Quale definizione per la non autosufficienza?

Il primo passo per la predisposizione di un disegno organico della copertura è la definizione stessa della non autosufficienza, essenziale per delineare in modo unico il diritto alla prestazione. Alcune considerazioni anche alla luce dell'esperienza francese 

Carlo Conforti, Tiziana Tafaro e Natalia Borrillo

In tutto il mondo si assiste al progressivo allungamento della vita media e al declino del tasso di natalità. La fascia di popolazione comprendente soggetti di età superiore ai 65 anni sta rapidamente crescendo, sia in numero assoluto che in proporzione. Per esempio in Italia, per la prima volta al mondo, ci sono più persone al di sopra dei 65 anni che sotto i 20. Nella maggior parte dei Paesi industrializzati l’aumento è particolarmente importante per soggetti di età uguale o superiore agli 80 anni. Migliorare la capacità dei sistemi di welfare di erogare servizi di assistenza che soddisfino i bisogni della crescente popolazione di anziani secondo criteri che salvaguardino anche la spesa pubblica, rappresenta quindi una delle più grandi sfide dei nostri tempi. È necessario ricercare nuove soluzioni che, attraverso un coordinamento tra operatori pubblici e privati, consentano una migliore organizzazione della spesa con il fine di ottimizzare gli ambiti di copertura della popolazione non autosufficiente. Le forme integrative private possono svolgere un efficace ruolo integrativo e, anzi, l’esperienza – è il caso di Francia e Germania – mostra che si sviluppano più ampiamente quando si integrano e si coordinano con l’intervento pubblico debitamente potenziato.

Il primo passo che si ritiene utile prendere in considerazione per la definizione di un disegno organico della copertura è la definizione di non autosufficienza, al fine di delineare in maniera univoca il diritto alla prestazione. I problemi relativi alla mancanza di una definizione uniforme di non autosufficienza a livello nazionale, pur non essendo di immediata percezione, possono essere facilmente spiegati:

  • Difficoltà nell’organizzare la copertura per non autosufficienza negli usuali 3 pilastri delle assicurazioni sociali (pubblico, privato collettivo, privato individuale), con il rischio di interventi non coordinati fra i diversi pilastri, possibili duplicazioni di prestazioni e ancora più dannose mancanze di coperture. Tale situazione potrebbe condurre a una gestione non ottimale dell’impegno economico complessivo, proveniente da tutti i pilastri, destinato alla prestazione di non autosufficienza. Nell’attuale situazione di crisi dello stato sociale è pertanto necessario porre particolare attenzione a nuove possibili interazioni pubblico/privato.
  • Difficoltà nel reperire dati statistici robusti, coerenti e su orizzonti temporali anche di lungo periodo. I dati provenienti dalle rilevazioni del I pilastro e quelli provenienti da rilevazioni del II e III pilastro non potrebbero essere aggregati o verrebbero utilizzati solo parzialmente con il rischio di perdere importanti informazioni.
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Le differenti prestazioni e definizioni per la non autosufficienza in Italia -  La spesa pubblica per LTC comprende tre differenti tipologie di prestazioni: l’indennità di accompagnamento, l’assistenza socio-sanitaria ai non autosufficienti, cioè a coloro che a causa di malattie croniche, dell’età e di limitazioni mentali necessitano di assistenza in modo continuato, e, infine, le prestazioni socio-assistenziali erogate dagli enti locali, in particolare i comuni, a beneficio dei disabili, degli anziani non autosufficienti e delle persone dipendenti da alcool e droghe.

