Investire nella Silver Economy è ESG

Se lo sguardo al futuro è caratteristica pregnante dello sviluppo sostenibile, l'attenzione agli anziani ne è una declinazione centrale: per questo è importante la Silver Economy, per la sua capacità di trasformare una fetta di popolazione da peso per la collettività - quale oggi è spesso avvertita - a risorsa per le generazioni future 

Giovanni Gazzoli

In un’intervista al Messaggero del 27 febbraio scorso, Enrico Giovannini, già Presidente dell’Istat e Ministro del Lavoro nel Governo Letta e attualmente portavoce di ASviS (Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile), offriva ai lettori una riflessione particolarmente interessante: “La finanza responsabile e sostenibile, che orienta i propri investimenti seguendo i criteri ESG, è solo una parte della più grande area della finanza per lo sviluppo sostenibile, cioè di quella parte del sistema finanziario che sceglie comunque, indipendentemente dai criteri ESG, di favorire iniziative più sostenibili, come l’economia circolare o le energie rinnovabili”.

Definire “ESG” l’investimento nella Silver Economy, del resto, può essere un modo diverso di dire la stessa cosa: il sostegno, specialmente tramite investimenti finanziari, a iniziative mirate allo sviluppo sostenibile non può esaurirsi nel discorso dei criteri ESG. Si può del resto definire “ESG compliant” un’azienda alimentare che decida di sviluppare un prodotto monoporzione di facile fruizione dedicato apposta agli over 80, una società di trasporti che scelga di destinare due autobus a un percorso esclusivamente dedicato a locali silver-friendly o, ancora, una casa di abbigliamento che inventi degli indumenti confortevoli e facili da indossare? Resta in effetti da vedere se e quanto questa tipologia di attenzione venga effettivamente considerata alla stregua del rispetto dell’ambiente o del commitment ad abbattere il gender pay gap: è tuttavia innegabile il fatto che sia a pieno titolo da considerarsi mirata allo sviluppo sostenibile.

Del resto, di che cosa parliamo quando mettiamo a tema lo sviluppo sostenibile? Nel 1987, il Rapporto Brundtland pubblicato dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo promossa dalle Nazioni Unite lo definì per la prima volta come lo “sviluppo che risponde ai bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di rispondere ai propri bisogni”. Si delinea dunque un patto intergenerazionale, ed è qui che entra in gioco la Silver Economy: un approccio che, soddisfacendo un’esigenza dell’oggi, risolve un problema del domani.

Non sarà mai abbastanza infatti denunciare l’invecchiamento inesorabile della popolazione: oggi gli over 65 sono il 22,3% del totale, vent’anni fa erano il 18,7% e nel 2050 saranno il 34%! Un problema inevitabile per il nostro Paese, soprattutto per il sistema di protezione sociale (anche se, come dimostra il Settimo Rapporto sul Sistema Previdenziale Italiano di Itinerari Previdenziali, il problema non è tanto la previdenza, quanto l’assistenza).

Si consideri però allo stesso tempo che, come ha illustrato un recente studio di Confindustria, gli anziani hanno un reddito medio di 20mila euro contro i 16mila degli under 35, una maggiore ricchezza reale pro-capite, un minore indebitamento e una maggiore solidità. Una ricchezza che va messa a frutto, non parcheggiata. Questo significa incentivarne il lavoro, favorirne l’imprenditorialità, agevolarne la mobilità, offrire servizi e prodotti adeguati: in cambio, si ha la produzione di ricchezza, la messa a frutto di competenze ed esperienze, una maggiore socialità. Basti pensare al fatto che le start-up dei senior (i cosiddetti olderpreneurs) hanno una vita media più lunga delle altre, o alla diffusa dedica del tempo libero ad attività di volontariato o di cura familiare. Insomma, lungi dal metodo “divieto di cumulo”, che àncora gli anziani alla panchina del parco, questo patrimonio sia economico che di soft-skills va messo in circolo e stimolato.

Tuttavia, ciò necessita di un cambio di sguardo verso gli anziani, che non siano considerati solo alla stregua di un impiccio da gestire. Cercando peraltro di evitare il rischio che la stessa Silver Economy passi il messaggio subdolo che l’attenzione agli anziani sia degna solo perché si è scoperto che possono generare ricchezza.

Ebbene, l’impressione è che tale “patto intergenerazionale” non sia ancora pienamente maturo, e che anzi negli ultimi anni la fiducia si sia sfilacciata, rischiando a momenti di trasformarsi in conflitto. E così gli anziani sono diventati quelli che hanno goduto alle spalle dei giovani per decenni, e che adesso si rifiutano di prestare attenzione al tema dell’ambiente, o che pesano sulla collettività sottraendo risorse a chi ne ha bisogno. In effetti ha fatto specie, in queste settimane dominate dalla psicosi collettiva data dal diffondersi del coronavirus, sentire che una delle principali affermazioni addotte per tranquillizzare le masse sia stata che il virus è pericoloso solo per gli anziani: un distinguo in cui s’insinua una considerazione da “male minore”.

Giovanni Gazzoli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

4/3/2020

 
 
 

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