Il Registro degli intermediari assicurativi: struttura, pregi e (registrate) criticità

La sottopartizione del Registro intermediari è ancora attuale o può essere superata? Agente e broker sono soggetti ben diversi tra loro per tradizione normativa, operatività e spesso anche mercati di riferimento, ma diventa legittimo domandarsi se la distinzione debba riguardare i soli istituti del diritto civile e dell'ingaggio con il cliente o anche la registrazione amministrativa 

Alessandro Bugli

Secondo la normativa europea e italiana, gli intermediari assicurativi – per poter operare e salvo eccezioni (si veda art. 107, comma 4, del Codice delle Assicurazioni, CAP) – devono essere iscritti in apposito registro (RUI) tenuto presso l’autorità di vigilanza (in Italia, IVASS). Trattasi quindi di attività riservata che non può essere svolta senza le autorizzazioni del caso, pena le conseguenze di legge (amministrative e penali).

Il registro italiano si caratterizza per una capillare distinzione in singole sezioni: 

  • Sez. A: Agenti, coloro che operano su mandato di Compagnie di assicurazione;
  • Sez. B: Broker, i consulenti che operano nel pieno ed esclusivo interesse del cliente, senza poteri di rappresentanza di Compagnie;
  • Sez. C: i Produttori diretti che operano nel solo settore vita e infortuni e malattia;
  • Sez. D: dedicata a banche, poste e operatori del mercato finanziario;
  • Sez. E: l’insieme degli addetti, persone fisiche o giuridiche, operanti fuori dai locali e per conto degli iscritti in sez. A, B, D e F;
  • Sottosezione E (a titolo accessorio): similmente alle sez. E ordinarie, sono addetti di altri intermediari principali che operino fuori ai locali degli stessi, ma svolgano l’attività distributiva solo a titolo accessorio rispetto ad altra attività principale; 
  • Sez. F: intermediari a titolo accessorio che operano direttamente per conto di Compagnie di Assicurazione.

Non volendo appartenere ai commentatori l’ambizione di entrare nelle scelte di politica normativa, delegata al legislatore e alle autorità regolatorie, ci limitiamo qui a segnalare pregi e criticità di questo modello.

Fino al 2018 (anno di recepimento della direttiva IDD, 2016/97/UE), le sezioni andavano dalla A alla E, senza quindi le due ulteriori caselle per gli intermediari a titolo accessorio operanti in contatto diretto con le Compagnie (F) e i collaboratori “a titolo accessorio” di altri intermediari (sottosezione alla E ordinaria). Oggi si è raggiunto il traguardo delle 7 sezioni e sottosezioni. Con un grado di sofisticazione che spesso rende difficile per gli imprenditori e professionisti il potere orientarsi e determinare le proprie scelte.

La normativa europea sembra fondarsi su un’impostazione di segno diverso: i distributori (intendendosi per tali, Compagnie e intermediari) devono essere sottoposti a un set minimo di regole a tutela dell’utenza, senza distinzione alcuna o di sorta. Si veda in questo senso:

  • Il considerando n. 5 della direttiva IDD per cui: “I prodotti assicurativi possono essere distribuiti da distinte categorie di soggetti o enti, quali agenti, mediatori e operatori di «bancassicurazione», imprese di assicurazione, agenzie di viaggio e autonoleggi. La parità di trattamento tra gli operatori e la tutela dei consumatori esigono che la presente direttiva SI APPLICHI a ciascuna di queste categorie”
     
  • Il considerando n. 6 per cui: “I consumatori dovrebbero beneficiare dello stesso livello di tutela nonostante le differenze esistenti tra i canali di distribuzione. Per garantire che si applichi lo stesso livello di tutela e che il consumatore possa beneficiare di norme comparabili, in particolare per quanto riguarda la comunicazione di informazioni, è essenziale creare condizioni di parità tra i distributori”
     
  • Il considerando n. 8 per cui: “Al fine di garantire ai clienti lo stesso livello di tutela indipendentemente dal canale attraverso il quale acquistano un prodotto assicurativo, direttamente da un’impresa di assicurazione o indirettamente tramite un intermediario, è necessario che l’ambito di applicazione della presente direttiva si estenda non soltanto alle imprese di assicurazione o agli intermediari assicurativi, ma anche ad altri partecipanti al mercato che vendono prodotti assicurativi a titolo accessorio, ad esempio agenzie di viaggio e autonoleggi, a meno che non soddisfino le condizioni di esenzione”.

Così, sebbene esista anche nella mente del legislatore europeo una sorta di tassonomia dei diversi distributori, l’esito dovrebbe essere sempre quello di garantire l’applicazione delle tutele di legge verso l’utenza, sia che l’intermediario operi per conto della Compagnia o su incarico del cliente sia che l’intermediario svolga la distribuzione in modo esclusivo o lo faccia “a titolo accessorio” all’interno di una più ampia e diversa attività di impresa.