Alle tre tipologie di prestazioni, corrispondono altrettanti livelli di governo:

  1. il livello centrale (enti di previdenza) cui compete la gestione e l’elargizione dell’indennità di accompagnamento;
  2. il livello regionale (a sua volta declinato in Distretti Sanitari) cui sono delegati i programmi socio-sanitari;
  3. il livello delle comunità locali cui spetta l’organizzazione delle funzioni socio-assistenziali.
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L’indennità di accompagnamento è una specifica prestazione monetaria prevista nel caso della cosiddetta invalidità civile, ossia l’invalidità che non deriva da cause di servizio, di guerra o di lavoro. I beneficiari della prestazione sono soggetti mutilati o invalidi totali per i quali sia stata accertata l’impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure incapaci di compiere gli atti quotidiani della vita, che possono accedervi senza alcun versamento minimo di contributi previdenziali e indipendentemente dalle loro condizioni reddituali. L’erogazione dell’indennità avviene direttamente ai beneficiari e non è subordinata alla certificazione dell’acquisto di beni e servizi utili al miglioramento delle loro condizioni di vita.

I requisiti necessari pertanto sono:

  • riconoscimento di totale inabilità (100%) per affezioni fisiche o psichiche;
  • impossibilità a deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore oppure a compiere gli atti quotidiani della vita senza un’assistenza continua;
  • essere cittadino italiano o cittadino straniero comunitario iscritto all’anagrafe del comune di residenza o cittadino straniero extracomunitario in possesso del permesso di soggiorno di almeno un anno;
  • avere residenza stabile e abituale sul territorio nazionale.

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Gli invalidi che sono ricoverati gratuitamente in un istituto per un periodo superiore a 30 giorni e coloro che percepiscono indennità per invalidità contratta per causa di guerra, di lavoro o di servizio, salvo il diritto di opzione per il trattamento più favorevole non hanno diritto all’indennità di accompagnamento. L’indennità di accompagnamento è compatibile e cumulabile con la pensione di inabilità, con le pensioni e le indennità di accompagnamento per i ciechi totali o parziali. Per la competenza in merito alla concessione dell’indennità sono sopravvenute negli anni diverse normative, ma dal 2009 l’intera procedura è stata razionalizzata e semplificata, garantendo una sistematizzazione dei procedimenti convenzionali fra INPS e Regioni e una presenza diretta dell’INPS nelle commissioni mediche locali delle ASL in fase di accertamento, a garanzia di uniformità di trattamento nazionale.

Per quanto riguarda le prestazioni socio-sanitarie, possiamo per semplicità aggregarle a loro volta in tre tipologie principali sulla base dei destinatari e delle relative modalità di erogazione: assistenza residenziale agli anziani e ai disabili, assistenza non-residenziale (strutture semi-residenziali e assistenza domiciliare) per la stessa categoria di soggetti e, infine, assistenza, in qualunque forma erogata, rivolta a soggetti affetti da dipendenze (alcolisti e tossicodipendenti) o patologie psichiatriche. Le prestazioni consistono in servizi (c.d. prestazioni “in natura”) e sono erogate dagli enti del SSN indipendentemente, dall’età e dal reddito disponibile (no means tested) dei beneficiari. I criteri di valutazione dello stato di non autosufficienza per accedere alle suddette prestazioni possono differire a livello regionale.

La terza e ultima componente della spesa pubblica per LTC è costituita dalle prestazioni socio-assistenziali a favore degli anziani non autosufficienti, dei disabili, dei malati psichici e delle persone dipendenti da alcool e droghe. Si tratta di prestazioni diverse tra di loro, prevalentemente “in natura”, erogate dagli enti territoriali, in prevalenza dai Comuni, e soggette alla prova dei mezzi (means tested).

Questo tipo di assetto fa sì che i criteri di definizione di non autosufficienza per tutti i programmi diversi dall’indennità di accompagnamento siano molto eterogenei da regione a regione, in assenza di indirizzi legislativi unitari a livello nazionale. È per questa ragione che, sebbene la gestione dei servizi socio-sanitari sia affidata alle regioni e alle ASL senza interazione con i servizi socio-assistenziali dei comuni, alcune regioni stanno sperimentando forme di integrazione socio-sanitaria per ciò che riguarda la presa in carico (Punti unici di accesso, Sportelli Unici) e la valutazione, con la costituzione di Unità di Valutazione Integrata, per rispondere a qualunque profilo di bisogno, sociale, assistenziale e sanitario. Ne sono un esempio l’Umbria e la Lombardia, le quali stanno adottando una nuova metodologia di valutazione dello stato di non autosufficienza: il metodo di valutazione InterRAI, di cui si dirà fra breve.

