Alcune criticità nell'approccio al tema del "grande rischio" in logica IDD

L'impatto della direttiva IDD non è semplice da comprendere, in tutti i suoi possibili risvolti, neppure per gli operatori del settore: cosa accade ad esempio alla necessità di avere una product governance, un set informativo e una home insurance in caso di "grande rischio"?

Alessandro Bugli

Comprendere gli impatti del recepimento della direttiva IDD non è facile per gli operatori. Uno dei nodi principali attiene alla necessità di avere una product governance, un set informativo e una home insuranceper tutti i contratti assicurativi in essere e quelli futuri o solo per alcuni di questi. Trattasi, all’apparenza, di questione di poco interesse, ma gli impatti al contrario sono notevoli.

Lasciando alla regolamentazione il compito di indicarci quali siano i contratti per cui è necessario innovare la documentazione informativa (l’art. 47 del doc. 6 IVASS lascia più di qualche dubbio, almeno per le polizze danni, non richiamando il vecchio art. 30 del reg. ISVAP n. 35, in tema di fascicolo informativo), è chiaro che – piano piano – stante anche l’obbligo di semplificare i contratti secondo la regola di cui alla lettera al mercato IVASS del 14 marzo 2018, tutti questi obblighi dovranno trovare attuazione.

C’è chi legge le nuove regole in termini di mero appesantimento burocratico. Questa posizione, in parte condivisibile, non pare però tenere conto dell’evoluzione del mercato assicurativo e dell’assurgere dello stesso a primaria funzione sociale ed economica che importa necessariamente oneri e onori. In più, un corretto approccio ai nuovi incombenti può ed è evidentemente l’occasione per caratterizzarsi come primaria realtà (in termini qualitativi) di un mercato spesso tacciato di omologazione e “gergalità” (nel senso mal tradotto del termine “jargon” nel regolamento attuativo della IDD, cioè tecnico-legale inaccessibile al pubblico).

In questa logica, imprese e manufacturer de facto si chiedono quando e come l’esclusione di parte degli obblighi della IDD (POG, set informativo e home insurance di italica matrice) possano essere limitati in ragione del fatto che si vada ad assicurare dei “grandi rischi”. La direttiva, il d.lgs. 68/18 e i regolamenti in pubblica consultazione escludono da tali obblighi la gestione dei detti “grandi rischi”, definibili tali ai sensi di legge, nei termini che diremo. La natura di “grande rischio” esclude infatti la necessità di ricorrere alla product governance e alle nuove regole di trasparenza precontrattuale e contrattuale nonché a quelle di attivare meccanismi di gestione contrattuale con la clientela in linea con l’home banking. Ma cosa è un “grande rischio”?

La definizione di grande rischio è contenuta all’art. 1, c. 1, lett. r, del Codice delle Assicurazioni. Secondo la definizione sono grandi rischi: “quelli rientranti nei rami di cui all'articolo 2, comma 3, qui di seguito indicati:

1) 4 (corpi di veicoli ferroviari), 5 (corpi di veicoli aerei), 6 (corpi di veicoli marittimi, lacustri e fluviali), 7 (merci trasportate), 11 (r.c. aeromobili) e 12 (r.c. veicoli marittimi, lacustri e fluviali) salvo quanto previsto al numero 3);

2) 14 (credito) e 15 (cauzione), qualora l'assicurato eserciti professionalmente un'attività industriale, commerciale o intellettuale e il rischio riguardi questa attività;

3) 3 (corpi di veicoli terrestri, esclusi quelli ferroviari), 8 (incendio ed elementi naturali), 9 (altri danni ai beni), 10 (r.c. autoveicoli terrestri), 12 (r.c. veicoli marittimi, lacustri e fluviali) per quanto riguarda i natanti soggetti all'assicurazione obbligatoria ai sensi dell'articolo 123, 13 (r.c. generale) e 16 (perdite pecuniarie), purché l'assicurato superi i limiti di almeno due dei tre criteri seguenti:

  1. il totale dell'attivo dello stato patrimoniale risulti superiore ai seimilionieduecentomila euro;
  2. l'importo del volume d'affari risulti superiore ai dodicimilionieottocentomila euro;
  3. il numero dei dipendenti occupati in media durante l'esercizio risulti superiore alle duecentocinquanta unità. Qualora l'assicurato sia un'impresa facente parte di un gruppo tenuto a redigere un bilancio consolidato, le condizioni di cui sopra si riferiscono al bilancio consolidato del gruppo”.
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Data la definizione, per “grande rischio” deve intendersi – a seconda dei casi – un rischio di notevole portata (es. la responsabilità civile per conduzione di aeromobili) ovvero l’offerta di una garanzia ad un assicurato di dimensioni patrimoniali non trascurabili, per le più comuni assicurazioni danni. Insomma, potremmo utilmente parlare di “grande rischio” da distinguersi in “grande rischio” assicurativo in senso proprio e “assicurato qualificato” per ontologica competenza in ragione dei volumi dell’attività svolta.

Tutto apparentemente facile, ma cosa succede nel caso in cui ci si trovi al cospetto di un contraente collettivo di polizza (ex art. 1891 c.c. “assicurazione per conto altrui o per conto di chi spetta”) che soddisfi due delle tre condizioni richieste dalla definizione di “grande rischio” per integrarla, ma agisca come mero collettore di interessi assicurativi in favore della propria clientela? Per capirci, si immagini il caso – abbastanza comune – di una finanziaria che contragga a livello collettivo una garanzia assicurativa nell’interesse dei singoli clienti finanziati (es. la banca che conceda il mutuo per l’acquisto di un veicolo e che finanzi coperture Kasko o infortuni del conducente per l’acquirente del veicolo stesso, il quale potrà a tal fine aderire ad una polizza collettiva negoziata a monte dallo stesso istituto di credito).

Il fatto che la compagnia si trovi a negoziare questo tipo di polizza con una controparte “istituzionale” (quale una banca) può escludere la necessità di dare attuazione alla POG, al set informativo e alla home insurance (data la possibilità di non adeguarsi a questi incombenti amministrativi e operativi in caso di “grandi rischi”).

La risposta sembra dover essere data in termini negativi.

O, meglio, bisognerà verificare chi sia l’assicurato in termini di polizza (se la banca, nel nostro esempio, o il cliente finale). La definizione di “grande rischio” infatti richiede nel suo n. 3 che il soggetto di cui si discute sia “l’assicurato” e non un “contraente”. Quindi, perché possano trovare applicazione le esimenti dette dall’applicazione della direttiva IDD, non è sufficiente che chi stipuli la polizza sia un soggetto che soddisfi i requisiti patrimoniali, di produzione e di occupazione di cui alla lettera R dell’art. 1 del Codice delle Assicurazioni, bensì che questo sia il soggetto su cui ricade il rischio assicurato. Provando a esemplificare, ove la garanzia sia contratta in forma collettiva da una banca, ma assicuri il rischio di infortunio del soggetto che acceda al finanziamento (sebbene la polizza renda più meritevole in termini creditizi il singolo cliente) la stessa dovrebbe prudenzialmente essere riferita in termini di “assicurato” all’utente finale e non al contraente “istituzionale”, con conseguente obbligo di adeguarsi alle nuova regole del d.lgs. 68/18 e relativa decretazione di attuazione.

Tutte le imprese e i distributori manufacturer de facto non potranno che tenere conto prudenzialmente di questo tema di attenzione.

Alessandro Bugli, Area Assicurativa e Welfare Studio Legale Taurini&Hazan e Componente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

23/7/2018

 
 
 

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