 

La domanda è, quindi, la sottopartizione del registro intermediari è ancora attuale o può essere superata?

Partiamo dai pregi dell’attuale modello. L’attuale struttura ha certamente il merito di “targare” i singoli intermediari: agenti, broker, banche e assimilati e canali operanti nella distribuzione a titolo accessorio. Così, almeno a livello di forma, attraverso la lettura degli allegati di legge (3, 4, 4 – bis e 4 ter del Regolamento 40 IVASS) si può agilmente sapere se il distributore con cui si sta trattando sia una Compagnia oppure un suo mandatario/incaricato ovvero un intermediario che operi nell’esclusivo interesse del cliente. Il modello risulta talmente severo e blindato da arrivare a vietare (si veda l’art. 109 del Codice delle assicurazioni, CAP) la plurima iscrizione in più sezioni e l’operatività in concreto come se si fosse iscritti in altra sezione rispetto a quella di appartenenza. Per semplificare, non è dato di essere broker e agenti, non solo con riguardo al singolo contratto distribuito, ma in termini generali. Se sei agente non potrai mai rivestire per nessuna intermediazione la veste di broker e viceversa. Questa regola è altresì utile per l’allineamento con materie diverse (ad esempio, l’intermediazione del credito). Se l’agente in attività finanziaria può svolgere – in termini di compatibilità – l’agenzia assicurativa e il mediatore del credito quella di brokeraggio, l’operatività per sezioni si rende utile a questo fine. 

Sperando di non avere omesso altri pregi degni di menzione, il sistema – così architettato – sconta delle criticità note e conosce dei punti di caduta dovuti  alle novelle normative date dalle lenzuolate Bersani sino alla decretazione del 2012 (Cresci Italia, Sviluppo bis, …), e tutto ciò che ne è seguito. Proviamo a elencarne alcune:

1. Il plurimandato nel danni. Tema di grande conquista per le reti agenziali (sez. A), il plurimandato per prodotti dello stesso ramo e riferiti allo stesso target ha messo in crisi la definizione ordinaria di agenzia ex art. 1742 c.c. Se tradizionalmente l’agente è colui che ha l’obbligo di proporre la stipula di contratti per conto del proponente, difficilmente potrà farlo per conto di più mandanti contestualmente, salvo tramutarsi in un comparatore. Il fatto che l’agente possa (anzi debba, ex art. 55 del Reg. 40 IVASS) orientare la scelta del cliente e operare nel suo massimo interesse, lascia avvicinare – in termini sostanziali e non formali e con estrema forza - il ruolo dell’agente plurimandatario a quello del broker e viceversa. Non a caso, accade che alcuni agenti richiedano al cliente il riconoscimento di un compenso (la cosiddetta fattura di consulenza, per l’attività prestata nel suo interesse, non diversamente da quanto fa o potrebbe fare il consulente brokeristico del cliente).  A questo si aggiunge la sofisticazione degli accordi di collaborazione broker – Compagnie che divengono molto simili nella portata agli accordi di agenzia (normalmente sottoposti, per richiamo, all’Accordo nazionale agenti del 2003) o la stipula di incarichi tra Compagnie e iscritti in sez. A del RUI molto prossime a contratti di mediazione/procacciamento e non di agenzia. E così, nella sostanza, non è sempre facile distinguere l’operato di alcuni broker da agenti plurimandatari e viceversa.

2. L’obbligo citato di best interest verso la clientela, che impone di operare nel suo esclusivo interesse, anche quando si sia emissari di una Compagnia. Il fatto, quindi, che l’incarico distributivo arrivi dal cliente o dalla Compagnia, poco cambia in termini di set minimo di regole applicabili. 

3. Le collaborazioni orizzontali ex art. 42 del Reg. 40 IVASS e art. 22 del Decreto Sviluppo bis, per cui non si può vietare a un intermediario (sez. A, B, D o intermediario europeo) di operare in sinergia con altri intermediari. Se, per esempio, un agente può collaborare con un broker, allora l’operatività dell’agente, per quel singolo affare diventa – per proprietà transitiva – di mediazione e non di agenzia. A questo si aggiunge l’importante fenomeno di agenti e broker che collaborano con realtà distributive dell’online e che divengono nei fatti assistenti fisici per “servizi di comparazione” (soprattutto nel mondo della RCA). 

