Quattro falsi miti da sfatare sulla previdenza complementare (1)

Ci si interroga spesso su quali possano essere le motivazioni che ancora frenano il completo decollo della previdenza integrativa in Italia: fra queste anche alcune false credenze che può essere utile confutare per diffondere informazioni il più possibili corrette, soprattutto tra i più giovani

Niccolò De Rossi

Quando si parla di pensioni, erroneamente, si pensa che l’argomento interessi solamente coloro che sono prossimi a raggiungere i requisiti per accedere alla prestazione pensionistica o, allargando un po' l’insieme, chi è già in quiescenza. Beh, in realtà non è affatto così, anzi.

Tanto l’educazione finanziaria quanto quella previdenziale, almeno nei loro concetti base, sono materie che andrebbero studiate e approfondite nelle scuole, alla pari di quanto avviene per la storia, la matematica, l’italiano e la geometria per parafrasare una celebre canzone di Jovanotti. Capire il funzionamento del sistema pensionistico italiano di base e, allo stesso tempo, prendere in esame quello complementare e condirli con una buona base di conoscenze finanziarie dovrebbe essere il primo passo per costruire il proprio futuro previdenziale. 

Dall’introduzione del decreto legislativo 252/05, a cui si attribuisce - tra gli altri - il merito di aver razionalizzato, semplificato e incentivato la diffusione della previdenza complementare, le adesioni sono aumentate considerevolmente. Secondo l’aggiornamento statistico di dicembre 2020 della COVIP, il totale delle posizioni in essere per le diverse forme di previdenza complementare supera i 9,3 milioni, un numero tutto sommato buono, ma ancora ben lontano dall’essere vicino a rappresentare una soglia di copertura previdenziale definibile soddisfacente. La mancanza di copertura pensionistica integrativa è inoltre particolarmente elevata tra i più giovani, vale a dire tra coloro che, non ci stancheremo di dirlo, sono quelli che ne avranno e ne avrebbero più bisogno.

Tabella 1 - La previdenza complementare in Italia (posizioni in essere, dati provvisori di fine periodo)

Tabella 1 - La previdenza complementare in Italia (posizioni in essere, dati provvisori di fine periodo)

Fonte: La previdenza complementare, principali dati statistici dicembre 2020, COVIP

Fatta questa doverosa premessa, quali sono le motivazioni allora per cui la previdenza integrativa non riesce a completare il suo decollo? Si è accennato in apertura al tema della alfabetizzazione finanziaria, ma c’è di più. Il pericolo forse maggiore arriva infatti da tutti quei luoghi comuni e da quelle false credenze che, combinate proprio con una conoscenza speso lacunosa sull'argomento, finiscono per disincentivare l’adesione ai fondi pensione. È utile quindi prendere in esame e soprattutto sfatare, con una corretta informazione, quelli che possiamo indentificare come dei veri e propri “falsi miti” che tuttora accompagnano impropriamente la previdenza complementare.

 

Sono ancora giovane, la pensione può aspettare!

È forse una delle convinzioni più diffuse e radicate ma anche la più errata con cui tocca confrontarsi. Su questo primo “falso mito” infatti poggia gran parte del problema legato alla mancata adesione alla previdenza complementare da parte dei giovani. Ma perché si tratta di un'affermazione scorretta? Un primo elemento da evidenziare è legato alla transizione demografica in atto in particolare nel nostro Paese. L’invecchiamento della popolazione comporta un allungamento dell’aspettativa di vita e, quindi, del periodo che ciascun individuo in media passerà in quiescenza. Sotto questo aspetto diventa allora fondamentale integrare la prestazione pensionistica che si riceverà per condurre una vita da pensionato sempre più lunga. Per raggiungere questo obiettivo è però fondamentale che i giovani comprendano l’importanza di costruirsi per tempo un salvadanaio consapevole, che può essere appunto rappresentato proprio dal fondo pensione. Il secondo fattore, che si lega al più ampio tema dell’educazione previdenziale in generale, si riferisce al funzionamento del sistema pensionistico di base.

