Il contributo sostanziale del private capital alla crescita del Paese

I player istituzionali stanno aumentando significativamente le proprie allocazioni verso il private equity, che rappresenta un'importante opportunità in un contesto di grande liquidità del sistema, necessaria diversificazione dei portafogli, decorrelazione con i mercati tradizionali e maggiori rendimenti attesi: quale il possibile impatto sul sistema Paese alle prese con il post COVID-19?

a cura di HAT SGR

In un contesto mondiale in cui si registrano ancora gli effetti a lungo termine del lockdown dello scorso anno – dalla carenza di materie prime, ai ritardi nella consegna della componentistica e dei chip, fino ai rincari dei costi dell’energia – si intravede un segnale forte di ripresa. Imprese e imprenditori stanno ricominciando a investire, i consumi a crescere e i dati macroeconomici forniscono indicazioni precise sul ritmo della ripresa. Governo e organismi internazionali stanno ora immaginando per il Paese tassi di crescita sostenuti nel primo semestre 2022 e il raggiungimento dei dati pre-pandemia già nel primo trimestre del prossimo anno, secondo le ultime stime della Commissione Europea.

A questo quadro positivo non è estraneo il sostegno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), a cui si aggiungono i circa 15 miliardi di euro del Fondo Sviluppo e Coesione e gli 83 miliardi di euro dei fondi europei per il periodo 2021-2027, oltre a tutti quelli destinati ai fondi nazionali. Alcuni degli ambiti di intervento, come quello della transizione digitale, di quella ecologica e delle infrastrutture sostenibili, sono rilevanti sia per gli importi in assoluto, sia per il volano che determineranno a cascata sull’economia reale e su molte componenti del sociale. Nel prossimo futuro ci sono 3 elementi che andranno tenuti in grande considerazione: la ripresa dell’inflazione, con l’Unione Europea che si è data come obiettivo la soglia del 2% e la presidente Lagarde che si è detta fiduciosa che sia un momento di passaggio destinato a terminare nel corso del 2022; la probabile fine del Quantitative Easing; e il ripristino del Patto di Stabilità per gli inizi del 2023. 

Oltre alle qualità e all’entusiasmo dei singoli imprenditori, però risulta oggi più che mai necessario il sostegno del capitale. Su questo terreno, gli operatori di private capital stanno svolgendo un ruolo sempre più importante, e l’attenzione del risparmio verso gli strumenti alternativi rappresenta un’opportunità in un contesto di grande liquidità del sistema, di necessità di diversificazione dei portafogli, decorrelazione con i mercati tradizionali e maggiori rendimenti attesi. Negli ultimi mesi, si sono dunque confermati un motore fondamentale della ripresa, permettendo a molte PMI italiane di reperire i capitali e l’expertise necessari non solo per affrontare il periodo di crisi e post pandemia, ma specialmente per cogliere importanti occasioni di espansione anche in ambito internazionale. 

Nei prossimi anni, gli investitori istituzionali, le Casse di Previdenza e soprattutto i fondi pensione, che da soli valgono quasi la metà dei 254 miliardi di euro del mercato istituzionale italiano, spinti dalla necessità di trovare rendimenti più elevati, incrementeranno significativamente le proprie allocazioni di capitali verso gli investimenti alternativi e, tra questi, il private equity rappresenterà l‘asset class principale. I tassi d’interesse sempre più bassi, che si prevedono prossimi allo zero almeno fino al 2023 comprimeranno maggiormente i rendimenti, costringendo quindi gli investitori a cercare nuove fonti di profitti e una decorrelazione dai mercati borsistici. Questo, anche alla luce dei ritorni realizzati dai fondi di private equity, in particolare di quelli tematici che hanno registrato rendimenti del 33% più alti rispetto a quelli generalisti, e tra il 2010 e il 2019, secondo gli ultimi dati a disposizione, hanno sempre battuto il mercato borsistico.

