Non solo INPS, come stanno le Casse di Previdenza dei liberi professionisti?

Quando si parla di bilancio del sistema pensionistico italiano l'attenzione corre spesso alla sola INPS, dimenticando che il primo pilastro è garantito nel nostro Paese anche da gestioni privatizzate. Quale il loro stato di salute alla luce dei dati presentati dall’Ottavo Rapporto Itinerari Previdenziali? 

Mara Guarino

Come rilevato dall’ultima edizione del Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, nel 2019 la spesa totale per pensioni è ammontata a 230,259 miliardi di euro, con un aumento di 4,66 miliardi (+2,07%) rispetto all’anno precedente: un dato che tiene conto sia delle gestioni pubbliche sia di quelle privatizzate, vale a dire di quelle Casse di Previdenza dei liberi professionisti che, in Italia, assicurano insieme all’INPS la previdenza obbligatoria di primo pilastro. Per farsi un quadro completo della situazione, soprattutto in termini di sostenibilità del sistema, guardare al solo Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dunque non basta, tanto più se si tiene conto del fatto che la situazione è molto diversificata tra diversi enti e gestioni, con sole 4 macro-categorie – lavoratori dipendenti, commercianti, liberi professionisti e parasubordinati – capaci di realizzare saldi positivi.

 

Le Casse Privatizzate dei liberi professionisti: quadro generale e indicatori principali 

Premesso quindi un bilancio complessivamente positivo, come si è comportato nel dettaglio il sistema Casse nel 2019? Nell’ultimo anno disponibile per la rilevazione (pre COVID-19), il numero complessivo di contribuenti agli enti previdenziali privatizzati è stato pari a 1.332.886 unità: si tratta di 1.131.993 iscritti ai cosiddetti enti 509 (+0,51% rispetto allo scorso anno) e 200.893 (+2,94%) per i cosiddetti enti 103. Data la recente costituzione in particolar modo degli enti istituiti dal D.lgs 103/1996, il trend è inevitabilmente in aumento anche per quanto riguarda il numero dei pensionati. Sono in totale 430.258, con un incremento delle prestazioni erogate cresciuto di oltre 2 volte rispetto agli iscritti. Verosimilmente per le stesse ragioni, è in realtà in contenuto ma in costante peggioramento anche il rapporto tra pensionati e attivi; una tendenza quindi fisiologica che, per il 2019, può comunque contare sul molto favorevole risultato di 3,10 attivi per ciascun pensionato. 

Tabella 1 – I principali indicatori di sistema (anno 2019)

                        Tabella 1 – I principali indicatori di sistema (anno 2019)

Fonte: Ottavo Rapporto sul Bilancio del Sistema Previdenziale italiano Itinerari Previdenziali

Ricordando poi come premessa fondamentale che, a differenza delle gestioni pubbliche, le Casse dei liberi professionisti – che operano secondo la schema “a ripartizione” – hanno obbligo di previsione di sostenibilità dei bilanci a 50 anni e dispongono inoltre di proprie riserve patrimoniali, valutate dall’Ottavo Rapporto in circa 78 miliardi di euro, destinate a tutelare le prestazioni degli iscritti in ogni evenienza (ad esempio nel caso di picchi di pensionamento o di forti variazioni demografiche), va segnalato che il saldo tra le entrate contributive e la spesa per pensioni è rimasto nel 2019 sostanzialmente stabile rispetto al 2018, attestandosi su un valore di circa 3,666 miliardi. Nel dettaglio, per gli enti 509 il saldo previdenziale 2019 è pari a 3,204 di euro, con una riduzione dell’1% rispetto alla precedente rilevazione, mentre per quanto riguarda le Casse 103 è pari a 462 milioni di euro, in aumento del 6,06% rispetto ai 438 milioni del 2018. A ogni modo, il rapporto tra entrate per contributi e uscite per prestazioni si attesta a 1,657, valore in calo del 2,6% rispetto all’anno precedente, ma che in buona sostanza certifica la sostenibilità della spesa nel medio e lungo periodo. 

 

A ciascuna Cassa… il suo bilancio: l'analisi per singolo ente

Ancora una volta, va però rimarcato un quadro fortemente variegato, in questo caso tra le diverse Casse, che tendono inevitabilmente a differire – anche in maniera piuttosto significativa – per alcuni dei principali indicatori utili a definire lo “stato di salute” del sistema. 

Emblematico soprattutto il caso dell’INPGI, il cui rapporto entrate contributive/spesa per pensioni – pari a 0,67 – sottolinea il persistere di una situazione di sofferenza nella quale i contributi versati non bastano a coprire la spesa per prestazioni. Seppur lievemente e nonostante il rallentamento delle uscite per pensioni (cresciute dell’1,55% contro il 3,14% dell’anno precedente per effetto della riforma avviata nel 2017), il parametro risulta in peggioramento rispetto al 2018: nel frattempo, del resto, verosimilmente per effetto della crisi del settore si riducono anche i contributi. Sul versante opposto non mancano però anche “esempi virtuosi”, come ad esempio CDC, ENPAV e Cassa Forense che presentano per dottori commercialisti, veterinari e avvocati un buon rapporto entrate/uscite, con valori vicini o superiori a 2, il che equivale a dire che possono contare su entrate contributive persino doppie (o più) rispetto alle prestazioni pensionistiche. In linea di massima, si difendono comunque bene anche gli altri enti, che vantano un saldo sostanzialmente stabile. 

Quanto al rapporto pensionati/attivi, i dati migliori sono ad appannaggio soprattutto di Cassa Forense (solo 12,01 pensionati ogni 100 attivi), seguita da CDC e INARCASSA. Se anche su questo versante INPGI mostra un valore problematico (67,06 pensionati ogni 100 attivi), va rimarcata invece in positivo la prestazione dei farmacisti, la cui Cassa è l’unica a essere riuscita a migliorare – sia pur di poco – il proprio rapporto rispetto al 2018, passando da 26,06 a 25,76. In generale, per questo parametro il sistema evidenzia una globale tendenza al peggioramento, in parte fisiologica e dovuta soprattutto all’invecchiamento della popolazione e in caso dovuta a situazioni contingenti che possono riguardare alcune specifiche professionalità, cui rischiano ora di sommarsi anche gli effetti della crisi economica e occupazionale provocata dalla pandemia di SARS-CoV-2. Crisi alla quale le Casse hanno reagito incrementando interventi assistenziali e politiche di sostegno alla professione

Ulteriore indicatore della sostenibilità dei diversi enti è infine indubbiamente dato dal saldo generale tra tutte le entrate contributive e finanziarie e tutte le uscite per prestazioni e spese di funzionamento, che permette di avere un quadro il più completo possibile della situazione economica delle singole Casse. Premessa utile a farsi è che, per il 2019, entrambe le tipologie di enti hanno registrato un aumento nel proprio saldo contabile, addirittura raddoppiato nel caso delle Casse 103: un risultato che deriva, come per gli enti 509, soprattutto dalle maggiori entrate in arrivo dalla gestione patrimoniale. Del resto, al 31 dicembre 2019, le 19 Casse privatizzate dei liberi professionisti analizzate dall’Ottavo Rapporto registravano complessivamente un attivo patrimoniale di 77.768.564.497 euro, con un aumento assoluto rispetto all’anno precedente di circa 5,2 miliardi. 

Numeri che, pur rimandando al Report curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali per maggiori dettagli anche e soprattutto in tema di investimenti gestione dei patrimoni, fanno delle Casse uno dei principali investitori istituzionali del Paese. 

Mara Guarino, Itinerari Previdenziali

13/4/2021

 
 

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