Complessivamente, secondo la stima più recente disponibile, la spesa per LTC ammonta complessivamente per il 2016 all’1,8% del Pil. Più nel dettaglio, la componente sanitaria della spesa pubblica per LTC dell’anno 2016 è pari allo 0,91% del Pil, la spesa per indennità di accompagnamento ammonta allo 0,80% del Pil, mentre la spesa pubblica relativa all’insieme delle prestazioni per LTC, di natura non sanitaria e non riconducibili alle indennità di accompagnamento, è stimata in 0,09 punti percentuali di Pil di cui poco meno della metà è riferibile a prestazioni di natura non-residenziale, circa un quinto a prestazioni di natura residenziale e il rimanente 30% a trasferimenti in denaro.

Per il II pilastro, che in Italia quasi sempre erogato, finora, in ambito assicurativo, la mancanza di autosufficienza viene determinata grazie al metodo delle Activities of Daily Living (ADL). In particolare, le attività elementari considerate sono:

  • lavarsi
  • vestirsi e spogliarsi
  • utilizzare i servizi
  • muoversi, spostarsi dal letto alla poltrona e viceversa
  • alimentarsi
  • capacità di controllo della continenza

La misura minima delle ADL mancanti per la definizione di non autosufficienza può variare da contratto a contratto, anche per le assicurazioni collettive. Dal recente lavoro Assicurazioni sulla salute: caratteristiche, modelli attuariali e basi tecniche, a cura di Paolo De Angelis e Luigi Di Falco, per un progetto in collaborazione fra ANIA e Università di Roma La Sapienza, risulta come in via generale, si è rilevata una buona aderenza tra le caratteristiche della base dati fornita dall’INPS in merito all’indennità di accompagno e la definizione assicurativa di non autosufficienza, pur con evidenti differenze. La definizione INPS sembra comunque essere più ampia di quella assicurativa, mentre una ottima rispondenza si è riscontrata in merito al fenomeno della sopravvivenza del soggetto non autosufficiente. Questo ha portato a una prima costruzione di tavole italiane per la non autosufficienza, che possono essere un primo passo verso la futura costruzione di un sistema integrato pubblico-privato.

Per uno sviluppo futuro, nonostante l’eterogeneità del panorama definitorio, è possibile rinvenire una tendenza comune a fare riferimento, come sarebbe corretto, non più alle patologie ma alla capacità di svolgere determinate attività considerate essenziali. Il limite di questo approccio è che non sembra coerente con le esigenze di multidimensionalità prescritte dal piano cronicità e generalmente ormai condivise sul piano clinico.

Emerge quindi la necessità di affinare l’approccio metodologico basato sulle ADL: a tal fine merita di essere approfondita la possibilità di trovare una convergenza sull’adozione della metodologia del Resident Assessment Instrument (RAI – VAOR in Italia), che consente, tramite un nutrito e approfondito set di domande e di un opportuno sistema di pesi, di superare l’approccio meramente descrittivo e di valutare lo stato di fragilità/dipendenza del soggetto, nonché di “tradurlo” in termini di bisogni e, conseguentemente, nella definizione del PDTA.

