Decreto Dignità, arrivano i primi segnali di stagnazione?

Il mese di settembre conferma la tendenza congiunturale al calo dell'occupazione: un dato preoccupante che, almeno in parte, fa eco a una tendenza internazionale. Numeri alla mano, però, sul mercato del lavoro italiano sembrano gravare anche alcune rigidità del Decreto Dignità

Claudio Negro

Il mese di settembre conferma la tendenza congiunturale al calo dell'occupazione registrata a luglio e agosto: meno 34.000 rispetto ad agosto, meno 10.000 su base trimestrale. La variazione tendenziale (ultimi dodici mesi) resta positiva (+207.000), ma per merito dei primi nove mesi (settembre 2017 – giugno 2018). 

Un dato molto preoccupante, ma almeno in parte riconducibile a una stagnazione internazionale. Tutto nostrana è invece la composizione di questo calo d'occupazione: meno 77.000 gli occupati stabili, più 27.000 i contratti a termine. Apparentemente il Decreto Dignità non ha avuto il minimo effetto! Se si volesse osare un'interpretazione si potrebbe dire che le aziende si sono affrettate a fare le ultime assunzioni a termine prima dell'entrata in vigore del Decreto Dignità (avvenuta lo scorso primo novembre), ma si sono ben guardate da assumere a tempo indeterminato o a stabilizzare contratti a termine.

Sempre volendo fare le pulci si dovrebbe notare che, mentre diminuiscono i contratti di lavoro dipendente, aumentano gli indipendenti (più di 16.000). Una dinamica che non si rilevava dai primissimi tempi della crisi. È forse attribuibile alla flat tax sulle Partite IVA che le rende più appetibili sia per i dipendenti che per le imprese? È possibile (si vedranno i dati attendibili tra un paio di mesi) che le strategie occupazionali del governo giallo-verde, anziché operare in funzione anticiclica rispetto alla congiuntura economica stagnante, ne abbia assecondato le tendenze disincentivando l'occupazione stabile. Ciò nonostante - o forse proprio a causa - delle rigidità introdotte dal Decreto Dignità,  i cui effetti diretti saranno misurabili in termini puntuali  dal prossimo mese.

È opportuno notare che, rispetto ad agosto, aumenta il tasso di disoccupazione dello 0.3%, pur diminuendo il tasso di inattività  (-0,1%). Il che significa che più gente cerca occupazione e non la trova: infatti, il tasso di occupazione (quanta gente lavora rispetto alla platea di potenziali lavoratori) scende al 58,8% (aveva toccato in precedenza il 59%).

Un dato molto utile è quello che misura l'occupazione rispetto alla popolazione secondo  le diverse fasce d’età: questo ci dice che la variazione tendenziale (settembre 2018 su settembre 2017) è positiva in tutte le classi di età: +0,2% per la classe 15-24 anni, +1% per 25-34 anni, +0,4% per 35-49 anni, +1,3% per 50-64 anni. Viceversa, la variazione congiunturale (settembre 2018 su agosto) è ferma o negativa: +0,0% nella fascia più giovane e in quella più anziana, cresce appena nella fascia 25-34 (+0,1%) e cala il quella successiva (-0,2%).

Segnali di stagnazione? Se è così, sembra che a Palazzo Chigi non se ne siano accorti..!

Claudio Negro, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e  Fondazione Anna Kuliscioff

8/11/2018

 
 
 

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