Fondi pensione e bassi costi: il vantaggio aumenta nel lungo periodo

Il tema dei costi riceve spesso troppa poca attenzione se paragonato a quello del rendimento atteso o del livello di rischio da sopportare: eppure, nella scelta di qualsiasi strumento di investimento, fondi pensione compresi, possono fare davvero la differenza (soprattutto sul lungo periodo)

Niccolo De Rossi

La possibilità di aderire alla previdenza complementare è un tema su cui opinione pubblica, lavoratori e risparmiatori in generale dovrebbero porre maggiore attenzione. Nonostante infatti l’importante e indiscusso ruolo che assolve integrando la prestazione pensionistica pubblica, il tasso di adesione alla previdenza integrativa è ancora oggi fermo a circa il 30% degli occupati, una percentuale ancora molto bassa se confrontata con quella degli altri Paesi europei. Rimandando ad altra sede l’approfondimento relativo alle possibili misure che possono favorire l’incremento delle adesioni ai fondi pensione, una volta deciso di aderire a una forma pensionistica complementare (fondo pensione chiuso o negozialeaperto o PIP), quali sono gli step successivi? 

Un aspetto fondamentale è quello di valutare e scegliere il comparto di investimento in cui far confluire i propri contributi (e il TFR maturando) più adatto alle proprie esigenze. Da questo punto di vista, la maggior parte delle forme pensionistiche presentano più o meno le stesse possibilità, consentendo di scegliere, in via generale, tra questi comparti: garantito, obbligazionario, bilanciato e azionario. Naturalmente la differenza risiede nella percentuale di esposizione al mercato azionario di cui ciascuna linea è composta e, di conseguenza, dal livello di rischio che la caratterizza. La scelta, oltre a dover rispecchiare la propria personale propensione al rischio, dovrà tenere conto anche dell’orizzonte temporale che separa l’aderente alla maturazione dei requisiti pensionistici e, quindi, del tempo che resta per beneficiare della prestazione integrativa che verrà erogata dal fondo. Molto semplicemente, più si è lontani dalla pensione, più sarà preferibile dirigere la propria contribuzione verso comparti a maggiore componente azionaria e, dunque, più rischiosi. Questo perché sul lungo periodo i mercati azionari offrono ritorni attesi superiori ed eventuali correzioni negative nel breve termine possono essere più che compensate dai futuri rialzi dei corsi azionari. Ma c’è un altro aspetto di cui forse si parla troppo poco, quello dei costi.

Pur assolvendo, come detto, a un ruolo sociale in ambito previdenziale particolarmente importante soprattutto per i più giovani, il fondo pensione può (e deve) essere visto anche come un ottimo strumento di investimento e di risparmio di lungo periodo. Proprio per queste ragioni è incentivato fiscalmente nelle diverse fasi in cui è possibile suddividere il ciclo di adesione al fondo: nella fase contributiva, in quella di investimento e finale di erogazione della prestazione. Al di là di questi vantaggi, tutt’altro che trascurabili, i fondi pensione presentano dei costi estremamente contenuti, soprattutto se si osserva un orizzonte temporale di lungo periodo. I costi di gestione dei prodotti previdenziali, al pari delle altre soluzioni di investimento del risparmio gestito, incidono infatti sugli importi delle prestazioni erogate: l'importo delle prestazioni attese non dipende solo dai rendimenti maturati per effetto della capitalizzazione dei contributi accantonati e dalla quota dei versamenti stessi, ma anche dai costi necessari per remunerare il prodotto previdenziale. Molto banalmente, maggiori saranno i costi minore sarà la prestazione che si riceverà. È per questo che è importante confrontare le differenze esistenti per avere tutti gli elementi e poter così scegliere il “miglior” fondo cui aderire.

Con lo scopo appunto di favorire la confrontabilità dell’onerosità delle forme pensionistiche complementari e la più puntuale valutazione da parte del possibile aderente, lo scorso 14 febbraio la COVIP ha pubblicato i valori degli ISC aggregati al 31 dicembre 2021.

Figura 1 – Indicatore Sintetico dei Costi, valori medi rilevati al 31 dicembre 2021

Figura 1 – Indicatore Sintetico dei Costi, valori medi rilevati al 31 dicembre 2021

Fonte: COVIP

La Commissione calcola infatti i valori minimi, massimi e medi degli ISC riferiti a un periodo di permanenza nel fondo di 10 anni per le 3 tipologie di fondi e per ciascun comparto: garantito, obbligazionario, bilanciato, azionario. Ovviamente, al crescere dell’orizzonte temporale, i costi che gravano sul montante in accumulazione diminuiscono perché ripartiti e spalmati in un arco di tempo maggiore. Inoltre, sono evidenti le differenze tra le tre forme pensionistiche: per via della loro natura di organizzazioni senza scopo di lucro e nascendo dalla contrattazione tra rappresentanze datoriali e sindacali, i fondi pensione negoziali risultano quelli con costi minori; al contrario, fondi aperti e PIP presentano necessariamente oneri maggiori poiché, essendo offertI da SGR, Banche e assicurazioni, dovranno remunerare anche l’attività delle reti di collocamento.

Oltre alla valutazione della tipologia di fondo e alla linea di investimento è importante tenere ben presente cosa comporta una maggiore quota di oneri durante tutto il periodo di adesione. Come riporta la COVIP nella sua Relazione Annuale “su orizzonti temporali lunghi anche piccole differenze nei costi producono un impatto rilevante sulla prestazione finale. Ad esempio, a parità di altre condizioni, un capitale di 100.000 euro accumulato dopo un periodo di partecipazione di 35 anni su un prodotto con un ISC dell’1% si ridurrebbe di circa il 18% (scendendo a 82.000 euro) nel caso l’ISC fosse stato del 2”.

Parlare anche dei costi diventa allora fondamentale, anche e soprattutto per avvicinare sempre più giovani alla previdenza complementare. Al di là delle differenze viste, infatti, sono comunque soluzioni di investimento di lungo periodo che oltre a presentare costi relativamente bassi, come si diceva, beneficiano di una fiscalità di vantaggio che non dovrebbe mai essere dimenticata.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

9/3/2022

 
 

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