La Silver Economy come possibile motore del Paese

Le generazioni più giovani vivono un percorso di crescita economica sempre più a ostacoli: sono allora le fasce più senior che possono trainare i consumi e parte degli investimenti?

Niccolò De Rossi

Molti degli ultimi studi effettuati sia per l’Europa che per il resto del mondo dipingono una forma di tempesta perfetta dell’evoluzione demografica che caratterizzerà i prossimi decenni. L’innalzamento dell’aspettativa di vita alla nascita, ma anche l’allungamento effettivo in età più avanzata, ben testimoniano la portata del fenomeno: se oltre all’aspetto prettamente demografico ci si concentra sul risvolto che tale dinamica sempre di più avrà sull’economia mondiale, si scopre un vero e proprio fenomeno trainante per molti settori produttivi, quello della silver economy, il cui valore negli USA rappresenta addirittura la terza economia mondiale. 

Il discorso vale a maggior ragione per l’Italia, a oggi il Paese più longevo d’Europa, con circa un individuo su quattro che appartiene alla così chiamata terza età e un trend che porterà ad averne circa uno su tre nel 2050. Inoltre presenta una speranza di vita residua a 65 anni che è, per entrambi i generi, di un anno più elevata rispetto alla media UE (19,1 anni per gli uomini e 22,4 per le donne). Da questi pochi numeri si comprende dunque come il peso degli over 65 stia crescendo in rapporto al resto della popolazione, con tutte le criticità, ma anche le possibili occasioni di business che ne possono derivare. 

La coorte dei baby boomers è infatti ormai prossima a entrare nella terza fase della propria vita ed è caratterizzata da livelli di ricchezza sostanzialmente superiori rispetto ad altre generazioni, potendo contare su un risparmio accumulato mediamente più consistente, una possibilità di spesa maggiore e solitamente godere di almeno una casa di proprietà. Ecco perché, dunque, il trend della silver economy può non solo incentivare lo sviluppo di un welfare mix sempre più efficiente visti i futuri bisogni dati dall’invecchiamento, ma anche rappresentare l’occasione per nuove opportunità di investimento. Sono infatti molteplici i settori cui ormai gli over 65 destinano buona parte delle loro risorse come tecnologia, alimentazione, estetica, edilizia, turismo, teatro e cinema, sicurezza. E non c’è da stupirsi se la mutata denominazione da “anziano” a “senior” comporti una declinazione dell’età d’argento più prossima alla scoperta di nuove opportunità, con il passaggio non solo concettuale ma anche pratico, da costo a risorsa per la collettività.

Il fenomeno dell’invecchiamento infatti, oltre a mostrare una nuova forma attrattiva per servizi e anche attività di svago che fino a qualche anno fa non erano particolarmente richiesti dalla fascia più matura della popolazione, porta con sé anche il grande tema della cura della salute e della possibilità di incorrere nel fenomeno della non autosufficienza, intercettando in modo trasversale non solo diversi settori strategici  e cruciali dell’economia, ma anche del sistema di protezione sociale italiano. Non a caso, del resto, la copertura della non autosufficienza rappresenta al momento uno dei temi caldi inerenti al dibattito sulla riorganizzazione dei sistemi di welfare, anche in virtù della considerevole quota che ricopre nelle voci di spesa del bilancio pubblico e familiare. Come ben evidenziato dal Quaderno di Lavoro sulla Non Autosufficienza a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, la spesa pubblica e privata per la non autosufficienza ammonta a oltre 40 miliardi: se la prima pesa per più di 31 miliardi (1,9% del PIL nel 2015), la seconda incide per oltre 9 miliardi divisa tra spesa residenziale privata e spesa per assistenza domiciliare. 

Se però il rovescio della medaglia del “costo” dell’invecchiamento può per l’appunto trasformarsi in “risorsa”, la silver economy potrà essere vista come la spinta in più per un progresso significativo sul piano sociale, migliorando l’efficienza del sistema nel fronteggiare la perdita di autonomia, attribuendo il giusto peso specifico che le persone anziane avranno sempre più nella nostra società e insistendo anche sulle attività di prevenzione. Ed è appunto anche in questo scenario che si può collocare una consistente quota di investimenti non solo da parte del sistema pubblico, ma anche per gli investitori istituzionali. Se è ad esempio vero che gli operatori previdenziali già svolgono l’importante funzione di offrire soluzioni in termini di piani di accumulo a fini pensionistici, lo è altrettanto il fatto che potrebbero guardare con favore, e con buoni risultati, a tutti quei settori sui quali la Silver Economy impatta. Così, a fronte di esigenze di cura crescenti, all’interno di una visione di investimento sempre più sostenibile e responsabile, potrebbero trovare forme di finanziamento ad esempio tutte quelle imprese produttrici di dispositivi sanitari, come macchinari diagnostici o di tecno-assistenza, che già da qualche tempo evidenziano un definito trend di crescita. 

D’altra parte, vale infine la pena di ricordare che, anche dal lato dell’offerta, cominciano infatti a farsi numerose le soluzioni di investimento fondate su strategie che tengono conto di fattori demografici, senza poi trascurare - giusto per citarne alcuni - il caso dei fondi dedicati in ambito health e biotech. 

In quest’ottica, dunque, la silver economy può dunque non solo rappresentare l’occasione per fronteggiare i crescenti bisogni associati al progressivo invecchiamento della popolazione, ma può divenire un ulteriore incentivo per contribuire al finanziamento dell’economia reale nazionale attraverso il sostegno economico e occupazionale delle imprese italiane. 

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
 
31/10/2018
 
 

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