Coerenza dei prodotti assicurativi: meno burocrazia e più attenzione alle tutele

Il recepimento della direttiva IDD, ma ancora di più la necessità di favorire una diffusione consapevole della pratica assicurativa, non può che portare a un modo nuovo di intendere l'assicurazione, nel quale la burocrazia fine a stessa lasci spazio a una maggiore attenzione ai rischi e ai bisogni degli assicurati: alcune riflessioni sulla "valutazione di coerenza" 

Alessandro Bugli

Uno degli argomenti più delicati (pur se molto meno indagati, rispetto a quanto avviene nella materia finanziaria) è quello che attiene alla corretta distribuzione di prodotti assicurativi e, in dettaglio, alla valutazione di coerenza e rispondenza degli stessi ai rischi e bisogni del cliente. La regola generale vuole che, indipendentemente dal fatto che la vendita di un prodotto assicurativo avvenga in regime di consulenza o meno, si debba procedere alla valutazione di “coerenza”, ossia di quella che ancora, gergalmente, continua a definirsi tra gli operatori valutazione di “adeguatezza” del prodotto (con confusioni negli incroci con la disciplina MIFID, per cui l’adeguatezza è consulenza, anche se a ben vedere l’art. 119 ter del Codice delle Assicurazioni riporta ancora questa definizione). 

Questa impostazione, che ritrae particolare linfa proprio dal settore finanziario, tende a voler evitare che, a fronte dell’ “ignoranza” del cliente (figlio di un Paese che sino a qualche anno fa aveva dimenticato l’educazione finanziaria e l’insegnamento delle regole del vivere civile e dell’economia nelle scuole), si possano collocare soluzioni assicurative inutili o comunque non tagliate per rispondere alle concrete esigenze di copertura del cliente stesso; con scopertura al tempo del bisogno nonché sfiducia progressiva  e ingiustificata  verso il mondo delle assicurazioni, in un Paese per definizione sottoassicurato, ma attento al risparmio, spesso mal fatto.

La normativa vigente non dice espressamente in cosa consista in concreto questa valutazione di coerenza, imponendone però una valutazione e un giudizio al riguardo da parte del distributore.  Da qui l’esercizio che si intende compiere, cioè comprendere quando e come vada svolta questa valutazione.

Partiamo dagli indizi presenti nella regolamentazione vigente e, quindi, dall’articolo 58 (Valutazione delle richieste ed esigenze del contraente) del Reg. IVASS n. 40 per cui:

1. I distributori sono tenuti a proporre contratti coerenti con le richieste ed esigenze di copertura assicurativa e previdenziale del contraente o dell’assicurato. A tal fine i distributori, prima di far sottoscrivere una proposta o, qualora non prevista, un contratto di assicurazione, acquisiscono dal contraente le informazioni utili a valutare le sue richieste ed esigenze.

2. In particolare, ai fini di cui al comma 1, i distributori chiedono notizie sulle caratteristiche personali e sulle esigenze assicurative o previdenziali del contraente o dell’assicurato, che includono, ove pertinenti, specifici riferimenti all’età, allo stato di salute, all’attività lavorativa, al nucleo familiare, alla situazione finanziaria ed assicurativa e alle sue aspettative in relazione alla sottoscrizione del contratto, in termini di copertura e durata, anche tenendo conto di eventuali coperture assicurative già in essere, del tipo di rischio, delle caratteristiche e della complessità del contratto offerto.

3. Le imprese, per ciascun prodotto distribuito, impartiscono agli intermediari e ai dipendenti di cui si avvalgono per la distribuzione dei prodotti assicurativi, istruzioni idonee a guidare i medesimi nella fase precontrattuale di acquisizione dal contraente delle informazioni utili e pertinenti in relazione alla tipologia di contratto offerto

4. Sulla base delle informazioni raccolte, i distributori, tenuto conto della tipologia di contraente e della natura e complessità del prodotto offerto, forniscono al contraente medesimo, in forma chiara e comprensibile, informazioni oggettive sul prodotto, illustrandone le caratteristiche, la durata, i costi, i limiti della copertura ed ogni altro elemento utile a consentirgli di prendere una decisione informata.