L’impostazione adottata in Italia non ha infatti storicamente favorito lo sviluppo di una cultura previdenziale orientata al secondo pilastro, quello integrativo. Questo perché la previdenza obbligatoria ha sempre assicurato un tasso di sostituzione (rapporto tra la prestazione pensionistica e l’ultima retribuzione percepita) elevato, tanto che gli italiani non hanno a lungo percepito un autentico “bisogno previdenziale”. Le riforme degli ultimi anni, e in particolare il passaggio al metodo contributivo, hanno però indissolubilmente legato la prestazione pensionistica pubblica all’entità dei contributi versati durante la vita attiva: ciò significa che tutti coloro che avranno carriere discontinue, con conseguenti buchi contributivi, o ritarderanno l’ingresso nel mondo del lavoro correranno il rischio di vedersi corrisposta una pensione contenuta che non consentirà loro di mantenere un adeguato tenore di vita una volta raggiunto il pensionamento. 

Aderire alla previdenza complementare ma soprattutto farlo fin da giovani consentirà di arginare, almeno in parte, questa insidia e di disporre così di un’entrata aggiuntiva per una serena vita in pensione.

 

Tengo i soldi in tasca perché in caso di necessità sono bloccati nel fondo pensione 

Trascurando in questa sede le controindicazioni del tenere i soldi in tasca o “sotto il materasso”, comportamento sbagliato soprattutto dal punto di vista finanziario (basti pensare al tema della perdita di potere d'acquisto), questa seconda convinzione è sostanzialmente errata anche dal punto di vista strettamente pensionistico. Infatti, seppur solo a determinate condizioni, i versamenti effettuati al fondo pensione e in generale l’intera posizione maturata dall’aderente potranno essere richiesti dall’iscritto anche prima della maturazione dei requisiti necessari per il pensionamento

Le prestazioni cosiddette “non pensionistiche”, vale a dire quelle prestazioni che possono essere per l'appunto erogate anche prima della maturazione dei requisiti pensionistici, sono richiedibili dall’aderente anche a distanza di pochi anni dall’iscrizione al fondo pensione, sfatando il mito secondo cui i soldi versati saranno immobilizzati senza possibilità di usufruirne. In particolar, la normativa vigente prevede una serie di motivazioni per le quali è possibile richiedere anticipatamente quanto versato alla forma di previdenza complementare scelta: sarà possibile richiedere un' anticipazione, in qualsiasi momento e fino al 75% della posizione individuale maturata per spese sanitarie gravi per se o per i propri familiari, decorsi 8 anni dall’iscrizione e fino al 75% della posizione maturata per acquisto o ristrutturazione prima casa per se o per i figli e, infine, sempre decorsi 8 anni, per qualsiasi altra esigenza fino a un massimo del 30% di quanto sin lì accumulato.

Non va però comunque dimenticato che la finalità principale del fondo pensione resta quella di integrare la prestazione pensionistica di base. Malgrado queste opportunità, non va quindi perso di vista il focus principale di questo genere di risparmio: il fondo pensione non può cioè essere visto come un normale conto corrente al quale attingere per qualsiasi necessità si presenti, meglio piuttosto pensare alla previdenza complementare come a un saggio e previdente investimento di lungo periodo
 

Arrivati a questo punto dell’analisi è già chiaro come una buona parte delle convinzioni che frenano l’adesione alla previdenza complementare siano errate, quando non assolutamente infondate. In realtà, i falsi miti da sfatare non sono finiti qui. C’è un ulteriore e importante elemento che è bene affrontare, quello della fiscalità di favore che viene accordata ai fondi pensione: in virtù della finalità sociale che la previdenza complementare riveste, la legislazione vigente accorda alle varie forme di previdenza integrativa una fiscalità di vantaggio.

Proprio per la sua rilevanza e per avere modo di approfondire adeguatamente l'argomento, sfateremo però il (doppio) falso mito della scarsa convenienza fiscale dei fondi pensione nella prossima puntata. Stay tuned!

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

22/4/2021

 
 

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