Il mercato istituzionale italiano resiste alla pandemia da COVID-19

Nonostante COVID-19 si consolida il patrimonio complessivo degli investitori istituzionali italiani con 953,8 miliardi di euro totali (198 per la sola previdenza complementare), pari al 58% del PIL nazionale. Positivi anche i rendimenti, pur a fronte del forte calo registrato dai mercati finanziari nel primo semestre 2020

Michaela Camilleri

Nonostante le ricorrenti crisi finanziarie degli ultimi anni e la crisi mondiale innescata dalla pandemia da COVID-19, il patrimonio degli investitori istituzionali che operano nel welfare contrattuale (fondi pensione negoziali, preesistenti e forme di assistenza sanitaria integrativa), delle Casse Privatizzate e delle Fondazioni di origine Bancaria è aumentato dai 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 269,84 miliardi di euro del 2020, con un incremento dell’88,9%. In percentuale del PIL, il patrimonio di questi soggetti è quindi pari al 16,3% e, includendo anche il welfare privato (Compagnie di Assicurazione del settore vita, rami I, IV e VI, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 57,8%. Quello che emerge dall’Ottavo Report annuale Itinerari Previdenziali “Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l’anno 2020” è quindi il ritratto di un Paese che negli anni è riuscito a consolidare il proprio mercato istituzionale, raggiungendo ormai una dimensione rilevante.

Dal punto di vista dei rendimenti, nonostante il cigno nero che si è abbattuto sui mercati finanziari, nel 2020 tutti gli investitori istituzionali hanno realizzato buone performance, anche se inferiori a quelle del 2019. In particolare, le Fondazioni di origine Bancaria segnano un +3,6% (6,5% nello scorso anno), seguite dai fondi pensione negoziali con un +3,1% (7,2% nel 2019), dai fondi aperti con +2,9%, dai fondi preesistenti con il 2,6% e dalle gestioni separate con +1,4%; in negativo di 0,2% solo le unit linkedRisultati ancora più apprezzabili se confrontati con i “rendimenti obiettivo” TFR, inflazione e media quinquennale del PIL, che si sono attestati rispettivamente all’1,2%, -0,2% e 2%. 

Il diffondersi della pandemia ha interrotto il trend positivo dei mercati, soprattutto azionari, che aveva contribuito a conseguire ritorni molto positivi nel 2019 recuperando i risultati negativi del 2018, anche se i forti ribassi hanno interessato principalmente il primo semestre dell’anno. Una situazione che ha permesso di recuperare terreno nella seconda parte del 2020: l’allocazione degli attivi investiti ha consentito di superare positivamente un anno che ha complicato le gestioni finanziarie di tutti gli operatori di mercato anche grazie alla diversificazione, attuata sempre più mediante una gestione diretta in private market e con fondi d’investimento a gestione attiva. Pur rimanendo in alcuni casi preponderante, diminuisce invece l’investimento in titoli di Stato e, in linea generale, nel reddito fisso, mentre aumenta per l’appunto l’affidamento delle risorse a gestori sempre più specializzati e con strategie innovative e diversificate. Si consolida, inoltre, la prassi di affidamento delle risorse tramite piattaforme d’investimento dedicate a singoli investitori o condivise tra più soggetti istituzionali e si costituiscono SICAV multicomparto.

Crescono infine gli investimenti in economia reale, anche domestica, finalizzati a generare ricadute positive per il territorio, investimenti dei quali il Paese ha grande bisogno, soprattutto in un momento di necessaria ripartenza come quello attuale. In particolare, anche per il 2020, considerando la quota nella banca conferitaria, in Cassa Depositi e Prestiti e Fondazione Con il Sud, le Fondazioni di origine Bancaria si riconfermano i maggiori investitori nell’economia reale nazionale, con il 44,4% del patrimonio investito; seguono le Casse privatizzate dei Liberi Professionisti, con il 22% in aumento rispetto al 21% dell’anno precedente e al 16,31% del 2018. Si conferma invece modesta la percentuale investita nel Paese da parte di fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 2,58% e al 3,98% del patrimonio destinato alle prestazioni (vale a dire 60,37 e 64,17 miliardi). 

A impressionare non positivamente è sicuramente l’esiguità degli investimenti dei fondi di natura contrattuale, in gran parte alimentati dal TFR “circolante interno” alle aziende e che, quindi, è e dovrebbe essere la prima e principale forma di sostegno all’economia reale, anche se sono ormai diversi i percorsi d’investimento intrapresi aggregando i patrimoni di più fondi. Dal 2007 alla fine del 2020 ai fondi pensione e al fondo gestito dall’INPS sono confluiti circa 155,45 miliardi di TFR sottratti alle imprese italiane, alle quali ne sono tornati mediamente il 3,5% l’anno, che possiamo stimare in circa 36 miliardi di euro. Dati su cui riflettere, anche per le loro ripercussioni sia sull’occupazione sia sulla produttività e, quindi, sullo sviluppo del nostro Paese. 

Figura 1 - Come investono fondi pensione, Casse di Previdenza e Fondazioni di origine Bancaria

Figura 1 - Come investono fondi pensione, Casse di Previdenza e Fondazioni di origine Bancaria
Fonte: Ottavo Report “Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l’anno 2020”


Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

8/9/2021

 
 

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