Lavoro in somministrazione, uno strumento essenziale per le politiche attive

Il recente decreto della Regione Lombardia in materia di Dote Unica Lavoro solleva qualche interrogativo, non ultimo quello se si stia materializzando o meno all'orizzonte una qualche diffidenza nei confronti della somministrazione: con quali possibili conseguenze? 

Claudio Negro

La Regione Lombardia è tuttora quella che in Italia ha attuato da più tempo, più su larga scala e con maggior successo le Politiche Attive del Lavoro. Lo strumento più incisivo è la Dote Unica Lavoro (DUL) che, dal 2013, portando a compimento esperienze maturate a partire dall'inizio della crisi e, in una prima fase connesse con gli Ammortizzatori in Deroga, si rivolge in modo universale a tutti coloro che necessitano di ricollocazione. I risultati incontestabilmente lusinghieri di DUL - che sono anche alla base dei buoni esiti di Garanzia Giovani che in Lombardia ha “girato” sulla piattaforma operativa DUL - devono essere ascritti soprattutto a due elementi fondanti:

  1. Dote Unica Lavoro, come le precedenti esperienze, è stata elaborata non solo con il consenso, ma con la partecipazione attiva - anche alla gestione - delle parti sociali, quindi delle imprese e dei sindacati dei lavoratori
  2. Dote Unica Lavoro ha avuto la capacità di mettere sullo stesso piano i soggetti pubblici (Centri per l'Impiego) e privati (Agenzie di Somministrazione, Agenzie per i Servizi al Lavoro) facendole accedere a un sistema che premia principalmente i risultati in termini di ricollocamento, senza distinguere tra forme contrattuali, ma soltanto applicando un criterio di durata minima (6 mesi). Questa scelta ha consentito agli operatori di utilizzare tutta una gamma di soluzioni occupazionali, ottimizzando i risultati in termini di esiti positivi dei percorsi delle persone prese in carico.

Il recente Decreto della Regione tuttavia solleva qualche interrogativo: si richiede infatti ai rappresentati legali dell'azienda (in sostanza, gli Amministratori Delegati) che certifichino “di non avere corrisposto alcuna somma di denaro all'operatore accreditato per l'erogazione degli stessi servizi propedeutici al raggiungimento del risultato”.                                                                     

Sul piano tecnico questa richiesta risulta un po' curiosa, ma non crea particolari problemi formali: l'Agenzia per il Lavoro che conclude una Dote Unica Lavoro assumendo, ai fini di somministrazione, un “dotato” percepisce la premialità erogata dalla Regione, che paga i servizi previsti da DUL. L'azienda utilizzatrice paga i servizi di somministrazione così come previsti dalla L.276/2003. Si tratta di servizi differenti, ben definiti dalle due differenti norme, e non sovrapponibili. Non si vede allora dove sia il conflitto, e quindi l'esigenza del provvedimento.

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La domanda è se non si stia materializzando una qualche diffidenza nei confronti della somministrazione come sbocco per il collocamento di disoccupati che ricorrono a Dote Unica Lavoro per trovare lavoro. Da questo punto di vista, il  disposto del Decreto non è in grado di vietare alcunché, ma certamente di creare qualche incertezza circa la compatibilità della somministrazione con la Dote Unica Lavoro. In primo luogo, nelle imprese utilizzatrici, cui si richiede un'insolita e quindi allarmante liberatoria ai massimi livelli, a sottolineare che la somministrazione come esito di DUL è un po' “problematica”

Il rischio è creare diffidenza, se non addirittura conflittualità, tra imprese utilizzatrici e Agenzia per il Lavoro circa la praticabilità e i costi della somministrazione in relazione a Dote Unica Lavoro, occludendo di fatto lo strumento della somministrazione ai fini del ricollocamento. Poiché, ovviamente, la somministrazione è il core business delle Agenzie per il Lavoro è probabile che queste ultime potrebbero preferire non utilizzare Dote Unica Lavoro. Questo, naturalmente, impatterebbe sugli esiti di Dote Unica, deprimendoli, ma anche sugli assetti occupazionali delle Agenzie per il Lavoro che, non avendo più il target di intercettare potenziali fruitori, potrebbero chiudere sportelli territoriali, con conseguenze sul piano occupazionale.

Francamente, si fa fatica a capire per quale motivo uno strumento consolidato e di successo come Dote Unica Lavoro debba venire depotenziato!

Claudio Negro, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Fondazione Anna Kuliscioff

31/7/2018 

 
 

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