Economia e ambiente, numeri e ragioni di una lettura integrata

Oltre a rispondere alla crescente domanda di informazione in questo campo, la contabilità ambientale offre dati indispensabili per valutare la relazione tra economia e ambiente e, di riflesso, la validità delle misure intraprese a favore della sostenibilità ecologica del progresso socio-economico: cosa emerge dall'ultima pubblicazione Istat sul tema

Giovanni Gazzoli

Lo scorso 18 giugno l’Istat ha pubblicato un ebook dedicato alla contabilità ambientale, dal titolo “Economia e ambiente. Una lettura integrata”. Il corposo volume sistematizza la grande mole di dati sviluppati alla luce delle metodologie definite in ambito internazionale ed europeo, rispondendo peraltro a una grande domanda d’informazione in materia ambientale, nonché alla necessità di metriche condivise che ne valutino lo sviluppo.Un percorso originato nel 2007, quando - in occasione della conferenza internazionale Beyond GDP - diversi esperti e policy maker ribadirono la volontà di sviluppare sistemi metrici che potessero integrare e arricchire il mero dato del PIL, così da permettere valutazioni e decisioni politiche (e non solo) più aderenti alle necessità e ai bisogni dei sistemi da esse dipendenti. Pertanto, la Commissione delle Comunità Europee puntò proprio sulla contabilità economica ambientale per venire incontro a questo orientamento.

Del resto, come spiegato nel documento dell’Istituto, tale contabilità permette di descrivere la relazione intercorrente tra sfera ambientale e sfera economica, ovviando a "ragionamenti per compartimenti stagni" che spesso non prendono in considerazione l’una o l’altra parte ed evitando che decisioni prese sulla base di dati parziali, per risolvere un dato problema, ne creino indirettamente un altro. Infatti, “l’interazione tra economia e natura costituisce lo snodo fondamentale della più grande sfida che l’umanità si sia mai trovata di fronte: quella di mantenere condizioni dell’ecosfera favorevoli all’evoluzione della specie […]: un problema di equilibrio complessivo del sistema mondo, e innanzitutto tra i sottosistemi umano e naturale.

Come viene costruita questa contabilità? Il punto di partenza è la visione del sistema umano come un di cui di quello naturale, e di entrambi come parti di una dimensione fisica, governata pertanto da stock e da flussi di materia ed energia. L’interazione tra questi due sistemi è dunque misurata statisticamente in termini fisici, in coerenza con i conti economici nazionali: “tale approccio costituisce la peculiarità dei conti ambientali e li differenzia dalle alle altre fonti di dati sull’energia. Disporre di dati articolati […], consente di sviluppare analisi che incrociano i due piani”. 

La conseguenza, di grande importanza, è la concretezza delle analisi che ne possono conseguire: la sostenibilità non rimane un concetto astratto, ma si può valutare la fattibilità delle politiche volte a perseguirla, anche se, specifica l’Istituto, tali dati non possono sostituire a livello di policy making una competenza e un’informazione ben più dettagliate di quelle riportate nel documento, che diventano pertanto utili soprattutto a livello di monitoraggio dello spazio di manovra per gli attori economici e sociali preposti.

Un esempio pratico di quanto esposto è contenuto nel capitolo 5, destinato ai beni e servizi ambientali. Qui vengono analizzati i beni e servizi utili a prevenire il danno ambientale e a gestire le risorse naturali, nel caso si stia parlando in particolare di flussi monetari, nonché i flussi fisici di risorse che intercorrono tra la sfera ambientale e la sfera delle attività umane. L’obiettivo di questa analisi è valutare la risposta della società agli effetti negativi dell’impatto delle sue attività sull’ambiente, e in particolare “quanta parte del valore dei beni e servizi che il sistema produce ha come finalità principale la protezione dell’ambiente (prevenzione, riduzione o eliminazione dell’inquinamento e di ogni altra forma di degrado dell’ambiente naturale) o la gestione delle risorse naturali (conservazione, mantenimento e incremento degli stock di risorse naturali e la loro salvaguardia dall’esaurimento)”: questo viene definito conto delle ecoindustrie, a prescindere dal soggetto che produce i suddetti beni e servizi (quindi non solo, come potrebbe suggerire il nome, di natura industriale).

Ebbene, in Italia, tra il 2014 e il 2018, la produzione di beni e servizi ambientali è passata da 72,7 miliardi a 80,4 miliardi, con un incremento del 10,6%. Il valore aggiunto ha toccato i 33,1 miliardi di euro, con un aumento del 7,2%. Inoltre, si scopre che il settore dei beni e servizi ambientali ha contribuito nel 2018 al 2,1% del valore aggiunto complessivo dell’economia italiana.

Figura 1 - Valore aggiunto di beni e servizi ambientali

Figura 1 - Valore aggiunto di beni e servizi ambientali

Fonte: Istat

Ma quanto ha speso l’Italia per proteggere l’ambiente? Nel 2018, oltre 32 miliardi di euro, ossia l’1,84% del PIL. Di questi, circa 16 miliardi solo per “prevenire la produzione di rifiuti pericolosi e non-pericolosi e ridurne gli effetti nocivi sull’ambiente attraverso la raccolta, il trattamento, lo smaltimento”.

Figura 2 - Spesa per la protezione ambientale

Figura 2 - Spesa per la protezione ambientale

Fonte: Istat

Un altro frangente di grande utilità di queste misurazioni riguarda la valutazione della necessità e dell’adeguatezza di un sistema di tassazione che tenga sempre di più in conto i fattori di sostenibilità. Infatti, come rileva l’Istituto, “le preoccupazioni per le crescenti pressioni ambientali stanno spingendo sempre più i decisori politici a ricercare soluzioni che possano portare a cambiamenti comportamentali in tutti i settori al minor costo possibile. Tra gli strumenti economici in grado di scoraggiare comportamenti potenzialmente dannosi, fornire incentivi per ridurre l’onere per l’ambiente e preservarlo fissando i prezzi giusti, rafforzare il principio chi inquina paga (polluter pays principle) e raggiungere gli obiettivi di politica ambientale, rientrano le imposte ambientali”.

In Italia, nel 2019, le imposte ambientali sono state stimate in 58,6 miliardi di euro, per un peso sul totale delle imposte del 7,9%. In particolare, il 54% di queste era a carico delle famiglie, dato in aumento di 6 punti percentuali rispetto al 2008.

Figura 3 - Imposte ambientali 

Figura 3 - Imposte ambientali

Fonte: Istat

In definitiva, la lettura del documento fornisce una seri di strumenti per costruire un giudizio nel merito del tema della tutela dell’ambiente a tutti i livelli, da quello economico, a quello fiscale e giuridico. Strumenti che sicuramente aiuterebbero a cancellare gli elementi ideologici che spesso condizionano i dibattiti in materia.

Giovanni Gazzoli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

5/7/2021

 
 
 

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