Il mercato del welfare aziendale: tra intermediazione e disintermediazione

Il Laboratorio "Percorsi di secondo welfare", con la collaborazione di AIWA, ha realizzato una ricerca allo scopo di comprendere come è evoluto il mercato del welfare aziendale gestito dai provider. Quello che emerge è un contesto che sta crescendo molto, ma che ha ancora strada da fare

Federico Razetti e Valentino Santoni

Seppur con alcune significative difformità legate in modo particolare alle dimensioni, al contesto territoriale e al settore produttivo delle imprese, il welfare aziendale si sta progressivamente diffondendo all’interno del tessuto produttivo del Paese. Tale fenomeno, oltre a ridefinire il perimetro delle relazioni industriali, sta producendo interessanti effetti dal punto di vista economico e delle modalità di fruizione delle prestazioni di welfare da parte dei lavoratori. 

Proprio per tale ragione, all’interno del volume “Nuove alleanze per un welfare che cambia. Quarto rapporto sul secondo welfare”, curato da Franca Maino e Maurizio Ferrera e realizzato dai ricercatori del Laboratorio “Percorsi di secondo welfare”, ci siamo proposti di approfondire le dinamiche in corso nel mercato del welfare aziendale concentrandoci sul ruolo esercitato dai provider e sulla loro funzione di intermediazione fra domanda e offerta, ovvero fra bisogni e risposte, nel campo del welfare occupazionale. Con il termine provider facciamo riferimento a quegli operatori che, pur originando da mondi differenti, sono accomunati dal fatto di affiancare le imprese clienti nelle fasi di ideazione, implementazione e monitoraggio di interventi o piani di welfare aziendale.

Di seguito, proponiamo una sintesi dei risultati contenuti nel capitolo “Il mercato del welfare aziendale. L’intermediazione e il ruolo dei provider”, scritto da noi e disponibile sul sito di “Percorsi di secondo welfare”. In particolare, il contributo presenta i risultati di una survey rivolta ai principali operatori e realizzata dal Laboratorio in collaborazione con AIWA, la prima associazione italiana di provider di welfare aziendale. 

 

L’ampiezza del mercato dei provider di welfare aziendale

Come messo in evidenza anche da altre indagini sul tema, il “mondo” legato a questi operatori sembra conoscere un forte sviluppo. Il primo elemento degno di nota che emerge dalla survey riguarda proprio la crescita del mercato legato al welfare aziendale[1].

A questo riguardo, tre indicatori appaiono particolarmente utili per catturare le dimensioni di questo mercato. Il primo fa riferimento al numero di lavoratori raggiunti dagli operatori; nel periodo considerato i dipendenti coperti da interventi di welfare aziendale gestiti dai provider sarebbe quadruplicato, passando da poco meno di mezzo milione nel 2015 a quasi 2 milioni nel 2018 (+305,4%; figura 1). 

Figura 1 - Numero di dipendenti delle imprese servite dai provider di welfare aziendale (2015-2018)

Figura 1 - Numero di dipendenti delle imprese servite dai provider di welfare aziendale (2015-2018)

Fonte: survey Percorsi di secondo welfare-AIWA

Il secondo indicatore è il numero di imprese clienti degli operatori. L’analisi si è focalizzata in particolare su quelle che dai provider acquistano l’accesso a una piattaforma informatica per rendere accessibile il cosiddetto “conto” o “budget welfare” ai propri dipendenti. Anche in questo caso la crescita registrata fra 2015 e 2018 è ragguardevole: +615,5% nel quadriennio 2015-2018 (figura 2). 

Figura 2 - Numero di imprese servite dalle piattaforme dei provider (2015-2018)

Figura 2 - Numero di imprese servite dalle piattaforme dei provider (2015-2018)
Fonte: survey Percorsi di secondo welfare-AIWA

Infine, il terzo indicatore relativo alle dimensioni del mercato riguarda il valore aggregato dei “budget welfare” caricati sui portali gestiti dai singoli operatori: tale valore si sarebbe aggirato, nel 2018, intorno ai 750 milioni di euro. 

