Long Term Care e innovazione: i protagonisti del cambiamento

I risultati della ricerca dell’Osservatorio sull’Innovazione Digitale in Sanità 2018 del Politecnico mostrano come un cambiamento di paradigma nella presa in carico del paziente sia possibile e auspicabile a fronte di un rinnovamento del sistema, tecnologico ma anche e soprattutto organizzativo

Irene Vanini

Il tema dell’invecchiamento della popolazione in Italia è dibattuto al punto da rappresentare l’incipit per eccellenza di qualsivoglia riflessione sul presente e futuro dei sistemi previdenziale e sanitario, sulle loro forme pubblica e privata e sulle relative direzioni di policy. È però pur vero che la combinazione tra longevità e scarsa natalità è un fattore di contesto che non può essere ignorato e che anzi merita uno sguardo attento. Nel Quaderno di approfondimento 2018 Le sfide della non autosufficienza. Spunti per un nuovo disegno organico per la copertura della non autosufficienza a cura di Itinerari Previdenziali, si rimarca con chiarezza che l’invecchiamento non coincide semplicemente con il protrarsi del tempo della vita; al contrario è un fenomeno ben descritto «nell’espressione si vive di più, ma non meglio». Infatti, pur essendo l’Italia tra i Paesi del mondo più longevi, «[l]a speranza di vita in buona salute alla nascita si attesta a 58,2 anni e quella senza limitazioni funzionali a 65 anni è pari a 13,7 anni per gli uomini e 14,1 per le donne, contro una media UE rispettivamente di 14,4 e 15,8 anni […] Circa un anziano su due soffre di almeno una malattia cronica grave o è multicronico, con quote tra gli ultra80enni rispettivamente di 59% e 64%».

Le dinamiche connesse alla salute in età avanzata sollevano dunque il problema della presa in cura degli anziani, che riguarda anche i cittadini/pazienti, non necessariamente vecchi, affetti da malattia cronica (più o meno invalidante), disabilità, tossicodipendenza, o fragilità sociale che si traduce in bisogno di cura. Cura che non si svolge più in via esclusiva nelle strutture ospedaliere, ma al contrario è dislocata secondo le esigenze del paziente, è multifunzionale e deve evolvere parallelamente alle sue condizioni socio-sanitarie. Questo tipo di assistenza si differenzia da quella tipica della fase acuta e post-acuta della malattia o della criticità, poiché si estende sul lungo termine (si indica infatti con l’anglicismo long term care), richiede un’intensità e frequenza di intervento medico diversa e metodi a essa specifici. Si esprime, oltre che nella fase di degenza ospedaliera, nelle residenze sanitarie, nella case di cura, nei centri diurni e, infine ma non certo per importanza, al domicilio dei pazienti (il 50% del bisogno di cura degli anziani con gravi difficoltà di cura della propria persona è risolto con l’aiuto di un familiare). Inoltre, tipico della cura a lungo termine è il coinvolgimento di una équipe clinica e assistenziale (medico, infermiere, fisioterapista, assistente sociale, caregiver designato, educatore) e non di un solo professionista. Il processo di pianificazione della cura (nella forma di percorsi terapeutici diagnostico-assistenziali - PDTA - o piani assistenziali individuali - PAI -), la presa incarico e la cura effettiva richiedono dunque che i dispositivi e le risorse (tecnologiche e professionali) adibite siano disponibili nei diversi ambienti di vita del paziente e che le informazioni necessarie siano portabili.

