Infrastrutture, investimento per il futuro

Rendimenti relativamente stabili, copertura dall'inflazione e benefici derivanti dalla diversificazione: anche grazie alla spinta della transizione energetica, le infrastrutture catturano sempre maggiore attenzione da parte degli investitori istituzionali. Trend, opportunità e scenari per il futuro

a cura di Garnell

Gli investimenti nelle infrastrutture hanno ultimamente suscitato molta attenzione, in particolare da parte degli investitori istituzionali.

Nulla che debba sorprendere. È un settore ad alta intensità di capitale e, da tempo, i capitali privati pesano in modo sempre più significativo sul totale degli investimenti. La domanda di capitali privati per il loro sviluppo è esplosa, così come l’offerta. Gli investitori istituzionali sono desiderosi di allocare capitale nelle infrastrutture poiché esse generano rendimenti relativamente stabili, copertura dall’inflazione e, rispetto ad altre classi di attivi, i benefici di un’eccellente diversificazione. Ciò riflette una tendenza di lungo termine sia nei Paesi sviluppati sia in quelli emergenti.

La necessità di rafforzare le infrastrutture energetiche verso obiettivi a “impatto netto zero” è oramai chiara a tutti. Il bisogno di infrastrutture potenziate dei dati non è meno evidente. Anche quelle dei trasporti vedranno un significativo sviluppo, in particolare le reti stradali e ferroviarie. Tutto ciò rende ancor più impellente l’investimento strategico nel settore, e spiega la forte crescita degli investimenti diretti degli istituzionali in progetti infrastrutturali o in fondi dedicati. Tipicamente sono gli investitori di grandi dimensioni a investire o co-investire direttamente nei progetti infrastrutturali, mentre quelli di taglia più ridotta optano per i fondi. A oggi, la maggior allocazione di capitale è stata in gran parte indirizzata agli investimenti diretti (e non quotati) in infrastrutture. La natura a lungo termine difensiva di questa asset class e l’orizzonte d’investimento degli istituzionali la rendono una scelta naturale.

Ma il successo di questi attivi ha tuttavia creato un problema: troppe risorse non investite. L’alluvione di danaro nel settore infrastrutturale ha largamente superato le opportunità di investimento, generando una montagna di liquidità inutilizzata, stimata in oltre 200 miliardi di dollari, e valutazioni “tirate” a causa della scarsità di progetti a disposizione. Per tale motivo vi sono forti ragioni per allocare capitale anche nelle infrastrutture quotate, investendo tipicamente in società le cui azioni sono scambiate sui mercati regolamentati ed il cui business model è caratterizzato da ricavi generati dalla gestione di infrastrutture. In effetti, gli attivi sottostanti sono i medesimi della parte non quotata del settore, cosicché i rendimenti di lungo termine sono molto simili. Certo, un’importante differenza è rappresentata dalla liquidità, che fa degli investimenti quotati un’alternativa più flessibile, ancorché caratterizzata dalla maggiore volatilità indotta dai mercati finanziari. Tuttavia, al di là delle considerazioni relative alla loro puntuale valutazione (e contabilizzazione), tale volatilità offre anche opportunità di arbitraggio, facendo leva sui differenziali di prezzo, che non possono offrire gli investimenti in infrastrutture non quotate.

Un esempio di tali opportunità può essere rappresentato dalla società francese Vinci, che genera più del 75% dei propri ricavi dalla gestione di strade a pedaggio e aeroporti: alla fine del 2018 le sue azioni erano scambiate a 71 euro, con uno sconto del 25% sul relativo valore netto d’inventario. Tale gap si è chiuso nel gennaio 2020, quando il prezzo ha toccato 105 euro. La successiva crisi COVID ha ridotto il valore netto degli attivi di Vinci a 98 euro, ma ha impattato in modo molto più significativo sul prezzo delle sue azioni, scese a 68 euro a metà di marzo 2020, creando un’ulteriore opportunità di acquisto finché il prezzo è rimbalzato a 96 euro a maggio 2020.

Accoppiando le opportunità di arbitraggio con le valutazioni generalmente più basse (mediamente del 25-50%), le infrastrutture quotate rappresentano per un gestore attivo un’interessante occasione di creare valore, offrendo allo stesso tempo un’esposizione di lungo termine, con un buon potenziale di sovra-performance sul settore delle infrastrutture non quotate.

Riassumendo: le infrastrutture offrono agli istituzionali un’eccellente opportunità di miglioramento della struttura dei loro portafogli a cui gli investimenti non quotati e quotati possono contribuire con le loro caratteristiche uniche. I primi offrono stabilità dei rendimenti, mentre i secondi apportano maggiore flessibilità e, nel medio-lungo periodo, il potenziale per incrementare ulteriormente il rendimento.

Cor Dücker, Partner Garnell Capital Partners

Filippo La Scala, Managing Director Garnell 

22/12/2021

 
 
 

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