5. Il rifiuto di fornire una o più delle informazioni di cui al comma 2 deve risultare da apposita dichiarazione, da allegare alla proposta o alla polizza, sottoscritta dal contraente e dal distributore, dalla quale risulta la specifica avvertenza che tale rifiuto pregiudica la capacità di individuare il contratto coerente con le richieste ed esigenze del contraente.

6. I distributori che ricevono proposte assicurative e previdenziali non coerenti con le richieste ed esigenze del contraente, lo informano di tale circostanza, specificandone i motivi e dandone evidenza in un’apposita dichiarazione, sottoscritta dal contraente e dal distributore.

7. In caso di collaborazione orizzontale, gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti dall’intermediario che entra in contatto con il contraente.

8. Dell’attività svolta sulla base del presente articolo i distributori conservano traccia documentale ai sensi dell’articolo 67.

9. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai distributori di prodotti assicurativi che operano nei grandi rischi qualora nei confronti dell’assicurato ricorrano le condizioni di cui all’articolo 1, comma 1, lettera r), del Codice”.

Ciò che se ne ricava è che:

  • Come anticipato, ogni prodotto assicurativo distribuito deve risultare coerente con le esigenze del contraente o dell’assicurato (la congiunzione “o” non è molto fortunata. Si immagina, si volesse utilizzare la “e” o fare, anche se non del tutto correttamente, alla figura dell’assicurato, quando diverso dal contraente);
  • Per giudicare della coerenza, i distributori devono raccogliere tutte le informazioni del caso “ove pertinenti” (logicamente rispetto al prodotto che stanno proponendo);
  • A questo punto viene descritto il prodotto considerato coerente;
  • Si illustra poi cosa accade nel caso di incoerenza o di mancata collaborazione del cliente a fornire le informazioni necessarie per la valutazione di coerenza;
  • Di tutta questa attività deve essere tenuta traccia documentale (cioè, se ne deve poter dar prova, alla bisogna).

Per esigenza di sintesi e per poter entrare immediatamente nel tema che ci occupa, possiamo utilmente ricordare come il distributore (compagnia o intermediario) che non adempia all’obbligo di verifica detto è soggetto a conseguenze amministrative e civilistico-risarcitorie (in caso di pregiudizio per l’utenza o terzi indirettamente tutelati dal contratto). A questo si aggiunge la massima giurisprudenza di nomofilachia (v. Cass. SS.UU., n.22437/2018, v. Punto 19.7 della sentenza che, sebbene dedicata al tema delle assicurazioni cc.dd. Claims made, pare porre un principio non trascurabile di possibile nullità parziale ai sensi dell’art. 1419, comma 2, del contratto concluso, con espunzione della parte contestata della polizza, non ben gestita in termini di “adeguatezza”, ma che resta valida per il resto post restyling del giudice).

Non entreremo nemmeno, se non incidentalmente, sul dibattito che circonda il doc. IVASS n. 2/2019, potenzialmente diretto a prevedere l’impossibilità di distribuire prodotti assicurativi non coerenti (o di cui non si può valutare la coerenza, stante il rifiuto del cliente di fornire le informazioni) con i rischi e le esigenze del contraente e dell’assicurato, a differenza di oggi dove tutto questo è possibile, a patto di informare il cliente e avere prova scritta (e sottoscritta da lui) di averlo fatto. Il tutto con particolari dubbi di tenuta in presenza di contratti sottoposti all’obbligo di contrarre, ad esempio RCA, dove difficilmente si potrà ammettere di poter derogare all’imposizione di legge per il sol fatto che il cliente non voglia rispondere alle nostre domande o lo faccia in termini tali da rappresentare un’esigenza assicurativa non del tutto allineata all’offerta.

Veniamo, quindi, all’oggetto di interesse: quale dovrebbe essere il processo corretto (o ragionevolmente tale) per la valutazione di “coerenza”.

