"Quando vai in pensione?": età legale ed effettiva di pensionamento a confronto

In attesa di scoprire quali nuove opzioni consentiranno di dire addio in anticipo al mondo del lavoro, due requisiti restano ben saldi: 67 anni di età anagrafica per la pensione di vecchiaia fino al 2024 e 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi per le donne) di contributi fino al 2026. Ma a quale età andiamo effettivamente in pensione? Ecco cosa emerge dal confronto con gli altri Paesi OCSE

Michaela Camilleri

Come da tradizione, negli ultimi mesi dell’anno il tema delle pensioni torna in auge nel dibattito politico e mediatico. Come cambieranno i requisiti per accedere alla pensione nel 2022? Complice l’imminente scadenza di Quota 100, è questa una delle domande più ricorrenti del momento. In attesa di conoscere l’esito delle proposte governative in esame (Quota 102, anticipo contributivo, etc.), quello che è certo è che il requisito di età anagrafica per accedere alla pensione di vecchiaia sarà bloccato a 67 anni per tutti fino al 2024, senza alcun incremento alla speranza di vita (ferma restando la contribuzione minima di 20 anni).

A stabilirlo è il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 ottobre scorso, secondo cui, a decorrere dalgennaio 2023, i requisiti di pensionamento non saranno ulteriormente incrementati. Requisito anagrafico che sarà, peraltro, valido anche per poter ricevere l’assegno sociale. Resta bloccato anche il requisito dei 66 anni e 7 mesi per i lavoratori che svolgono un’attività considerata “gravosa” con almeno 30 anni di anzianità contributiva. La questione è semplice: nell’anno della pandemia l’Istat ha certificato una variazione negativa della speranza di vita pari a tre mesi per i 65enni (dati del 14 maggio 2021). Un valore che si ottiene dalla differenza tra la media dei valori registrati negli anni 2019-2020 e la media dei valori 2017-2018. Per la stessa ragione, già nel biennio 2021-2022 si è proceduto a “congelare” l’età pensionabile.

Tabella 1 – Evoluzione età pensionabile

Tabella 1 – Evoluzione età pensionabile

Con il requisito anagrafico dei 67 anni, l’Italia si conferma ai primi posti della classifica europea per età legale richiesta per il pensionamento di vecchiaia. Ed è bene sottolineare che negli ultimi trent’anni, grazie alle riforme che si sono susseguite, il nostro Paese ha fatto passi da gigante proprio per alzare l’età di pensionamento e provare a risolvere, da un lato, alcune anomalie presenti nel sistema (baby pensioni, prepensionamenti, etc.) che consentivano di andare in pensione con requisiti eccessivamente favorevoli (si pensi, ad esempio, ai famosi 14 anni 6 mesi e un giorno dei dipendenti pubblici) e, dall’altro, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione. Tanto che proprio l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, insieme alla revisione periodica dei coefficienti di trasformazione, rappresenta uno degli stabilizzatori automatici a garanzia della sostenibilità del sistema. 

 

Età legale vs età effettiva di pensionamento

Posta l’asticella legale così in alto, a che età andiamo però effettivamente in pensione? Guardando i dati OCSE, scopriamo che, contrariamente a quello che si sente spesso dire, il nostro Paese non vanta alcun primato internazionale per età effettiva di pensionamento: tra il 2013 e il 2018 le lavoratrici italiane sono andate in pensione a un’età media effettiva di 61 anni e 5 mesi, contro una media OCSE di 63 anni e 7 mesi, posizionandosi alle spalle di Paesi come la Germania e il Regno Unito (63,6); nello stesso periodo, gli uomini hanno registrato un’età media effettiva di 63 anni e 3 mesi, a fronte di una media OCSE pari a 65 anni e 4 mesi, spostando l’Italia ancora più in coda alla classifica.

Figura 1 - L'età effettiva di pensionamento nei Paesi dell'area OCSE

Figura 1 - L'età effettiva di pensionamento nei Paesi dell'area OCSE

Questo perché, oltre alla vecchiaia, il nostro sistema prevede un secondo canale di accesso al pensionamento, ossia la pensione anticipata, i cui requisiti contributivi sono bloccati a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne fino al 2026. Negli ultimi anni è stata, inoltre, introdotta una serie di opzioni ulteriori che consentono di anticipare la pensione rispetto all’età pensionabile, al fine di ovviare alle rigidità della Riforma Monti-Fornero. Tra le principali, si ricordano ad esempio Quota 100, opzione donna, APE sociale e isopensione.

Si tratta, tuttavia, di misure temporanee e non strutturali che hanno quindi il (grande) difetto di non introdurre flessibilità nel sistema in maniera lungimirante.

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

1/12/2021

 
 
 

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