Lo scossone COVID ha posto fine alla "lowflation", siamo di fronte a un punto d'inflessione

Gli investitori si trovano di fronte a un punto d'inflessione poiché COVID ha messo fine alla lowflation, l'era di bassa crescita, bassa inflazione e bassi tassi d'interesse: il nuovo regime sarà caratterizzato da governi più interventisti, un'ondata populista che prediligerà il lavoro al capitale e un focus maggiore su cambiamento climatico e decarbonizzazione, con un aumento di incertezze e volatilità 

a cura di BlueBay AM

La recessione globale più profonda e più breve della storia, innescata da COVID-19, è stata seguita da una delle riprese più rapide mai viste: il 2021 è stato caratterizzato da una ripresa a V nell’attività, dato che i vaccini hanno consentito di riprendere la normale routine quotidiana e la produzione globale ha raggiunto il picco del 2019. L’impatto economico causato dalle ondate di COVID si sta riducendo grazie a una maggiore immunità e resistenza. Malgrado la recente ripresa dei contagi e l’individuazione della nuova variante Omicron, la crescita globale prosegue - seppur in modo disomogeneo con gli Emergenti che restano indietro - facendo presagire che il 2022 sarà un altro anno di crescita sopra il trend. In particolare, sono quattro i fattori a sostegno di questo outlook: anzitutto, la salute e la resistenza dei consumatori, poi lo spostamento del focus della spesa dai beni ai servizi. Il terzo fattore consiste nell’aumento degli investimenti e nel riassortimento delle scorte, mentre il quarto riguarda l’allentamento delle politiche in Cina. 

Gli investitori dovrebbero attendersi ancora una certa volatilità nei mercati obbligazionari, incastrati in un tiro alla fune tra COVID, inflazione elevata, ripresa economica e politiche delle Banche Centrali. Ma proprio la volatilità offrirà agli investitori attivi una grande opportunità per generare rendimenti positivi.

Persistono però dei rischi: questo scenario potrebbe deragliare a fronte di un rallentamento sostenuto in Cina, imputabile al mercato immobiliare, o di nuovi focolai di COVID e dei relativi rischi di freno alla domanda e di ulteriori interruzioni nelle catene di approvvigionamento globali. Infine, un’inflazione più elevata e in aumento incrementa il rischio che le Banche Centrali siano costrette a premere sui freni monetari impattando sulla crescita da qui al 2023. Detto questo, i rischi sono piuttosto bilanciati. Solo verso la fine dell'anno prossimo l'economia globale presenterà segnali di ciclo intermedio o persino di fine ciclo con un rallentamento della crescita man mano che le economie raggiungeranno la piena occupazione e i tassi di interesse aumenteranno.

Guardando al presente, l’arrivo della nuova variante Omicron aumenta la dose di incertezza: qualora si dovesse rivelare più contagiosa e più resistente agli attuali vaccini rispetto alla variante Delta, la crescita globale sarà molto più lenta del previsto. COVID rimarrà fonte di preoccupazione, ma è stato anche innegabilmente un fattore scatenante di alcuni trend destinati a rimanere: la deglobalizzazione, una maggior concentrazione su catene produttive più “resilienti” (localizzate), e cambiamenti politici e demografici - che favoriscono il lavoro rispetto al capitale - sono tendenze accelerate dalla pandemia e dalle successive reazioni politiche. Inoltre, la tecnologia si conferma come potente forza disinflazionistica, ma il sentiment pubblico e politico inizia a prendere le distanze da un’innovazione illimitata percepita come una minaccia all’occupazione e come fattore di aumento delle iniquità sociali. Gli eventi atmosferici sempre più estremi e la transizione a un’economia a impatto zero saranno altrettante fonti di volatilità inflazionistica e prezzi più alti. 

In conclusione, la crisi COVID-19 ha segnato la fine della lowflation dell’ultimo decennio, l’era di bassa crescita, bassa inflazione e bassi tassi d’interesse. Gli investitori si trovano ora di fronte a un punto d’inflessione: il nuovo regime sarà caratterizzato da governi più interventisti, un’ondata populista che prediligerà il lavoro al capitale e una maggiore concentrazione sul cambiamento climatico e la decarbonizzazione, con un aumento delle incertezze macroeconomiche e della volatilità di mercato. 

Qui potrebbe emergere un maggiore interesse per fonti alternative di rendimento e di diversificazione, come ad esempio il credito illiquido dei mercati emergenti e il debito in sofferenza, ma anche una preferenza per strategie d’investimento globali e sostenibili. Sarà fondamentale una gestione rigorosa del rischio e un occhio di riguardo verso quelle asset class che dovrebbero generare rendimenti più modesti con maggiore volatilità, affidandosi maggiormente a un’attenta asset allocation e selezione dei titoli.

David Riley, Chief Investment Strategist BlueBay AM

21/12/2021

 

 
 
 

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