Secondo l’osservatorio di Preqin, tra la fine del 2020 e la fine del 2025, l’AUM globale in asset alternativi dovrebbe aumentare del 60%, pari a un CAGR del 9,8%, con un tasso di crescita di gran lunga superiore a PIL e inflazione, con un apprezzamento reale significativo in tutte le asset class degli alternativi. La distribuzione di questo aumento non sarà però uniforme: il private equity guiderà da leader la crescita degli asset alternativi aumentando in cinque anni del 107% pari a un CAGR del 15,6% annuo, grazie anche alla grande resilienza mostrata durante i periodi di stress economico e ai rendimenti superiori ad altre asset class

L’aumento delle masse previsto rappresenta una sfida per il private equity italiano, perché se da un lato si aprono grandi opportunità, dall’altro sempre più investitori istituzionali richiedono che aumenti anche la dimensione dei fondi, così da concentrare gli investimenti in poche selezionate realtà. Un’altra sfida arriva dal punto di vista normativo. Infatti, oggi il mercato istituzionale può investire fino al 10% del proprio patrimonio in prodotti illiquidi: un limite che potrebbe essere superato dato che i fondi di private equity non richiedono il versamento del capitale allocato in un’unica soluzione, ma gradualmente e, di fatto, secondo le statistiche, non viene mai raggiunto il limite del 10% perché le masse effettivamente investite, vale a dire i capitali di volta in volta richiamati al netto di quelli rimborsati, raggiungono al massimo il 70% delle somme allocate, riducendo di conseguenza il capitale effettivamente investito a non oltre il 7% del proprio patrimonio. Si apre quindi per fondi pensione e Casse di Previdenza l’opportunità di incrementare la percentuale investita nel private equity, generando così una quota più elevata di rendimenti e portando maggior valore alla crescita del Paese. Inoltre, le maggiori masse da allocare e la maggiore competitività spingeranno sempre più alla professionalizzazione del settore, con un numero crescente di gestori di private capital, più focalizzati su settori specifici dell’economia, che operano in modo più efficace in alcune nicchie di mercato caratterizzate da trend di crescita strutturale di medio-lungo periodo, grazie a team dedicati e competenti, nonché a un know-how specifico che permetta di valorizzare le imprese nei rispettivi mercati e di promuoverne l’internazionalizzazione e il consolidamento, fattori chiave oggi ancor più che in passato. 

L'industria tecnologica continua a innovare e crescere a un ritmo vertiginoso e il settore si è dimostrato il più resiliente, con la pandemia che ha ulteriormente accelerato le tendenze in atto in termini di innovazione, digitalizzazione e adozione di nuove tecnologie. Il prolungato lockdown ha aiutato a favorire soluzioni di lavoro a distanza e ad aumentare le interazioni digitali, con le aziende che hanno incrementato i propri investimenti volti alla trasformazione digitale, compiendo in pochi mesi un percorso virtuoso, con enormi benefici in termini di produttività, che senza questa spinta sarebbe invece durato anni. La crisi sanitaria è stata in parte superata, ma abbiamo assistito a un passaggio molto importante in cui la pandemia ha cambiato in modo repentino tanti paradigmi economico-industriali, che hanno portato a una forte crescita degli investimenti di private equity verso i settori della tecnologia e dell’innovazione, diventati ancora più centrali ed essenziali, e che rappresentano una grande opportunità di sviluppo ed evoluzione per le PMI italiane, secondo direttrici come la digitalizzazione e l'utilizzo di nuove soluzioni sempre più evolute. 

Siamo di fronte a un cambiamento rivoluzionario e sempre più rapido, come certificato anche dai dati del Digital Riser Report 2021 della ESCP Business School, che vede l’Italia scalare la classifica dei Paesi più avanzati in fatto di competitività digitale, posizionandosi seconda nell’ambito del G7 e ottava nel G20. Nessun Paese europeo ha fatto meglio di noi nel 2021. Il 2022 potrebbe rappresentare allora in positivo la tempesta perfetta, grazie all’elevata liquidità immessa nel sistema da parte degli investitori istituzionali e amplificata dalle risorse messe in campo dal PNRR, a una ritrovata credibilità politica, come dimostra anche il recente innalzamento del rating del nostro Paese da parte dell’agenzia Fitch e la conferma di quello di Standard & Poor’s e Moody’s, e ai trend di cambiamento epocale in corso che rappresentano oggi gli ambiti dove poter trarre maggior beneficio, creando un valore duraturo per gli investitori e una crescita sostenibile e con basi solide del Paese.

Ignazio Castiglioni, CEO HAT SGR​

2/3/2022

 
 
 

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