Abbiamo perso l'occasione di investire sul futuro

Tra i Paesi occidentali, è italiano il più basso rapporto tra spesa pro capite per l’istruzione e per interessi sul debito. Mentre la BCE spingeva per stimolare la crescita, i governi tricolori si sono lasciati sfuggire l’opportunità di ridurre il debito

Giulia Cazzaniga

Guardate il cerchio rosso nel grafico qui sotto. Eccoci lì, noi italiani, con due cifre molto simili. Sono in dollari. Il primo numero corrisponde a circa 1293 euro ed è la spesa pubblica pro capite in istruzione pubblica. I 1268 euro circa sono invece quanto ha speso lo Stato italiano in interessi sul debito.

Spesa pubblica in interessi sul debito e in educazione

Ora date un’occhiata al periodo di riferimento di quest’analisi: 2015-2017. Coincide con l’avvio del programma Quantitative Easing della Banca Centrale Europea. Un piano di politica monetaria espansiva, per stimolare la crescita economica. Ci ha consentito di risparmiare sugli interessi per finanziare il debito pubblico: 35 miliardi in meno, secondo le stime del ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria. 

Torniamo a guardare il grafico sopra. Negli stessi anni che è successo negli altri Paesi? Hanno cifre diverse, spesso molto diverse tra loro. La Germania, ad esempio, ha speso per ciascun cittadino per l’istruzione cinque volte quanto ha sborsato per gli interessi sul debito. La Francia tre volte tanto. Il Regno Unito circa il doppio. La Grecia - persino la Grecia - si avvicina a una volta e mezzo.

L’idea di mettere in relazione le due grandezze è di “Italia Dati alla Mano”, il progetto curato da Claudio Baccianti, economista che oggi lavora alla BCE a Francoforte. Ha raggruppato il grafico sotto un titolo efficace, nel suo sito internet: Investimenti nel futuro. E i governi italiani tra il 2015 e il 2017 sembrano aver deciso che sul futuro dei giovani non vale la pena spendere più di tanto. Siamo l’unico tra i Paesi analizzati che ha speso tanto in interessi sul debito quanto in istruzione pubblica in termini pro capite.

Nonostante il risparmio sulla spesa per interessi ottenuto grazie al Quantitative Easing, non solo non abbiamo però spinto sugli investimenti del futuro, ma non abbiamo nemmeno ridotto il debito né contenuto il deficit. Come mostra la tabella elaborata da Itinerari Previdenziali (fonte, Servizio Studi del Parlamento) qui sotto.

Nel triennio di riferimento il debito è aumentato di oltre 215 miliardi, toccando il suo massimo a luglio 2017 con 2.308 miliardi per poi scendere a 2.256 nel dicembre 2017. A gennaio 2018 era già risalito a 2.280 miliardi. Gli interessi sul debito sono calati nel triennio, come mostra la tabella. 

Come ha riferito al Senato Tria, abbiamo però assistito in questi ultimi anni a un continuo aumento della spesa corrente. Itinerari previdenziali calcola che la spesa per assistenza a carico della fiscalità generale è passata dagli 89 miliardi del 2012 ai 110 del 2017: ben 21 miliardi di spesa strutturale in più all’anno, con un incremento annuo del 5,3%. Nel 2015 la spesa sociale è stata di 103,6 miliardi di euro, nel 2016 di 107,3, nel 2017 di 112 miliardi. Anche grazie alla corsa di queste cifre, pareggio di bilancio strutturale, ha poi visto una serie di slittamenti. 

Pareggio di bilancio ultimi 5 anni - Itinerari Previdenziali

Senza avere un reale controllo della spesa assistenziale, il grafico di Italia dati alla mano dimostra come invece abbiamo negato l’importanza di investire sull’educazione del Paese. Lo stesso Paese i cui abitanti spendono 96 miliardi l’anno in giochi d’azzardo, altri 8 in maghi e cartomanti per esempio. Che avrebbe quindi bisogno di interventi in favore dell’educazione, a fronte di una povertà educativa e sociale che alimenta la povertà economica. E pesa sui conti.

Gli esempi sono molteplici, ne facciamo uno su tutti: l’Italia spende per le malattie croniche 113 miliardi. L’Organizzazione mondiale della sanità dice che il 50% di queste malattie dipendono da potrà educativa, salutistica, alimentare e sociali. Potremmo ridurre la spesa in Sanità di più di 35 miliardi. 

La cultura è però oggi la grande assente del dibattito politico. Non investiamo in ricercatori, li lasciamo scappare all’estero. Un recente progetto di legge punta a rendere obbligatorio l’insegnamento dell’educazione civica a scuola. Bene. Sembra però, come confermato dalla Legge di Bilancio per il 2019, che l’alternanza scuola-lavoro verrà ridimensionata: quale strada efficace troveremo per ridurre i livelli record di dispersione scolastica? Vale la pena investire sul futuro dei ragazzi?

Giulia Cazzaniga

23/12/2018

 
 

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