Cos’è oggi l’integrazione ESG? Il termine “integrazione ESG”, dove “ESG” sta per Environmental, Social and Governance (Ambiente, Società, Gestione) è ormai parte del linguaggio comune: ne parlano media, società civile e aziende.

Gli investitori e gli asset manager definiscono così il proprio approccio globale agli investimenti responsabili sostenibili ed etici. Sempre più provider offrono prodotti, strumenti e servizi di integrazione ESG, e, secondo la PRI Association, nel 2018 sono oltre 2000 i soggetti (tra investitori, asset manager e fornitori di servizi) che aderiscono ai Principles for Responsibile Investment promossi dall’ONU nel 2006. Se pensiamo poi alla miriade di strumenti di reporting, alle pratiche ESG in Borsa, agli stewardship code esistenti e a quelli che stanno nascendo, risulta chiaro che il settore stia affrontando una sfida epocale. E sono probabilmente gli asset manager, incaricati di acquistare e vendere titoli, gli unici in grado di rispondere alla domanda: che cos’è oggi l’integrazione ESG?

Il processo d’integrazione è più che mai un motus continuus. L’importanza dei fattori ambientali, sociali e di corporate governance nelle decisioni di investimento è cresciuta enormemente negli ultimi anni. I principali fattori ESG vanno considerati alla stregua di quelli finanziari, trattati in modo olistico e gestiti attraverso una prospettiva rischio-rendimento, per supportare decisioni di investimento più consapevoli.

Quando, invece, l’integrazione ESG è decontestualizzata – ovvero pilotata da screening, punteggi, overlaying, filtri o qualsiasi altra forma strumento - qualcosa di importante si perde. Secondo noi è dunque essenziale che ci sia una sincera ricerca di autenticità nell'integrazione ESG e chiarezza circa gli approcci, le strategie e i metodi utilizzati dagli investitori e dagli asset manager nell’ambito degli investimenti responsabili e sostenibili.

 

Rigore o cambiamento?

Il crescente interesse in investimenti ESG ha portato alla nascita di strumenti di valutazione volti a monitorare l’efficacia di queste scelte d’investimento. Il desiderio di avere un sistema finanziario globale più sostenibile esiste. Tuttavia, da una parte, gli asset manager vogliono capire meglio in che modo le aziende stanno affrontando le tematiche ESG, mentre, dall’altra, gli investitori istituzionali hanno bisogno di verificare quanta attenzione sui criteri ESG i gestori stiano mettendo nelle gestioni di portafoglio. Da qui il bisogno di definire dei criteri per l’universo ESG e individuare i principi guida per una buona amministrazione capace di valutare il rischio in maniera olistica.

L’intento di standardizzare criteri e definire principi sta creando confusione, poiché gli investimenti ESG esprimono la loro forza ed efficacia proprio tramite le numerose varianti e possibili combinazioni.

Dunque un focus eccessivamente rigoroso su “scorecard”, “screening” e “codici di stewardship”, che sono tuttavia in un processo di evoluzione continua e repentina, rischia di escludere o limitare il coinvolgimento di alcune società che adottano approcci ESG nella costruzione di portafoglio.

 

Approccio esclusivo o circolo virtuoso?

Negli investimenti ESG, la cultura del’autocelebrazione è in crescita esponenziale, in assoluta contraddizione rispetto alla missione principale dei Principi di Investimento Responsabile (PRI), stilati dalle Nazioni Unite nel 2006. Molte società cercano oggi di dimostrare che i propri criteri e scelte definiscano l’investimento ESG più puro ed esclusivo, screditando implicitamente ogni altro approccio.

Purtroppo questa tendenza crescente da parte di molti player rischia di risultare dannosa, in quanto aumenta la confusione, e, notoriamente, l’incertezza rischia di bloccare o almeno posticipare le decisioni d’investimento. 

