Meno incidenti sul lavoro, ma più "gravi": il resoconto dell'Inail

L'Inail (Istituto Nazionale Assistenza Infortuni sul Lavoro) ha diffuso il rapporto annuale con i dati degli infortuni sul lavoro denunciati nel 2020. Come prevedibile, i dati sono fortemente influenzati da COVID-19: diminuite le denunce, ma in aumento i casi mortali

Giovanni Gazzoli

In un anno che passerà alla storia per il massiccio ricorso al fenomeno dello smart working, era intuibile che i dati  Inail riguardanti infortuni e decessi sul lavoro registrassero un andamento molto diverso rispetto all’anno precedente. E, in effetti, gli ultimi rilievi statistici diffusi dall’Inail ne danno ampia conferma: gli infortuni denunciati nel 2020 sono stati poco più di mezzo milione, ossia 554.340, circa 100mila in meno rispetto al 2019 (641.638, -13,6%).

Il calo - piuttosto significativo - riguarda sia gli infortuni occorsi in occasione di lavoro, che sono stati 492.123 (-9% rispetto al 2019), sia quelli occorsi in itinere, vale a dire verificatisi nel tragitto di andata o di ritorno tra l’abitazione e il luogo di lavoro, diminuiti di ben 38,3 punti percentuali, passando da 100.905 a 62.217. Considerando la distribuzione lungo tutto l’arco temporale del 2020, si nota che gli infortuni sul posto di lavoro sono diminuiti del 18,6% tra gennaio e settembre, per tornare ad aumentare del 18% tra ottobre e dicembre, come evidente effetto dell'allentamento delle misure di contenimento della diffusione del nuovo coronavirus: allentamento segnato in parte dalla riapertura di diverse attività rimaste completamente chiuse tra marzo e maggior e, in generale, da un lockdown meno rigido di quello primaverile. Per contro, va comunque rilevato che la riduzione degli infortuni in itinere si è comunque estesa a tutto l'anno appena concluso. 

Analizzando i dati nel dettaglio, si può osservare come i numeri in discesa siano da attribuire prevalentemente ai lavoratori di sesso maschile che, nel 2020 e con un andamento tutto sommato omogeneo nel corso dell'anno, hanno presentato il 22,1% di denunce in meno (da 411.773 a 320.609) rispetto ai 12 mesi precedenti; nel frattempo, le denunce delle lavoratrici donne sono invece aumentate dell’1,7% (da 229.865 a 233.731), con incrementi particolarmente elevati a marzo (oltre il 23% in più) in concomitanza con lo scoppio della pandemia e negli ultimi tre mesi dell'anno (+45,2%). Allo stesso modo, l’Istituto offre poi uno spaccato per classe d’età: anche in questo caso il calo delle denunce rispetto al 2019 è piuttosto diffuso, con la sola significativa eccezione della fascia anagrafica compresa tra i 50 e i 64 anni, che ha vissuto un aumento del 3,2%. 

Non necessariamente però gli infortuni in riduzione sono da interpretarsi come una buona notizia. Al contempo, sono infatti aumentati di 181 unità i casi di incidenti mortali, salendo a 1.270 dai 1.089 dell’anno precedente (+16,6%): 27 di questi sono l’esito di 13 incidenti plurimi. E se, chiaramente, i decessi in itinere sono diminuiti di circa un terzo (214 da 306, ossia -30,1%), quelli sul luogo di lavoro sono aumentati di una simile percentuale, 34,9%, passando da 783 a 1.056. Pur nella provvisorietà dei numeri, questo valore è secondo Inail fortemente influenzato soprattutto dai decessi avvenuti a causa dell’infezione da COVID-19 in ambito lavorativo, che rappresentano circa un terzo dei decessi denunciati all’Istituto da inizio anno. In questo caso, peraltro, l’incremento rilevato nel confronto tra il 2020 e il 2019 è legato soprattutto alla componente maschile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 995 a 1.132 (+137 decessi), mentre la quota femminile ha fatto registrare 44 casi in più, da 94 a 138. Dall’analisi per fasce d’età  emerge invece un incremento dei decessi quella degli over 50, in controtendenza rispetto alla diminuzione registrata nelle altre.

Nell’anno della pandemia diminuiscono infine del 26,6% le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail: 45.023, con un calo molto marcato (fino a -87%) nei mesi di marzo, aprile e maggio. Non sono però cambiate le tipologie di malattie professionali denunciate, tanto che ai primi posti si continuano a trovare le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo (quasi 30mila), seguite da quelle del sistema nervoso (circa 5mila), quelle dell’orecchio (quasi 3mila), del sistema respiratorio (quasi 2mila) e dei tumori (circa 1500). Dal punto di vista del genere, diminuiscono del 26,2% le denunce fatte da soggetti di sesso maschile, a fronte del -27,5% del sesso femminile.

Il confronto tra 2020 e 2019 risente insomma principalmente e prevalentemente di diversi fattori che hanno condizionato l’andamento infortunistico nell'ultimo anno, tutti correlati al nuovo coronavirus: la sospensione sul territorio nazionale tra il 9 marzo e parte del mese di maggio di ogni attività produttiva considerata non essenziale, la chiusura delle strutture scolastiche e la difficoltà incontrata dalle imprese nel riprendere la produzione a pieno regime nel periodo post lockdown. Elementi che si sono rivelati determinanti per il calo delle denunce di infortunio e di malattie professionali nel complesso. D'altro canto, tuttavia, le infezioni da COVID-19 avvenute nell’ambiente di lavoro o comunque a causa dello svolgimento della propria attività professionale hanno avuto un impatto significativo sull’andamento dei decessi finora registrati, che risultano per questo motivo in deciso aumento.

Più colpiti (quasi inevitabilmente), per quanto riguarda i settori economici e di attività, gli ambiti della sanità e dell'assistenza sociale: +206% le denunce di infortunio su base annua, che sono arrivate a toccare il +750% a novembre. Nel 2020 i tre quarti degli infortuni denunciati hanno cioè di fatto riguardato il contagio da SARS-CoV-2. 

Giovanni Gazzoli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

22/2/2021

 
 

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