Investimenti sostenibili, c'è un nuovo giocatore in città: l'SFDR sbarca a ESGlandia

A decorrere dallo scorso 10 marzo 2021 si applica il regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari: si tratta di SFDR, acronimo per Sustainable Finance Disclosure Regulation

Giovanni Gazzoli

Il 2021 porta con sé un passo in avanti nel processo di regolamentazione dell’informativa non finanziaria: dal 10 marzo, infatti, è applicata la SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), ossia l’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari. Dopo la NFRD (Non Financial Reporting Directive) del 2014, l’Agenda 2030, che diede alla luce i famosi SDGs o obiettivi di sviluppo sostenibile, la nomina nel 2016 del HLEG (High-Level Expert Group) e nello stesso anno l’approvazione del Regolamento UE 2016/2011 sul COBenchmark (prima versione, aggiornata in seguito con il Regolamento UE 2019/2089) e il Piano d’Azione per finanziare la crescita sostenibile del 2018, il 2019 aveva visto l’approvazione appunto della SFDR, seguita poi nel 2020 dall'ormai celebre tassonomia (Regolamento UE 2020/852). Regolamenti che il 2021 sta portando dalla teoria alla pratica, in un percorso di affermazione dei concetti e delle pratiche sostenibili in tutta Europa, anche e soprattutto grazie al virtuoso processo politico che ha portato all’approvazione del Green Deal prima e del Recovery Plan poi.

Insomma, c’è da dire che la legislatura guidata dalla Commissione Von der Leyen ha sicuramente il merito di aver pigiato sull’acceleratore in termini di sostenibilità, anche solo in termini di implementazione di linee d’azione precedenti. Andiamo dunque a vedere maggiormente nel dettaglio cosa prevede il Regolamento SFDR.

Innanzitutto c’è da dire che, se è vero che l’applicazione del regolamento intercorre a partire dallo scorso 10 marzo, già dal 29 dicembre 2019 ne entravano in vigore alcune sue parti. Nello specifico, si tratta degli articoli 4 (paragrafi 6 e 7), 8 (paragrafo 3), 9 (paragrafo 5), 10 (paragrafo 2), 11 (paragrafo 4) e 13 (paragrafo 2). Si tratta in sostanza di azioni in carico alle cosiddette AEV, ossia le Autorità Europee di Vigilanza, acronimo con cui collettivamente s’intendono l’ABE (Autorità Bancaria Europea), l’EIOPA (Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) e l’ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati): le AEV, infatti, entro tale data potevano elaborare, tramite il comitato congiunto, progetti di norme tecniche che supportassero l’adeguamento alla normativa per tutti gli enti sotto la propria vigilanza.

Tornando a SFDR, il Regolamento prende le mosse dalla consapevolezza che senza una normativa comunitaria armonizzata in materia di informativa per gli investitori finali su questioni legate alla sostenibilità diventano inevitabili una serie di divergenze a livello nazionale che portino ad approcci differenti nei vari settori dei servizi finanziari: premessa per distorsioni della concorrenza, sviluppo di prassi basate su priorità di natura commerciale e inefficienze, oltre ovviamente per condizioni inique tra prodotti e canali di informazione e, dunque, confusione per gli investitori finali.

Imprescindibile dunque la definizione di un vocabolario comune: è quanto delineato nell’articolo 2, sia per quanto riguarda gli attori coinvolti e i prodotti offerti, sia soprattutto per i concetti al centro della normativa. Vale a dire:
 

  1. “investimento sostenibile”, ossia un “investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo ambientale, misurato, ad esempio, mediante indicatori chiave di efficienza delle risorse […] o un investimento in un’attività economica che contribuisce a un obiettivo sociale […], e che le imprese che beneficiano di tali investimenti rispettino prassi di buona governance […]”. In sostanza, rivediamo elencati i criteri E.S.G.;
     
  2. “rischio di sostenibilità”, cioè “un evento o una condizione di tipo ambientale, sociale o di governance che, se si verifica, potrebbe provocare un significativo impatto negativo effettivo o potenziale sul valore dell’investimento”
     
  3. “fattori di sostenibilità”, vale a dire “le problematiche ambientali, sociali e concernenti il personale, il rispetto dei diritti umani e le questioni relative alla lotta alla corruzione attiva e passiva”.
     

Stabilito un common ground sul quale operare, il Regolamento delinea alcuni principali comunicazioni che gli attori dei mercati finanziari devono fornire con chiarezza e trasparenza. Innanzitutto all’articolo 3 si esplicita che i partecipanti ai mercati debbano pubblicare sul web le informazioni sulle politiche di integrazione dei rischi di sostenibilità nei processi decisionali relativi agli investimenti.

Questo, come aggiunge l’articolo 4, sia che essi prendano in considerazione i principali effetti negativi delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità (chiarendo dimensioni, natura, ampiezza delle attività e tipologia dei prodotti finanziari), sia nel caso in cui non lo facciano, eventualità per la quale deve essere fornita una chiara motivazione, nonché eventuali informazioni concernenti il se e il quando tale posizione cambierà. Le stesse indicazioni sono fornite per i consulenti finanziari. L’articolo 5 è invece relativo alle politiche di remunerazione e alla necessità di includere informazioni su come siano coerenti con l’integrazione dei rischi di sostenibilità.

Altro canale informativo normato dalla SFDR è l’informativa precontrattuale, citata all’articolo 6, la quale deve includere la descrizione del modo in cui i rischi di sostenibilità siano integrati nelle decisioni di investimento e i risultati della valutazione dei probabili impatti sul rendimento dei prodotti finanziari. Questa informativa poi, come dice l’articolo 8, deve anche includere informazioni sulle imprese in cui gli investimenti sono effettuati, e nello specifico sul se e quanto rispettino prassi di buona governance. Nel caso il prodotto con obiettivo di investimenti sostenibili abbia un indice di riferimento, l’articolo 9, poi, aggiunge anche la necessità di includere nelle informative precontrattuali informazioni sul modo in cui l’indice designato è in linea con l’obiettivo, nonché la motivazione su come mai differisca da un indice di mercato; in caso invece manchi un indice, si deve spiegare come l’obiettivo di investimenti sostenibili sarà perseguito.

Altro canale informativo è menzionato nell’articolo 11: si tratta delle relazioni periodiche, che – a seconda della tipologia di prodotto finanziario – devono comprendere la misura in cui le caratteristiche ambientali o sociali sono conseguite, o  l’impatto complessivo correlato alla sua sostenibilità. Infine, sono menzionate anche le comunicazioni di marketing, all’articolo 13, che non devono contraddire le informazioni comunicate a norma del Regolamento.

Insomma, c’è un nuovo giocatore in città, direbbero gli esperti di calciomercato. È presto per dire se sarà poco efficace, come un “bidone” qualsiasi, o se si rivelerà decisivo, come un vero top player. Certamente, il contesto sembra essere favorevole a un sempre più diffuso commitment in merito all’informativa non finanziaria, in particolare sulla sostenibilità: come visto, alla squadra ESG si stanno unendo sempre più giocatori di talento, molto attesi e chiacchierati ma soprattutto funzionali all’espressione di un gioco sostanzioso, che non si specchi in sé stesso ma che sappia arrivare all’obiettivo.

Giovanni Gazzoli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

22/3/2021

 
 

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