Gli investimenti delle compagnie di assicurazione nel 2018

Il valore degli investimenti assicurativi ha sfiorato lo scorso anno i 700 miliardi di euro: i principali trend del settore e l'impatto delle recenti modifiche al Regolamento delegato Solvency II

Edoardo Marullo Reedtz

Il valore di mercato degli investimenti effettuati dalle imprese di assicurazione italiane il cui rischio è sopportato dalle compagnie stesse ha sfiorato i 700 miliardi di euro alla fine del 2018. La composizione degli investimenti riflette l’esigenza di allineare rendimenti e durata delle attività a quelle delle passività, fra le quali prevalgono le polizze a medio e a lungo termine, spesso recanti rendimenti minimi garantiti. 

È di conseguenza ampia, nel portafoglio delle imprese di assicurazione, la quota dei titoli a reddito fisso: dei 700 miliardi a cui si è fatto riferimento, oltre il 70% è allocato in titoli obbligazionari, quasi i tre quarti rappresentati da titoli di Stato, soprattutto italiani, aventi una duration media stabile nel tempo e pari, in media, a 7 anni. Tensioni sul debito sovrano italiano tendono dunque a riflettersi sul valore di mercato complessivo degli attivi delle compagnie e comportano, tra l’altro, flessioni degli indici di solvibilità. Ad esempio, nei primi nove mesi del 2018, la variazione netta del valore di mercato del portafoglio di titoli di Stato è risultata in flessione di 22 miliardi di euro, 15 dei quali dovuti all’andamento dello spread.

La concentrazione del portafoglio sui titoli di Stato nazionali, sebbene in diminuzione da tre anni a questa parte, appare ancora superiore a quella degli altri Paesi europei, considerato che, nel 2017, la loro quota era mediamente pari a circa il 30% presso le imprese di assicurazione europee. Solo in Spagna si osservava una quota di investimenti simile, anzi lievemente superiore a quella riscontrata in Italia; le analoghe quote si commisuravano al 17%, 19% e 32% rispettivamente per le compagnie tedesche, inglesi e francesi.

Al fine di contrastare i tassi bassi che hanno caratterizzato gli ultimi anni e ridurre l’esposizione al rischio sovrano, negli anni recenti le imprese di assicurazione hanno avviato un processo di diversificazione degli investimenti, accrescendo, in particolare, il peso di quelli in titoli emessi da società non finanziarie e delle quote di fondi comuni. 

Alla fine del 2018 le obbligazioni societarie, con duration mediamente pari a 5 anni, rappresentavano il 20% degli investimenti complessivi: su un importo complessivo di 140 miliardi, il 77% erano obbligazioni semplici e il 12% subordinate. Gran parte degli investimenti in obbligazioni societarie riguardavano imprese estere e imprese con elevato merito di credito (il 79% recavano rating pari o superiore a BBB). Le quote dei fondi comuni di investimento hanno raggiunto il 12% degli investimenti complessivi: si tratta, tra l’altro, per il 35% di fondi di debito, per il 10% fondi azionari, per il 18% di fondi di asset allocation e per il 15% di fondi immobiliari. Gli investimenti azionari si sono invece commisurati, alla fine dello scorso anno, a 95 miliardi, pari al 13% del portafoglio complessivo: si trattava per il 90% di quote detenute in società partecipate e per il 10% di azioni dirette quotate e non quotate.

Gli investimenti effettuati dalle imprese di assicurazione a fronte dell’emissione di polizze linked, il cui rischio viene sopportato dal sottoscrittore, erano complessivamente pari a circa 150 miliardi alla fine del 2018. Di questi, più dell’80% era costituito da quote di fondi comuni (38% azionari; 36% obbligazionari; 11% fondi di asset allocation).

Una forma di investimento di recente sviluppo è costituita da quelli infrastrutturali: il loro ammontare nei portafogli delle imprese di assicurazione si colloca sui 7 miliardi di euro, 3 dei quali relativi a emittenti italiani. Le principali forme tramite cui gli assicuratori hanno investito in tale asset class sono state le obbligazioni societarie semplici (40%), i fondi di investimento infrastrutturali (30%, quota raddoppiata rispetto al 2017), le obbligazioni societarie ibride (11%).

Nonostante gli investimenti in questo comparto siano ancora nell’ordine dell’1% del portafoglio delle compagnie, le recenti modifiche al Regolamento delegato Solvency II sembrano aver sortito effetti positivi: da un lato, hanno consolidato l’interesse verso l’asset class infrastrutturale, dall’altro, hanno contribuito a stimolare la preferenza delle compagnie per gli investimenti infrastrutturali caratterizzati da flussi di cassa e framework contrattuali più sicuri. Sebbene per ammontari ancor esigui, si assiste a flussi crescenti di investimenti che consentono di cogliere le opportunità offerte dal nuovo quadro regolamentare, la cui consistenza è passata da 400 milioni a 1,5 miliardi di euro nel corso del 2018.

Per quanto riguarda il mercato italiano, ANIA e le sue associate hanno avviato un’iniziativa volta alla strutturazione di una soluzione di investimento consortile, che abbia come scopo l’investimento in progetti infrastrutturali a carattere nazionale.

Edoardo Marullo Reedtz, Responsabile Studi Finanziari ANIA

6/6/2019 

 
 

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