Fondi aperti, ottobre non stravolga le valutazioni di lungo termine

Nonostante un ottobre difficile, gli aderenti a un fondo pensione aperto non devono farsi fuorviare dai movimenti a breve termine: sono e saranno le performance di lungo periodo (decisamente più positive) a determinare l’incremento del valore dei propri versamenti nel tempo

Leo Campagna

Il bilancio del mese di ottobre, in termini di performance, è stato piuttosto severo anche per i fondi pensione aperti. Il rendimento medio si è infatti attestato a -1,9% trascinando la performance da inizio anno a -2,4%. Un risultato in netta controtendenza rispetto a quello fotografato a ottobre dello scorso anno, quando la media dei fondi pensione aperti vantava un incremento medio del valore delle quote rispetto al primo gennaio 2017 del 3%.
 
D’altra parte, sono profondamente cambiati gli scenari di riferimento. Un anno fa, di questi tempi, l’economia globale viaggiava su ritmi abbastanza sostenuti e, soprattutto, equilibrati in tutte le aree geografiche: l’inflazione aveva cominciato a dare segni di risveglio senza destare particolari preoccupazioni, i rendimenti del mercato obbligazionario rimanevano schiacciati sui minimi storici e le aspettative dei profitti aziendali erano proiettate a doppia cifra sia negli Stati Uniti che in Europa e in Giappone. 
 
In questi giorni, invece, affiorano preoccupazioni sulla tenuta della crescita economica globale per il 2019, permangono i timori della guerra commerciale combattuta da Washington, non si intravede una possibile via d’uscita al braccio di ferro tra Italia e Unione Europea, mentre il pre-accordo per la Brexit  tra Unione Europea e Regno Unito resta ancora in forte dubbio di approvazione da parte del parlamento britannico. Un contesto profondamente cambiato che ha scompaginato anche le prospettive sugli utili aziendali per il prossimo anno e le tendenze dei tassi dei mercati obbligazionari. Con tutte queste preoccupazioni è  allora più che fisiologico che gli investitori prediligano la modalità risk – off (avversione al rischio), con conseguenti forti ondate di vendita sul mercato azionario (che è il più liquido) e, a cascata, su quello dei titoli di Stato e su quelli delle obbligazioni societarie e dei mercati emergenti. 
 
Detto questo, il risparmiatore che ha aderito a un fondo pensione non deve farsi fuorviare dai movimenti di breve termine, ma deve analizzare la performance di lungo termine, perché è quella che determina l’incremento del valore dei propri versamenti nel tempo. Ebbene, se si osservano le performance a 10 anni fotografate a fine ottobre 2018, se ne ricavano ottime indicazioni. Il rendimento medio a 10 anni di tutti i fondi pensione censiti nel database di Itinerari Previdenziali si attesta al 39,4%, ma con significative differenze a seconda della tipologia di fondo. I 53 comparti azionari, per esempio, vantano un rendimento medio del +76%, le 87 linee bilanciate un guadagno medio del +52,8% e le 15 bilanciate obbligazionario un apprezzamento medio della quota del +40,2%. Più contenute, invece, le performance decennali dei 76 comparti a indirizzo obbligazionario (+26,1%) e dei 63 fondi pensione aperti garantiti (+16,7%).
 
Risultati quindi molto soddisfacenti anche includendo un pessimo ottobre e un 2018, almeno finora, davvero povero di soddisfazioni per gli investitori.

Leo Campagna 

30/11/2018

 
 

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