A prevalere dovrebbe però essere un approccio “back-to-basic” guidato dai gestori di fondi, capace di premiare la comprensione dei principi base e l'impegno nel rispettarli. L’integrazione ESG non dovrebbe essere vissuta come un gioco al massacro deciso da classifiche sulla purezza o come un santuario della burocrazia. Dovrebbe rappresentare una condizione capace di innescare un circolo virtuso, ovvero un’opportunità per aumentare la concretezza e l'impatto delle considerazioni ambientali, sociali e di governance all'interno della società. Ogni consapevolezza conseguita, ogni passo in avanti nel processo di integrazione andrebbe salutato come un successo. Per questo bisogna focalizzarsi nuovamente sulle priorità originarie dell’approccio ESG, che tra l’altro trovano il proprio fondamento in una prudente responsabilità fiduciaria piuttosto che in imperativi commerciali e politici.

 

Alla guida del cambiamento

L'integrazione dei criteri ESG ha il potenziale di produrre enormi cambiamenti nell’industria finanziaria consentendo decisioni di investimento più consapevoli. Questa trasformazione deve essere guidata dalla responsabilità fiduciaria nei confronti degli investitori. In questo processo, proprio gli asset manager sembrano essere investiti del ruolo di propulsori del cambiamento, considerando in primis i fattori ESG rilevanti dal punto di vista finanziario, ovvero focalizzandosi su una gestione che incorpori il rispetto dei criteri ESG nei processi e nelle decisioni di investimento, grazie anche a un’approfondita conoscenza della governance. Ma altrettanto importante è la definizione, insieme agli investitori istituzionali e alle eccellenze accademiche, dei parametri relativi al rischio sistemico nel lungo periodo.

Le aziende con buone performance ESG riducono il costo del capitale, migliorano le performance dei titoli e operano in maniera più efficace. Inoltre, rispetto a quelle che prestano poca o nessuna attenzione alle tematiche ESG, hanno maggiori possibilità di generare rendimenti aggiustati per il rischio più elevati nel lungo periodo.

 

Il proliferare di parametri di valutazione

La continua crescita e il successo di un settore sono solitamente accompagnati dal graduale emergere di parametri di valutazione. Dagli studi è emerso inoltre che gli standard stessi possono contribuire a migliorare l'efficienza e ridurre i costi. Nel mondo dell’investimento responsabile e sostenibile è tuttavia accaduto esattamente l'opposto. Qui aziende, asset manager e investitori istituzionali delle economie più sviluppate si trovano di fronte a una proliferazione sconcertante e in continua espansione di richieste in contrasto tra loro, come mostra la figura a seguire.

 

Se tutto è importante, niente lo è davvero

Nella fisica, si parla di “effetto osservatore”: secondo questa teoria, basta osservare una situazione per modificarla. In altre parole, esaminare qualcosa stimolerà inevitabilmente il cambiamento. Anche il guru del business management, Peter Drucker, una volta disse: “Se non riesci a misurarlo, non puoi migliorarlo”. Tuttavia nell’investimento responsabile e sostenibile, la raccolta dati e il monitoraggio delle azioni stanno raggiungendo dimensioni inutilmente abnormi. Spesso alcuni dati sono solo di secondaria importanza per le società di gestione patrimoniale focalizzate sul rischio di investimento. La “disclosure” è una pratica giusta, ma la nostra tesi è che quando tutto diventa importante nulla lo è più veramente. Ed è questa la situazione in cui ci troviamo ora. Cosa dicono effettivamente tutti i rapporti e i sondaggi? Quante domande hanno davvero bisogno di una risposta?

 

Misurare non significa migliorare

Ritornando a quanto detto da Drucker, misurare qualcosa non significa necessariamente migliorarlo. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di considerare i punteggi e le valutazioni ESG in un modo più sfumato ed equilibrato. Non dovrebbero rappresentare lo spartiacque tra le società che vanno bene e quelle che affondano. Al contrario, possono servire come uno strumento per segnalare la necessità di un’ulteriore indagine.

La ricchezza di informazioni relative ai fattori ESG dovrebbe aiutare i gestori di fondi a comprendere le società, fornendo ulteriori elementi per consentire di identificare e valutare i rischi.