4. Lo sviluppo dilagante delle cosiddette MGA (agenti o broker) che, di fatto, forse in contrasto con la disciplina del regime di stabilimento, operano come se fossero vere e proprie compagnie sul territorio italiano su incarico di imprese assicurative autorizzate ad operarvi in libera prestazione di servizi (e, quindi, non in stabilimento). Qui, in alcuni casi, agenti o broker che siano, le MGA divengono veri e propri uffici di rappresentanza commerciale delle imprese estere, senza distinzioni di operato, sia che riposino in sez. A o B. 

5. La scarsa attenzione agli intermediari che hanno normalmente il vero e proprio contatto con il cliente, le sez. E del RUI. Queste possono operare contestualmente per più agenti, broker, banche e altro. La loro attività è, quindi, spesso svolta – almeno nella fase di screening delle esigenze del cliente – non per conto di uno specifico intermediario principale, ma in proprio, sebbene la legge sembrerebbe equipararlo a un esecutore che operi sempre sotto la piena responsabilità oggettiva dell’agente, broker, banca o altro di riferimento. Ma, come detto, così sempre non è, dovendo la sezione E analizzare, in primis, le esigenze del cliente e solo dopo capire quali degli eventuali canali distributivi a disposizione utilizzare per soddisfarle: quali prodotti di quale agente preponente proporre, se eventualmente agire come sub broker e così andare. Anche qui, in alcuni casi (con tutti i dubbi di conformità del caso) si registrano condotte intese a valorizzare questa attività preventiva alla vera e propria distribuzione di singoli prodotti (in termini di assistenza/consulenza), con richieste di riconoscimenti di compensi da parte del cliente. 

6. Lo sviluppo dei cosiddetti canali alternativi. Banche e contraenti collettivi (ex art. 3.3 del Reg. 40 IVASS). Sono da equipararsi ad alter ego di agenti oppure dei broker? I contraenti collettivi con compenso, chiamati all’iscrizione al RUI, ma qual è la loro sezione di riferimento?

7. La terra di mezzo degli intermediari UE operanti in Italia in stabilimento o LPS. Questi non sono né agenti né broker né altro, potendo agire, in assenza di limiti espressi, come mandatari di Compagnia o come consulenti del cliente.

8. Gli intermediari “a titolo accessorio” la cui differenza rispetto alle sezioni A, B, D o E (ordinaria) non è affatto chiara né netta, con i dubbi del caso su chi sia da considerarsi intermediario professionale esclusivo e chi a titolo complementare rispetto ad altra attività di produzione di beni o prestazioni di servizi non assicurativi.

9. Alcuni dei contenuti della documentazione di presentazione dell’intermediario (allegati al Reg. 40 già richiamati in precedenza) potrebbero risultare una superfetazione di quanto già dovrebbe essere insito nella natura dell’intermediario, a seconda della sezione di iscrizione. Per esemplificare, se l’intermediario è un broker, è chiaro che questo non potrà agire quale soggetto vincolato contrattuale a proporre in esclusiva i prodotti di una o più Compagnie; così, perché ribadirlo in sede di allegato di presentazione? Certamente per allinearsi alla direttiva IDD. Ma se già il sistema a sezioni limita l’operatività dell’intermediario in un senso o nell’altro, le ipotesi sono due: i) il sistema europeo già ritiene superato il modello a sezioni, consentendo ad ogni intermediario di agire quale agente o quale broker a seconda del singolo affare da trattare, ferma la trasparenza verso il cliente; ii) l’informazione è semplicemente un parziale rinforzo di quanto già è insito nell’operatività dell’intermediario a seconda della sezione di iscrizione.

Questi sono alcuni dei dubbi che ogni giorni toccano consulenti e operatori e che – al pari di quanto avvenuto in sede di (si presume) abbandonata creazione dell’allora organismo di vigilanza sugli intermediari ORIA e in attesa della nascita di quello richiamato dal recepimento della direttiva IDD – imporrebbe un ragionamento sul modello distributivo di atterraggio, in termini ampi e generali.

A chi scrive è ben chiaro come sia l’agente che il broker siano soggetti ben diversi tra loro, per tradizione normativa, per operatività e spesso anche per mercati di riferimento, ma il punto da cui partire è (forse): la distinzione deve riguardare gli istituti del diritto civile e dell’ingaggio con il cliente o anche la registrazione amministrativa? Prova a dirla meglio: si può immaginare di superare le sezioni e lasciare all’intermediario (registrato genericamente) di chiarire per singola attività verso il cliente se agisca quale agente o quale broker? La risposta allo stato sembra negativa e pure in linea con le principali esperienze europee e con quanto avviene nei mercati finanziari e nell’intermediazione del credito. Ma, in vista della manutenzione della direttiva IDD, qualche precisazione in sede europea e nazionale è certamente auspicabile, per aiutare gli operatori.

Alessandro Bugli, Socio Studio legale associato THMR 
e Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali
 
26/7/2021
 

 

 
 
 

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