A questo fine si ritiene utile, per un migliore esercizio, dover dar atto dell’evoluzione storica della materia e partire dall’art. 52 dell’abrogato Reg. ISVAP n. 5. L’articolo che mettiamo in parallelo con l’attuale regolamentazione, era rubricato "Adeguatezza dei contratti offerti" e disponeva quanto segue:

  • 1. Le imprese impartiscono istruzioni agli intermediari di cui si avvalgono affinché, in fase precontrattuale, acquisiscano dal contraente ogni informazione utile a valutare l’adeguatezza del contratto offerto in relazione alle esigenze assicurative e previdenziali di quest’ultimo, nonché, ove appropriato in relazione alla tipologia del contratto, alla propensione al rischio del contraente medesimo". Previsione simile all’attuale comma 3, art. 58 del Reg. IVASS n. 40;
  • 2. In ogni caso, gli intermediari sono tenuti a proporre o consigliare contratti adeguati in relazione alle esigenze di copertura assicurativa e previdenziale del contraente. A tal fine, prima di far sottoscrivere una proposta o, qualora non prevista, un contratto di assicurazione, acquisiscono dal contraente ogni informazione che ritengono utile in funzione delle caratteristiche e della complessità del contratto offerto, conservandone traccia documentale".
  • "3. Con riferimento ai contratti di assicurazione sulla vita, gli intermediari chiedono in particolare notizie sulle caratteristiche personali del contraente, con specifico riferimento all’età, all’attività lavorativa, al nucleo familiare, alla situazione finanziaria ed assicurativa, alla sua propensione al rischio e alle sue aspettative in relazione alla sottoscrizione del contratto, in termini di copertura, durata ed eventuali rischi finanziari connessi al contratto da concludere".
  • "4. Il rifiuto di fornire una o più delle informazioni richieste deve risultare da apposita dichiarazione, da allegare alla proposta, sottoscritta dal contraente, nella quale è inserita specifica avvertenza riguardo la circostanza che il rifiuto del contraente di fornire una o più delle informazioni pregiudica la capacità di individuare il contratto adeguato alle sue esigenze". 
  • 5. Gli intermediari che ricevono proposte assicurative e previdenziali non adeguate informano il contraente di tale circostanza, specificandone i motivi. Dell’informativa fornita, inclusi i motivi dell’inadeguatezza, è data evidenza in un’apposita dichiarazione, sottoscritta dal contraente e dall’intermediario”. Gli obblighi comportamentali in caso di mancata disponibilità del cliente a fornire le informazioni necessarie per il giudizio di coerenza o le azioni da compiere in caso di mancata coerenza sono uguali a quelli attuali, mentre l’impostazione generale sembra tutta pensata in funzione di una logica per cui la valutazione di “adeguatezza” di cui si discute debba essere svolta una volta individuato il prodotto da proporre (in questo senso si legga: “A tal fine, prima di far sottoscrivere una proposta o, qualora non prevista, un contratto di assicurazione, acquisiscono dal contraente ogni informazione che ritengono utile in funzione delle caratteristiche e della complessità del contratto offerto”).

Proprio su quest’ultimo aspetto si gioca la partita e per meglio chiarirsi è necessario dare atto di cosa avviene spesso nella prassi distributiva. Provando a sintetizzare per punti:

  1. Il cliente si rivolge al distributore individuando il prodotto di interesse;
  2. Il distributore e il cliente discutono della natura e costo del prodotto;
  3. Deciso di procedere all’acquisto, viene sottoposto al cliente un questionario che lo interroga sulla effettiva volontà di procedere alla stipula (del tipo, dopo averne discusso per quasi mezz’ora, “è interessato ad una polizza per danni al veicolo”? Con conseguente disappunto, ammesso che legga, da parte del cliente e precompilazione del modulo da parte del distributore o rifiuto a sottoporsi a questa inutile tortura).

Dove si vuole arrivare nel ragionamento?  Provare a ridare dignità al serio operare dei distributori e alla nobile necessità che si intermedino soluzioni effettivamente utili con le esigenze della clientela, anche al fine di superare sciocchi pregiudizi sull’inutilità dell’assicurarsi (“tanto non pagano, al tempo del bisogno”).

