I portafogli degli investitori istituzionali post COVID-19

Lo scenario post pandemico che si sta delineando restituisce un quadro in evoluzione ma che si muove su direttrici definite: tra ritorno dell'inflazione e allentamento delle politiche monetarie espansive, quali le sfide che gli investitori istituzionali dovranno affrontare dopo COVID-19

a cura di Fidelity International

Gli eventi degli ultimi anni, dalla crisi dei subprime al credit crunch arrivando alla pandemia da COVID-19, hanno fatto sì che anche il mondo finanziario, oltre alle economie e ai sistemi produttivi, dovesse adattarsi a nuove e mutevoli condizioni. Lo spartiacque che probabilmente ha gettato le basi per quello che spesso viene chiamato il “new normal” è stato l’inizio del Quantitative Easing e delle politiche monetarie espansive. Se oggi si torna a parlare di inflazione è perché, da quel famoso «Whatever it takes», soprattutto la BCE ha rincorso un livello di crescita dei prezzi vicino al 2%. La progressiva riduzione dei tassi di interesse unitamente all’ingente iniezione di liquidità da parte delle Banche Centrali servivano per stimolare l’economia, gli investimenti e rilanciare i consumi. Poi l’evento inaspettato, il cigno nero che si è abbattuto a livello globale su economie e mercati. Ma come spesso accade, sono le difficoltà maggiori che possono portare importanti opportunità e cambiamenti.

Difficilmente, infatti, potrà ripresentarsi una congiuntura così favorevole in futuro. La pandemia ha creato le condizioni per un evento “storico” che getta le premesse per un grande passo avanti per il Vecchio Continente: la messa in comune di risorse da parte dei Paesi europei attraverso il PNRR per rilanciare le economie nazionali fortemente fiaccate dai diversi lockdown. Le direttrici su cui si muove l’ambizioso piano sono già ben definite e affrontano temi e ambiti cruciali soprattutto per l’Italia. Infatti, il bilancio 2021-2027 della UE, la “ritrovata Europa”, del valore di 1.824,3 miliardi, prevede un impegno deciso per la transizione ecologica e digitale cui dedica, attraverso il programma Next Generation EU, ben 750 miliardi di euro, pari a quasi il 42% delle risorse totali. Per l’Italia in particolare, 222 miliardi complessivi di cui 191,5 di Recovery and Resilience Fund, dei quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto, e 30,6 di fondo complementare finanziato dall’Italia.

 

Inflazione, Patto di Stabilità e fine del Quantitative Easing: le nuove sfide per il Paese…

Accanto a queste enormi possibilità ci sono almeno tre elementi che andranno tenuti in grande considerazione. Il primo è la ripresa dell’inflazione. In Italia, l’inflazione annua a fine ottobre ha toccato il massimo degli ultimi 8 anni con il 2,9%, mentre negli USA ha superato il 6%. Nonostante mercati e analisti stiano tuttora valutando se tale dinamica sia duratura o transitoria, dopo anni di assenza è importante valutarne i possibili impatti. A maggior ragione se il livello dei prezzi è sostenuto soprattutto dalla crescita dei prezzi di materie prime ed energetici. Il secondo, collegato al precedente, è la possibile riduzione degli acquisti netti da parte delle Banche Centrali una volta raggiunto il target del 2%. Terzo, il ripristino del Patto di Stabilità, che verrà probabilmente riattivato nel 2023, mentre per il 2022 non ci saranno obiettivi numerici ma solo qualitativi, con la crescita della spesa finanziaria corrente a livello nazionale limitata per gli Stati membri con un debito elevato.

Per l’Italia questi tre “fattori” - inflazione, fine delle politiche monetarie accomodanti e reintroduzione del Patto di Stabilità, seppur con qualche moderazione - sono assai pericolosi in particolare per via dell’elevato debito pubblico, che è balzato dai 2.409,9 miliardi (134,7% del PIL) del 2019 ai 2.569,3 miliardi di euro del 2020 (157,5% del PIL) e a settembre 2021 ha toccato il record di 2.706 miliardi. Si tratta di un aumento stratosferico di 137 miliardi in 9 mesi, aumento che peraltro si somma ai 159,4 miliardi accumulati nel 2020. A questi, nel corso dei prossimi anni, occorrerà poi aggiungere almeno altri 30 miliardi di prestiti con garanzia dello Stato (i 30mila euro) che le 270mila imprese a rischio di chiusura nel terziario (stima Confcommercio), già in difficoltà prima di COVID-19, non potranno restituire. 
 