Tali informazioni dovrebbero essere sfruttate come input per guidare le decisioni di investimento. E non sono solo le aziende a essere misurate, naturalmente: anche gli asset manager vengono giudicati. Sono valutati per come reagiscono alle valutazioni ESG e per come escludono le aziende che non riescono a raggiungere un determinato punteggio; per quante volte partecipano alle votazioni nelle Assemblee generali per quanto spesso hanno bloccato gli aumenti di stipendio dei dirigenti, e perfino su quante lettere hanno inviato alle aziende. Questi dati ricevono molta attenzione. Non ci si concentra invece abbastanza sugli indicatori chiave che permettono di misurare la performance o sui parametri significativi che possano mostrare a un investitore se il suo asset manager sta effettivamente tenendo in considerazione i fattori ESG. La fascinazione per queste cifre sta influenzando le decisioni di investimento e ciò rischia di danneggiare gli investitori in quanto distrae i gestori di fondi da un compito importante, l’analisi della sostenibilità dei modelli di business e del management come fattore a fianco di quelli più strettamente finanziari e li costringe a concentrarsi troppo su se stessi e sul modo in cui verranno valutati.

La priorità dei gestori di fondi dovrebbe essere sempre quella di soddisfare le esigenze dei clienti. Essendo queste valutazioni decontestualizzate rispetto agli investimenti, è necessario che gli asset manager si prendano in carico la loro agenda e siano chiari nella loro definizione di investimento responsabile e sostenibile e nel modo in cui interpretano l'integrazione ESG.

 

La crucialità della governance

Il settore degli investimenti è ostaggio di questionari, iniziative e framework.  Anche se molti di questi strumenti all’apparenza contribuiscono a cambiamenti positivi, in realtà incoraggiano l'inefficiente gestione delle risorse. Troppi asset manager sono costretti a dedicare tempo ed energie alle apparenze, utilizzando le questioni ESG come strategia di marketing, invece di cercare di soddisfare le esigenze degli investitori. Purtroppo il “greenwashing”, utilizzato dalle aziende per dare un’immagine di sé ecosostenibile fine a se stessa, non promuove la sostenibilità. L'obiettivo dovrebbe invece essere quello di sostenere il cambiamento con una visione a lungo termine, proteggendo e facendo crescere la ricchezza degli investitori allo stesso tempo.

Dagli studi accademici appare chiaro che buoni standard ambientali e sociali derivano da una buona struttura di governance.

Il punto di partenza per investimenti sostenibili efficaci e duraturi nel tempo è la governance. È la governance che i gestori di fondi devono conoscere, e non possono raccogliere tutte le informazioni di cui hanno bisogno solamente dai numeri. Per comprendere appieno gli sforzi fatti dalle aziende per avere una rilevanza a lungo termine, i gestori di fondi dovrebbero rivolgersi direttamente alle società, in modo da comprendere la loro visione e la capacità di affrontare i tipi di rischi e opportunità legati alla sostenibilità che sono veramente rilevanti per le loro prospettive e prestazioni. Dato che oggi esistono più di 2000 rischi ESG identificati, e che questi variano da settore a settore, come mostrano le figure 3 e 4, è essenziale focalizzarsi.

 

Per una vera integrazione ESG

Impegnarsi attraverso un’interazione significativa e un dialogo attivo dovrebbe fornire uno sguardo concreto su queste realtà. È una cosa molto diversa dall’evitare o dall’escludere semplicemente le aziende che non riescono a rispettare gli standard ESG incentrati sui risultati di output, che sono troppo spesso frutto di un approccio soggettivo. E anche dalla convinzione che il disinvestimento offra una soluzione rapida ai problemi. Il disinvestimento nega la possibilità di ottenere un cambiamento significativo grazie alla leva dell’azionariato attivo. Meglio adottare un approccio lungimirante e cercare la vera integrazione ESG, piuttosto che penalizzare e mettere da parte le aziende che non possono soddisfare nell’immediato una miriade di parametri.

Questo non vuol dire che gli strumenti di valutazione ESG siano inutili. Come osservato in precedenza, possono sottolineare la necessità di ulteriori indagini e servire da input per guidare le decisioni di investimento. Ma affidarsi solo a questi strumenti, rischia di allontanare l'integrazione ESG dal processo di investimento.

Bonnie Saynay, Global Head of Responsible Investment Invesco

26/9/2018

 

 
 
 

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