La metodologia Resident Assessment Instrument (RAI – VAOR) -  In alcuni Paesi si è cercato di superare l’approccio tradizionale, meramente descrittivo, sviluppando sistemi di valutazione multidimensionali progettati per guidare il processo delle cure del paziente, verificarne gli esiti, stimare la consistenza delle professionalità e delle risorse economiche necessarie al fine di orientare le scelte organizzative. Negli Stati Uniti a partire dai primi anni Novanta, sulla scorta di alcune iniziative legislative, è iniziata una attività di revisione dei modelli di valutazione multidimensionale esistenti con lo scopo di raccogliere tutte le informazioni relative all’anziano residente presso strutture RSA tramite un unico strumento. La sua diffusione ha contribuito alla formazione di una rete collaborativa internazionale InterRAI con l’obiettivo di migliorare le cure delle persone anziane. Il modello di valutazione InterRAI (in italiano c.d. VAOR - Valutazione Anziano Ospite di Residenza) è stato concepito quale sistema di valutazione del paziente, pratico e di utilità per orientare la progettazione del piano individuale di cura. Tale modello di valutazione è uno strumento globale, standardizzato per la valutazione dei bisogni, delle capacità e delle preferenze degli anziani che utilizzano servizi di assistenza. Oltre al VAOR sono stati sviluppati altri moduli che tengono conto delle diverse impostazioni di assistenza  o condizioni di salute del paziente. Ad esempio il VAOR–ADI è stato concepito per valutare il paziente nella sua complessità e fornire servizi adeguati anche al momento della dimissione dall’ospedale o in ambito di ospedalizzazione a domicilio consentendo una continuità di assistenza attraverso un sistema di valutazione geriatrica omogeneo nei diversi settori della tutela della salute e promuovendo una valutazione individualizzata in contrapposizione a quella sede-specifica.

Attraverso l’utilizzo di alcune delle informazioni rilevate con il modello InterRAI è possibile classificare i pazienti in diversi raggruppamenti di fabbisogno di risorse assistenziali (cosiddetto RUG – Resource Utilization Group). Il paziente viene assegnato al raggruppamento principale in base alle problematiche assistenziali più rilevanti e ad altre tre variabili (ADL, valore soglia scala di depressione, presenza di programmi di riabilitazione infermieristica). A ogni RUG corrisponde un fabbisogno espresso in minuti al giorno per paziente di assistenza medica, infermieristica, riabilitativa e ausiliaria. Associando a tale fabbisogno il costo medio di ogni singola figura professionale è possibile stimare anche il costo collegato al consumo di risorse del paziente.

Possibili utilizzi in ambito assicurativo del modello di valutazione VAOR e della classificazione RUG del paziente potrebbero consentire di graduare maggiormente l’erogazione delle prestazioni sulla base dei diversi fabbisogni di cura sia che le prestazioni siano erogate sotto forma di importi monetari che di prestazione di servizi. Inoltre, il mondo assicurativo e della sanità integrativa, in qualità di terzo pagatore in sanità, potrebbe utilizzare tali strumenti per determinare le tariffe da rimborsare agli operatori e alle strutture sanitarie convenzionate, nonché per valutare la qualità delle cure prestate.

Nonostante l’oramai trentennale esperienza accumulata in ambito internazionale, e la presenza di primi studi che evidenziano la capacità di tali strumenti di discriminare la sopravvivenza dei pazienti valutati, in base al grado di non autosufficienza assegnato, ancora oggi tale modello risulta poco applicato in Italia e non risultano disponibili studi e dati statistici attuariali che ne consentano un’applicazione in ambito assicurativo o di sanità integrativa. Realizzare una convergenza, in primis degli operatori privati su un modello unico di definizione/valutazione della non autosufficienza, rappresenterebbe senza dubbio un atout per perseguirne l’adozione anche da parte del comparto pubblico, in particolare qualora il modello scelto sia già noto e condiviso almeno in parte dal comparto stesso.

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La soluzione francese -  Conoscere come un Paese simile all’Italia a livello demografico, economico e sociale sta gestendo questo problema potrebbe fornire degli spunti interessanti. In particolare, si ritiene interessante presentare la soluzione francese, per le affinità possibili fra le popolazioni.