Procediamo con ordine. Salvo ipotesi particolari (ad esempio, collocamento di instant insurance o vendita di soluzioni assicurative abbinate a beni e servizi presso store dealer deputati alla distribuzione per integrazione della propria proposizione di vendita) si dovrebbe immaginare che l’agente o il broker (tanto più, il broker consulente del cliente) o la banca sia una struttura imprenditoriale idonea a rispondere a tutte (o, almeno, a buona parte) delle esigenze di rischio e bisogno del cliente. Se questo è, si devono chiarire attentamente i piani di gioco, facendosi sempre più spazio commerciale i cosiddetti questionari generali di demands & needs, dove si richiedono “vita, morte (quella no) e miracoli” del soggetto interessato a garantirsi per i propri rischi e bisogni. Questionari, si ripete, da considerarsi di per sé insidiosi, ove il distributore non sia in condizione di rispondere a tutte le esigenze, con confusione per il cliente che all’esito della dinamica distributiva possa dirsi convinto di avere risposto tramite la stipula tutti i bisogni oggetto di interrogazione.

In sostanza, basta un questionario generale sui bisogni a soddisfare l’obbligo di cui all’art. 58 del Reg. IVASS n. 40 (“hai una casa?”, “Un cane o un gatto?”, …). La risposta sembra essere negativa data la compenetrazione logica tra valutazione di coerenza e prodotto da presentare (si veda, come già commentato dalla migliore dottrina e amicizia, HAZAN, la locuzione “ove pertinenti” che, riferita alle informazioni da ricevere, non può che far riferimento al prodotto che si deve proporre; ma ancora, aggiungo, all’obbligo del comma 3 per le imprese di indicare le informazioni necessarie per la valutazione, in logica POG). 

Allora, di tutta evidenza, la valutazione di coerenza di interesse di legge deve avvenire in un momento successivo al mero censimento dei rischi e bisogni (generali) del cliente o, in assenza, alla manifestazione della volontà (astratta) del cliente di procedere alla stipula di una determinata polizza (ad esempio, “mi serve una copertura RCA”).

Condivisi, se condivisi, i termini dell’approccio al tema, la vera domanda è “viene prima la coerenza o la presentazione del prodotto”? (similmente a quanto si è usi a dibattere di uovo o gallina). Per portarla su un piano squisitamente operativo, faccio le domande prima o dopo la presentazione del prodotto?

La logica che ci sembra insita nell’art. 58 del Reg. IVASS n. 40, molto di più del vecchio art. 52 del Reg. ISVAP n. 5, sembra quella di: A. dover prima intercettare il bisogno del cliente (indipendentemente da come ciò avvenga); B. verificare se sussistano nel bouquet distributivo soluzioni utili per rispondere al bisogno; C. individuato o individuate le soluzioni di riferimento, richiedere al cliente le informazioni “pertinenti” per procedere alla distribuzione; D. presentare il prodotto e concludere la contrattazione.

Va da sé che le attività di cui alle lettere C e D, nella prassi, possono sovrapporsi in fatto, ma è da escludersi logicamente (prima ancora che operativamente) che le informazioni siano raccolte a presentazione fatta del prodotto. Come potrei mai dimostrare, se non per meri fini di vetrina, di aver presentato al cliente un prodotto coerente con i suoi rischi e bisogni, se non li conosco nemmeno? E, così, forse è il tempo di un franco ripensamento di questionari di “adeguatezza” che arrivino all’esito della distribuzione e che in molti casi risultano precompilati o non compilati affatto (sulla falsa rappresentazione della non volontà del cliente di fornire le proprie informazioni).

Se, quindi, la raccolta delle informazioni deve avvenire prima o almeno in parallelo alla presentazione del prodotto (pena rendere il censimento di dati una mera ricognizione di quanto si è detto in una fase precedente), la seconda questione attiene alla modalità di raccolta di queste informazioni, molto spesso svolta tramite veri e propri (equivoci) questionari. Non è infrequente imbattersi in domande del tipo: “È interessato a una polizza con franchigia?”; “È interessato a una polizza per rischi patrimoniali?”. Premessa la difficoltà logica di immaginare una copertura assicurativa che non finisca nei fatti per sollevare l’assicurato dal bisogno, anche patrimoniale, siamo sicuri che le domande non siano esse stesse fonte di incertezza e dubbio?