Se un tempo polizze assicurative e titoli di stato rappresentavano i principali strumenti
in quanto offrivano rendimenti interessanti, oggi è necessario un cambio di passo


 

Anche per questo sarà necessario riflettere sulla sostenibilità del debito italiano quando la BCE avvierà il taperingConsiderando che la BCE nel 2020 ha comprato titoli italiani per 145 miliardi, se dovesse ridurre gli acquisti, per il nostro Paese si aprirebbero grandi problemi legati al finanziamento del nostro enorme debito pubblico. Il maggior rischio è di tornare nei prossimi anni ai livelli del 2012 con un costo di finanziamento di oltre 84 miliardi, contro gli attuali 60 circa. Inoltre, se dal 2023 venisse reintrodotto il Patto di Stabilità, considerando che il deficit 2020 è stato pari all’11,07%, per il 2021 è previsto al 9,5% (11,8% nel DEF) e per il 2022 al 5,8%, con una crescita intorno al 6,2% (4,3% nel 2022), si amplierebbero i problemi italiani con riflessi molto negativi anche sui flussi di finanziamento del PNRR. 

 

…e per gli investitori istituzionali: investimenti sostenibili, Silver Economyprivate market

Il consolidamento della crescita dell’inflazione, il prossimo tapering delle Banche Centrali e un conseguente rialzo dei tassi di interesse porteranno conseguenze importanti anche per i mercati finanziari. Lo scenario cui tutti gli investitori si sono abituati nell’ultimo decennio è stato contraddistinto infatti da una quasi totale assenza di rendimenti sul mercato obbligazionario. Ciò ha portato a un ingente travaso di capitali verso i mercati azionari, protagonisti anche per questa ragione di un trend rialzista che dura ormai da diverso tempo. 
 

Un trend sempre più rilevante è l’impact investing, un tema che si sposa bene con investimenti alternativi
come ad esempio il real estate


 

Per investitori “prudenti” come fondi pensione, Casse di Previdenza e Fondazioni di origine Bancaria, proprio per il ruolo sociale che svolgono, tale scenario ha imposto un ripensamento della propria attività di investimento, ridisegnando in parte le proprie asset allocation strategiche. Da sempre fortemente investiti nel fixed income hanno infatti, da un lato, aumentato l’esposizione sull’equity per i maggiori ritorni attesi che offre il mercato azionario, e dall’altro, hanno guardato con sempre più interesse al mondo dei private marketLa finanza alternativa, in questo contesto, può infatti giocare un ruolo importante, contribuendo a diversificare e decorrelare i portafogli con i mercati tradizionali, ma anche conseguire maggiori rendimenti attesi bilanciando i ritorni ormai assenti del mercato obbligazionario. 
 

L'attenzione degli istituzionali alla ricerca di rendimenti si sta spostando verso due diversi trend: la sostenibilità, che si andrà sempre più a fortificare, e l'invecchiamento della popolazione, la cosiddetta Silver Economy


 

Allo stesso tempo però, e la pandemia ne è stato in qualche modo un forte acceleratore, anche la società cambia e va sempre più verso la consapevolezza di investimenti che siano rispettosi dell’ambiente, del sociale e anche in termini di governance nazionali ed economiche. Cambia quindi la prospettiva degli investimenti che rivestono un ruolo sempre più responsabile, tanto più che i PNRR nazionali sono fortemente orientati verso i criteri ESG e SRI. Non solo. Perché per il fondamentale ruolo che possono svolgere per il Paese, gli investitori istituzionali dovranno concentrare la propria attenzione e i propri investimenti anche sull’invecchiamento della popolazione, altro grande trend del futuro. Anche per questa ragione, player istituzionali e finanziari stanno raccogliendo sempre più numerosi la sfida che vede nella Silver Economy uno degli ambiti che necessariamente dovrà attrarre in futuro le risorse gestite soprattutto da investitori previdenziali come Casse di Previdenza e fondi pensione. Investire nella Silver Economy significa infatti destinare risorse al complesso di attività economiche rivolte specificamente alla popolazione con 65 anni o più che cessa, parzialmente o totalmente, l’attività professionale, passando da uno stile di vita attivo a uno “differentemente attivo”, in linea per l’appunto con le tendenze demografiche in corso a livello globale. 

Per gli investitori istituzionali, come appunto fondi pensione, Casse di Previdenza ma anche Fondazioni di origine Bancaria si aprono quindi nuovi scenari e nuove prospettive per contribuire alla ripresa del Paese, con riguardo in particolare alla sostenibilità, al rispetto dell’ambiente, all’efficientamento energetico, ma anche al sostegno delle PMI italiane e del tessuto produttivo nazionale. 
 

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a cura di Fidelity International

1/3/2022

 
 
 

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