 

Il budget welfare a disposizione dei lavoratori

Un ultimo dato su cui vogliamo soffermarci riguarda il valore del budget welfare a disposizione dei lavoratori delle imprese che si affidano ai provider. Tale somma nell’anno 2018 è stata mediamente pari a 558 euro, sostanzialmente in linea con quella dichiarata per il 2017 dagli operatori inclusi nella survey (582 euro). Da sottolineare che tale valore sembra essersi stabilizzato, dopo un deciso incremento fra 2015 e 2016 (da 364 euro a 758 euro, in media) e un calo sensibile fra 2016 e 2017 (da 758 euro a 582 euro, in media), plausibilmente riconducibile all’applicazione di quanto previsto in modo vincolante dal CCNL metalmeccanico, che stabilisce un importo molto contenuto da destinare al welfare (100 euro per il 2017, 150 per il 2018 e 200 per il 2019).

Con riferimento al “conto welfare” dei lavoratori uno degli aspetti di maggiore interesse della ricerca riguarda l’effettivo utilizzo di queste somme. Emerge infatti l’esistenza di un divario considerevole (figura 3) tra il valore delle somme complessivamente messe a disposizione dei lavoratori da parte delle proprie imprese clienti (i “budget caricati”) e quello dei budget “transati”, ovvero effettivamente utilizzati da parte dei dipendenti per transazioni. In media, nel 2018 i budget transati hanno rappresentato il 74% di quelli caricati, a indicare che oltre un quarto dei conti welfare è rimasto inutilizzato (si tratta dei cosiddetti “residui”). 

Figura 3 - Budget caricati e budget transati per singolo provider (2018)

Figura 3 - Budget caricati e budget transati per singolo provider
Fonte: survey Percorsi di secondo welfare-AIWA 

 

Il ruolo dei provider tra intermediazione e disintermediazione

Questo ultimo dato invita a riflettere sulla funzione di intermediazione svolta dai provider e su come tale ruolo si connetta con quello esercitato dagli altri attori che operano in questa (sempre più popolata) arena. Appare infatti rilevante interrogarsi sulla qualità e sulle conseguenze del processo di matching fra domanda e offerta in cui si inseriscono gli operatori di welfare aziendale. Uno dei rischi da considerare risiede nel fatto che, se gli operatori limitano la loro opera di intermediazione alla predisposizione e alla vendita di una piattaforma informatica, quest’ultima può trasformarsi di fatto in un contributo alla dis-intermediazione fra bisogno e lavoratore. 

Nel campo del welfare aziendale, la visione alla base di questo processo è che il lavoratore non possa essere che il miglior giudice delle proprie scelte. Tuttavia l’elevata quantità di “residui” nelle piattaforme suggerisce che le cose siano più complesse di così. Le scelte del lavoratore sono di fatto condizionate da numerosi fattori: ad esempio, da come è costruita la piattaforma e da quali sono le prestazioni incluse al suo interno dai provider e dall’azienda; dalle informazioni in possesso del dipendente; dalla generosità del budget a sua disposizione (a sua volta legato all’inquadramento professionale); dagli incentivi e disincentivi fiscali creati dalla normativa; da una corretta interlocuzione con gli stakeholder aziendali (in primis il sindacato); dalla realizzazione di un’adeguata analisi dei bisogni; dalla predisposizione di processi di orientamento e counselling dei lavoratori; dalla qualità dei servizi in piattaforma.

Proprio per tali ragioni una futura agenda di ricerca sul welfare aziendale in Italia non potrà non seguire attentamente le evoluzioni osservabili in questo mercato dal punto di vista degli attori e dei processi che lo caratterizzano, approfondendone in particolare la capacità di favorire un matching socialmente virtuoso fra domanda e offerta.

Per il momento, rimandiamo chi fosse interessato a conoscere meglio il mondo e il mercato dei provider di welfare aziendale al volume “Nuove alleanze per un welfare che cambia. Quarto rapporto sul secondo welfare” e nello specifico al capitolo “Il mercato del welfare aziendale. L’intermediazione e il ruolo dei provider”.

Federico Razetti, Assegnista Università degli Studi di Milano e
Ricercatore Laboratorio “Percorsi di secondo welfare”

Valentino Santoni, Ricercatore Laboratorio “Percorsi di secondo welfare”

17/12/2019


[1] Si sottolinea che, per ragioni metodologiche spiegate all’interno del sopramenzionato Rapporto, la ricerca si è concentrata sulle aree di welfare aziendale diverse da previdenza complementare, sanità integrativa e vitto.

 
 

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