In primo luogo, l’Insee (Institut National de la Statistique et des Études Économiques) riporta che la speranza di vita alla nascita nel 2016 degli uomini è di 79 anni e quella delle donne di 85,1, contro rispettivamente gli 80,12 e gli 84,61 dell’Italia (Istat). L’Insee riporta inoltre che il tasso di disoccupazione in Francia per il terzo trimestre del 2017 è del 9,7% mentre quello italiano relativo allo stesso periodo riportato dalla “rilevazione sulle forze lavoro” dell’Istat è del 9,6%. Il tasso di fecondità totale francese riportato dall’Insee relativamente al 2016 è di 1,93 figli per donna, mentre quello italiano di 1,38. La Francia, grazie alla fecondità nettamente più alta, si trova comunque in una situazione avvantaggiata rispetto all’Italia ma non per questo non ha sentito il bisogno di prendere dei provvedimenti, anzi.

Le scelte prese dalla Francia sono sostanzialmente orientate verso due direzioni:

  • controllare la spesa pubblica per la non autosufficienza tramite l’APA (Allocation Personnalisée d’Autonomie);
  • favorire l’integrazione tra pubblico e privato nella copertura del rischio di non autosufficienza, attuando una serie di provvedimenti che hanno permesso lo sviluppo di forme assicurative a “adesione collettiva”.
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In Francia la copertura pubblica per la non autosufficienza è rappresentata soprattutto dall’APA, in vigore dal 01/01/2002. L’APA spetta a tutti coloro che rientrano nei GIR (Groupes Iso-Ressources) 1, 2, 3 e 4 a condizione che abbiano almeno 60 anni e risiedano in Francia in maniera stabile e regolare. Consiste in piani di aiuti personalizzati proposti in seguito alla visita di un team apposito. Gli importi erogati dall'APA sono uguali alla frazione del piano proposto di cui si decide di beneficiare, esclusa una quota che resta a carico del soggetto. Tale quota dipende dal reddito.

L’erogazione dell’APA si basa sulla griglia AGGIR (Autonomie, Gérontologie, Groupes Iso-Ressources), che prevede sei GIR le cui caratteristiche sono rappresentate in tabella 1. Per ogni GIR, comunque, c'è un importo massimo mensile erogabile che può essere di anno in anno modificato in base all’andamento del fenomeno e delle risorse che lo Stato può destinarvi.

                          Definizione non autosufficienza, il caso francese

Per l’attribuzione dell'APA si utilizza attualmente il metodo delle ADL. In particolare, le ADL considerate riguardano la capacità di spostarsi, preparare i pasti, mangiare autonomamente, prendersi cura dell'igiene personale, vestirsi, mantenere la propria abitazione pulita, avere coscienza dei pericoli e essere in grado di evitarli, comunicare ed avere contatti sociali.

A ciascuna ADL può essere attribuito un punteggio compreso tra 0 e 2. In particolare, un punteggio pari a 0 indica che il soggetto è pienamente in grado di compiere l'attività; un punteggio pari ad 1 che è parzialmente in grado di compierla; un punteggio pari a 2, infine, che non è in grado di compierla in maniera autonoma. Una volta attribuiti i punteggi a ciascuna ADL, se ne fa la somma e in base all’importo ottenuto il soggetto viene inserito in un GIR. Quanto più il punteggio risultante dalla somma dei singoli è alto tanto più grave è lo stato del soggetto e tanto più basso è il GIR in cui rientra.

Anche in Francia si stanno attuando provvedimenti per favorire l’utilizzo dell'InterRAI. Grazie a un provvedimento nazionale, circa 1000 case managers useranno gli strumenti di InterRAI Home Care e InterRAI Contact Assessment per occuparsi delle persone affette da malattie neurodegenerative. 

Carlo Conforti, Responsabile Ufficio Vita, Salute e Studi demografici ANIA

Tiziana Tafaro, Docente contratto Tecnica attuariale delle assicurazioni sociali UNISANNIO
 

    Natalia Borrillo, Tesista Tecnica attuariale delle assicurazioni sociali UNISANNIO 

21/6/2018

 
 

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