Finanza sostenibile e filiera del riciclo: percorsi virtuosi e… circolari

Attraverso quali canali è possibile promuovere sinergie tra imprese e attori della finanza SRI allo scopo di favorire la transizione verso un modello circolare dell’economia? La filiera del riciclo e i possibili ambiti d’azione per l’investimento responsabile

Mara Guarino

Nell’ambito dei recenti accordi internazionali – su tutti, l’Agenda 2030 delle Nazioni Uniti e l’Accordo di Parigi sul clima – l’economia circolare riveste un’importanza cruciale per la capacità di limitare il consumo di risorse, valorizzando anche i prodotti di scarto. Con un obiettivo preciso, che va oltre il pur fondamentale contrasto degli effettivi negativi del cambiamento climatico: disegnare un modello di sviluppo economico più sostenibile dal punto di vista sia sociale sia ambientale. 

Sebbene sia sempre più evidente che clima e depauperamento delle risorse naturali, da un lato, e invecchiamento della popolazione e difficoltà dei sistemi di welfarepubblico nel sostenere bisogni sociali nuovi e in crescita, dall’altro, siano i veri temi da affrontare nei prossimi anni, il mondo della finanza non sembra ancora sufficientemente sensibile al tema, limitandosi magari a cogliere occasionalmente (o attraverso un limitato numero di best practices virtuose) alcune delle opportunità offerte dalla silvero dalla green economy, e molto spesso comunque circoscrivendo il proprio raggio di azione alle sole grandi imprese. A mancare è quindi ancora l’ultimo – fondamentale – passo verso un cambiamento strutturale e culturale, vale a dire l’acquisita consapevolezza della necessità di un nuovo modo di fare impresa e finanza. Che è poi, nel concreto, anche l’unico presupposto possibile per la transizione verso “un’economia capace di rigenerarsi da sola”. 

Un percorso con cui la finanza tutta, nella sua accezione più ampia (dagli investitori istituzionali alle società di gestione del risparmio) è ormai tenuta a confrontarsi, ma all’interno del quale soprattutto il comparto SRI è chiamato ad assumere un ruolo di primissimo piano, per sua stessa vocazione. Approccio di medio-lungo periodo, attenzione nei confronti dell’integrazione dei criteri ESG da parte delle imprese in cui investire e volontà di coniugare il rendimento finanziario con ricadute positive per l’intero sistema rendono infatti la finanza SRI l’interlocutore più accreditato per indirizzare gli investimenti verso modelli di business che si impegnino a mitigare i propri impatti socio-ambientali, a livello tanto globale quanto locale.

Due, in particolare, gli obiettivi da raggiungere: 

1. analizzare opportunità e vincoli di investimento, individuando rispettivamente i possibili settori cui destinare finanziamenti e gli strumenti attraverso cui compierli in modo coerente (PIR orientati alla green economy, minibond, greenbond, etc); 

 2. coinvolgere anche le PMI, che spesso riscontrano difficoltà di accesso al mercato dei capitali, rispettandone le peculiari esigenze di investimento e favorendone la competitività. Obiettivo peraltro, quest’ultimo, ancor più di rilievo all’interno del contesto imprenditoriale italiano, che conta oltre 4 milioni di piccole o medio imprese, il 95% delle quali sotto i dieci dipendenti e il 67% delle quali già comunque coinvolte negli ultimi in attività in qualche misura legate all’economia circolare (ad esempio, riduzione dei rifiuti tramite riciclo e riuso). 

Fatte queste doverose premesse, in che modo la finanza sostenibile può dunque concretamente favorire il passaggio dalla “tradizionale” economia lineare alla più virtuosa economia circolare? Questo l’interrogativo cui prova a rispondere il manuale “Finanza sostenibile ed economia circolare. Linee guida per investitori e imprese”, presentato nel corso dell’edizione 2018 della Settimana SRI e frutto dell’attività di ricerca sugli investimenti sostenibili in economia circolare promossa dal Forum per la Finanza Sostenibile e da CONAI, con l’obiettivo di indagare in particolar modo le possibili sinergie e best practicesda attuare all’interno della filiera del riciclo. Realizzata a partire da una serie di interviste realizzate sia a interlocutori del comparto SRI sia ad attori del settore del riciclo degli imballaggi, la ricerca esamina quindi l’attuale quadro normativo nazionale ed europeo portando alla luce criticità e prospettive di sviluppo degli investimenti sostenibili nel circuito integrato dei rifiuti. 

Finanziando la filiera del riciclo, gli investitori possono in effetti trovare occasioni di rendimento in imprese attente al profilo ambientale e all’efficientamento delle risorse e, di riflesso, favorire l’instaurarsi diun circolo virtuoso: in questo modo, le imprese sono infatti a propria volta incentivate a rendersi maggiormente attrattive nei confronti dei potenziali investitori, soprattutto in termini di governance, trasparenza e rendicontazione. Una dinamica ancor più interessante nel caso del settore del riciclo italiano che, a fronte di pochi casi negativi, gode di una reputazione tendenzialmente negativa, malgrado sia un’eccellenza europea. 

La transizione verso il modello di economia circolare è però ancora tutt’altro che compiuta. Se ancora limitata è la capacità di recupero dei materiali, da sottolineare è anche il fatto che vengano tuttora prodotte grandi quantità di scarti/rifiuti, mentre si conferma in crescita è il consumo delle materie prime. Solo maggiori investimenti consentirebbero di superare le carenze impiantistiche e limiti tecnologici o infrastrutturali che tuttora frenano lo slancio del comparto. Dal canto suo, come evidenziato dal manuale, per centrare l’obiettivo anche la finanza sostenibile è costretta a rafforzarsi, considerato anche un contesto che vede i cosiddetti investimenti “sostenibili” competere con gli investimenti “tradizionali”, i quali possono spesso tuttora contare di margini di rendimento più ampi, seppur talvolta a fronte di un inevitabile impoverimento di risorse socio-ambientali. Altrettanto evidenti sono poi le necessità, da un lato, di ampliare gli strumenti finanziari disponibili per le PMI, per le quali il principale (se non l’unico) canale di finanziamento è il prestito bancario, forse non lo strumento più adeguato a favorire piani di ammodernamento ed eco-innovazione e, dall’altro, di sviluppare criteri di selezione tramite i quali gli investitori “responsabili” possano più facilmente identificare le aziende meritevoli di attenzione. 

Di qui, l’auspicio che si possa finalmente aprire un canale di dialogo dal quale trarre indicazioni utili per operatori e decisori politici nazionali e amministratori locali e che, soprattutto, favorisca l’incontro tra la domanda, rappresentata nel caso della filiera del riciclo dai Consorzi, l’offerta di finanza sostenibile. 

Mara Guarino, Itinerari Previdenziali

19/11/2018

 
 

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