È in questo spazio che si genera l’esigenza ma anche l’opportunità per un’introduzione della tecnologia digitale nelle dinamiche di cura e per un ripensamento del sistema a diversi livelli. Secondo Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, che lo scorso 8 maggio ha presentato il rapporto Sanità e digitale: uno spazio per innovare, un ruolo fondamentale è svolto dall’innovazione tecnologica, che «non può essere incrementale in queste circostanze, deve essere strutturale. L’innovazione, qui e ora, è digitale». In questo senso, secondo il gruppo dell’Osservatorio, gli obiettivi che devono guidare il progresso del sistema sanitario sono: il rinnovamento tecnologico e organizzativo, e dunque l’utilizzo dei sistemi digitali di monitoraggio e gli strumenti di intelligenza artificiale per la medicina di precisione nel processo di spostamento delle cure dagli ospedali al territorio; il cosiddetto empowerment del paziente, non più ricettore di cura ma attore fondamentale del coordinamento della propria salute, tramite meccanismi digitali di automonitoraggio, informazione e, di conseguenza, aumento di consapevolezza; ripensamento delle competenze degli operatori medico sanitari, che dovranno fare uso dei nuovi strumenti dando vita a un nuovo modo di interagire con il paziente.

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Ma quali sono le risorse per avviare questo sviluppo? L’Osservatorio stima che nel 2017 la spesa per la sanità digitale dei diversi attori è stata di 1,3 miliardi di euro (di cui: 890 milioni spesi dalle strutture sanitarie; 320 milioni dalle regioni, che hanno avviato il progetto del FSE - fascicolo sanitario elettronico; 72,9 milioni dai medici di medicina generale; 16,7 milioni dal Ministero), ossia 21 euro per abitante, registrando un +2% sul 2016. Tuttavia, ha sottolineato Corso, occorrerebbe piuttosto chiedersi il costo della non-digitalizzazione, per esempio, nel mantenimento di un modello obsoleto per i cittadini di svolgere delle attività connesse alla salute (ricerca delle informazioni, prenotazione degli esami, ritiro referti). Secondo i calcoli dell’Osservatorio, se l’80% dei cittadini ritirasse i referti online, il 10% in farmacia e il 10% di persona (contro gli 80 su 100 che nel 2017 si sono personalmente recati allo sportello per ritirare un cartaceo), l’impatto economico sarebbe di 1,63 milioni di euro. La digitalizzazione può avvenire in ogni ambito del sistema sanitario, sia a livello gestionale che clinico, come illustra il grafico sottostante, che riporta l’opinione dei direttori strategici. L’indagine rivela inoltre l’attesa, nei prossimi 5 anni, di un importante impatto delle nuove tecnologie nei metodi di cura, nella raccolta delle informazioni (utilizzo dei big data, tecnologie indossabili, real time analytics, per citare alcuni ambiti) e, di conseguenza, nelle modalità di presa in carico dei pazienti, sempre più protagonisti della gestione della propria salute.

 

La rilevanza degli ambiti secondo le Direzioni Strategiche

Fonte: Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, Sanità e digitale: uno spazio per innovare 2018

Una simile rivoluzione tecnologica e organizzativa del sistema invoca anche un progresso a livello di policy e nel reperimento delle risorse. Il cambiamento del paradigma di cura, si nota nel citato Quaderno di approfondimento, richiederà dunque «nuovi modelli di assistenza, che consentano di intercettare adeguatamente i nuovi bisogni complessi dei pazienti, nell’ambito dei quali trovino spazio forme di partnership pubblico/privato […] che consentano di canalizzare le risorse disponibili in forme efficienti di copertura». Un’esigenza che si concretizza in «un nuovo approccio culturale che pone al centro […] la persona, e il suo progetto di cura; […] un approccio multidimensionale integrato, che presuppone sinergie fra i diversi attori pubblici e privati, profit e non profit, coinvolti nella pianificazione ed erogazione dell’assistenza; la definizione di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) personalizzati». In questo senso, l’obiettivo è quello di ripensare l’intervento complementare/privato secondo una logica rigorosa di integrazione delle prestazioni pubbliche, al fine di ottimizzare l’efficacia dell’intervento complessivo.

Diventa allora chiaro come i principi guida identificati dagli stakeholder del comparto della sanità integrativa si muovano nella stessa direzione intrapresa dallo sviluppo digitale in sanità. L’auspicio, in considerazione del contesto di partenza e degli scenari che il futuro immediato apre, è che il progresso atteso porterà ai cittadini una piena fruizione del diritto alla salute, incrementando allo stesso tempo l’efficienza del sistema a tutti i livelli.

Irene Vanini

22/5/2018

 
 

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