Sta al distributore di raccogliere le informazioni utili, senza necessariamente ricorrere a questionari, e questa pare poi la dinamica tipica della distribuzione, essendo difficile (sebbene la norma lo consenta e domani non vorrebbe più farlo) immaginare la proposizione di un prodotto nel totale silenzio del cliente. Il caso del rifiuto di fornire informazioni sembra quindi più riferibile a ipotesi in cui il cliente stesso decida di non rispondere a qualche richiesta del distributore. Tornando al pratico, il distributore dovrebbe semplicemente essere in condizione di aver raccolto le informazioni utili alla valutazione di coerenza, magari rappresentandole per riassunto al cliente prima della stipula per conferma della loro veridicità e per rappresentargli che sulla base delle stesse si è giudicata la coerenza tra prodotto ed esigenza assicurativa. Ciò senza duplicare, tramite questionari (spesso, si ripete equivoci), quanto si è già fatto in sede di presentazione del prodotto e sua distribuzione. 

Queste considerazioni, apparentemente banali, si scontrano invece con dinamiche distributive “barocche”, spesso aggirate nei fatti (tramite precompilazioni o falsi rifiuti a rispondere), fondate sulla ingiustificabile convinzione che far qualcosa di più aiuti a evitare future contestazioni. Se il prodotto è inadeguato, lo è e lo rimane, e non sarà certo una domanda (del tipo “è interessato a una polizza claims made?”) di per sé a risolvere e confermare di aver svolto un buon lavoro in fase di distribuzione.

È il tempo forse del ripensamento del “questionario”, in termini del “se prevederlo” o, in caso affermativo, dove collocarlo lungo il processo distributivo.

Esistono, poi, se ne è fatto cenno, settori in cui la stessa valutazione di “coerenza” risulta persino incoerente e ingiustificata. Riprendendo il dettato dell’allora ISVAP in materia, negli esiti della pubblica consultazione del suo Reg. 5, si poteva leggere: “… in caso di estrema semplicità della copertura e della sua obbligatorietà per legge, è rimessa alla valutazione dell’intermediario la scelta di non acquisire alcuna informazione, ritenendo il contratto di per sé adeguato”.

Si pensi al settore della instant insurance, volta a rispondere in modo circostanziato e chiaro a un’esigenza (per definizione) prossima e che richiede una rapida stipula, ma ancora a settori – quali quelle delle polizze collettive – dove spesso le soluzioni offerte non rispondono tanto a una proposta commerciale della compagnia, ma alle esigenze manifestate da un determinato contraente nell’interesse della coorte presente o potenziale di assicurati (il pensiero va ai fondi sanitari, dove l’utilizzo dello strumento assicurativo si presta spesso a replicare -  con i dubbi del caso sulla natura di queste polizze, anche a fini amministrativi e fiscali - i piani sanitari offerti dai diversi attori non profit della sanità integrativa). In questi casi, e logicamente consimili, la proposta della compagnia è evidentemente strutturata sulle esigenze della controparte contrattuale, secondo logiche tailor made, e un questionario di coerenza parrebbe persino negare l’effettiva natura dell’operazione, non finalizzata a logiche commerciali, ma di garanzia secondo le finalità originarie dell’art. 1891 c.c. Così, ben coscienti del dettato dell’art. 66, comma 1, del Reg. IVASS n. 40, in materia di polizze collettive, si deve ritenere che in alcuni ambiti la valutazione di coerenza anche verso gli aderenti sia stata svolta a monte, proprio per la natura della polizza di cui si discute. Ragionamenti non dissimili valgono per quelle coperture nate per essere accessorie a beni e servizi, soi disant adeguate per gli acquirenti del prodotto principale, salvo (forse, ammesso che possa avvenire) per ipotesi in cui il cliente abbia già altre coperture per il medesimo rischio ex art. 1910 c.c., con insorgenza altrimenti di fenomeni di coassicurazione indiretta.

Il recepimento, oramai datato, della direttiva IDD e la necessità di un nuovo modo di intendere l’assicurazione (anche ai fini della sua consapevole diffusione) non può quindi che passare per il superamento di logiche più “burocratiche” che finalisticamente orientate alla tutela del cliente. Il modello distributivo e la revisione dei questionari di “coerenza” rientrano a pieno titolo in questo esercizio.

Alessandro Bugli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Studio Legale Taurini&Hazan

25/11/2019 

 
 
 

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