Risparmio privato, PIR e nuove modifiche: siamo sulla strada giusta?

La normativa sui PIR ha conosciuto nel tempo diverse modifiche, sempre con l'obiettivo primario di aiutare il sistema Paese e le PMI anche attraverso l'investimento del risparmio privato: quali le (ulteriori) novità in vista del nuovo anno?

Niccolò De Rossi

L’Italia è un cantiere aperto, anche grazie alla nuova guida di Mario Draghi. Su alcuni temi, però, lo stato di “lavori in corso” compare da diverso tempo. Se pensiamo alla stretta attualità la Legge di Bilancio 2022 tocca alcuni importanti capitoli come la riforma della fiscalità ma anche quello delle pensioni, nodi cruciali che da sempre richiamano l’attenzione del grande pubblico. E che dire poi del ricorrente tema – del quale da anni si dibatte – relativo a strumenti e incentivi utili a convogliare il risparmio privato verso la tanto chiacchierata economia reale del Paese? Insomma il 2022, al netto di una pandemia da sconfiggere definitivamente, un piano di investimenti senza precedenti grazie al PNRR e l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, non sembra riservare, almeno per adesso, sconvolgenti novità. 

C’è però qualche considerazione che potrebbe essere utile fare proprio per il percorso di ripresa che il nuovo anno potrebbe portare sia dal punto di vista dei fondamentali economici che da quello finanziario. Sì perché le due cose spesso vengono affrontate congiuntamente. Economia reale, risparmio privato, investimenti qualificati, esenzione fiscale sono le parole chiave che si legano ai Piani Individuali di Risparmio (PIR), introdotti per la prima volta con l’articolo 1 commi 88-114 nella legge 232 del dicembre 2016 (Legge di Bilancio per il 2017) e che anche il governo ora in carica ha nuovamente modificato. 

 

Normativa PIR e modifiche

I PIR - “contenitori” nei quali possono essere conferite, entro determinati limiti quantitativi, somme o valori da destinare a investimenti in strumenti finanziari (oltre che in disponibilità liquide) nel rispetto di determinati vincoli e di un periodo minimo di detenzione di 5 anni degli strumenti rientranti nel piano - sono nati per agevolare l’afflusso del risparmio privato verso le imprese italiane. Ma qual è il valore aggiunto per l’investitore e perché dovrebbe essere invogliato a destinare il proprio risparmio verso un PIR? Il beneficio riconosciuto agli investitori - in primo luogo persone fisiche, ma anche Casse di Previdenza e fondi pensione, seppure con limiti differenziati - è rappresentato da un regime di esenzione dei redditi di natura finanziaria derivanti dagli strumenti detenuti nel piano. Tradotto, l'income derivante dai PIR è esente da tassazione sui guadagni realizzati.

Nonostante il lodevole intento di partenza, i PIR hanno vissuto stagioni travagliate. La loro introduzione ha riscosso un notevole successo, superando le più rosee aspettative di raccolta nel primo anno e mezzo di vita. Con la Legge di Bilancio per il 2019 (legge 145/2018), hanno però subito una battuta d’arresto a causa delle modifiche apportate, che hanno aggiunto ulteriori vincoli per i nuovi PIR costituiti a partire dal primo gennaio 2019, salvo poi veder ripristinata la loro iniziale natura con il decreto-legge 124/2019: “In ciascun anno solare di durata del PIR, per almeno due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati al piano devono essere investiti almeno per il 70% del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato”.

Questa quota del 70% va investita:

  • per almeno il 25% in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;
     
  • un ulteriore 5% in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE MID Cap della Borsa Italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati

Da ultimo, anche la manovra 2022 targata Draghi rimette mano alla normativa PIR, prevedendone il potenziamento tramite l’innalzamento della soglia di investimento oggetto di fiscalità agevolata. La disposizione contenuta nell’articolo 7 del disegno di Legge di Bilancio modifica la norma originaria del 2017 che aveva introdotto i PIR, aumentando da 30mila a 40mila euro il limite di investimento annuo e, da 150mila a 200mila euro il limite complessivo, operando come in precedenza fatto con il cosiddetto "decreto Agosto” (il decreto-legge del 14 agosto 2020, n.104) che aveva innalzato il limite di investimento annuo per i PIR Alternativi da 150mila a 300mila euro annui.

Non va poi dimenticato che proprio i PIR Alternativi godono di un particolare trattamento di favore in quanto lo Stato riconoscerà un credito d’imposta su eventuali minusvalenze, perdite o differenziali negativi, conseguiti dalle persone fisiche titolari dei PIR, che si affianca così al vantaggio fiscale, già previsto in maniera integrale su tutti i proventi positivi generati da questa tipologia d’investimento (esenti da trattenute).

 

Gli ultimi chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n.19/E del 29 dicembre 2021, ha fornito importanti chiarimenti sulle modifiche apportate alla normativa in materia di “Piani di Risparmio a lungo termine” dal decreto legge 26 ottobre 2019, n.124 e dal "decreto Rilancio", nonché in merito al credito d’imposta introdotto dalla Legge di Bilancio per il 2021. Come riporta Assogestioni, che sul tema PIR ha più volte proposto la sua linea, riguardo proprio al credito d’imposta che spetta in caso di eventuali perdite dovute alla cessione a titolo oneroso di strumenti finanziari detenuti nell’ambito di un PIR Alternativo, l’Agenzia chiarisce che tale credito è utilizzabile in compensazione anche con altre imposte diverse dall’IRPEF e con i contributi eventualmente dovuti dall’investitore. 

Inoltre, sono arrivate specifiche indicazioni in merito agli investimenti diretti o indiretti di un PIR: nel primo caso, è stato confermato l’approccio secondo cui è possibile includere tra gli investimenti qualificati di un PIR ordinario tutte le quote di partecipazione in piccole e medie imprese costituite in forma di società a responsabilità limitata (SRL-PMI) che siano offerte al pubblico, anche attraverso piattaforme di crowdfunding; nel secondo, vale a dire di un investimento effettuato attraverso veicoli, questi devono avere natura partecipativa ed essere istituiti in Stati UE o SEE che consentano un adeguato scambio di informazioni, ma non è necessaria una stabile organizzazione in Italia se il veicolo è estero. Infine, per gli OICR PIR alternativi costituiti nella forma chiusa (FIA chiusi riservati e non), l’Agenzia delle Entrate chiarisce che ai fine del calcolo della decorrenza dell’holding period si dovrà far riferimento al momento dell’assegnazione delle quote o azioni dell’OICR.

Insomma, la normativa sui PIR si conferma essere un cantiere ancora aperto e i cui effetti sia in termini di ritorni per gli investitori che per gli effettivi finanziamenti alle PMI saranno da verificare nei prossimi anni, stabilità legislativa permettendo.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

12/1/2022

 
 
 

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