Arriva la primavera, è tempo di bilanci

Giunti quasi al termine del primo trimestre, con i bilanci del 2021 ormai consolidati, è il momento di provare a interpretare i risultati dello scorso anno e tracciare ipotesi per il 2022: quali prospettive per gli investitori istituzionali italiani che vedono all'orizzonte la ripresa post COVID-19?

Gianmaria Fragassi

Anno nuovo, pandemia ai saluti finali (si spera), giornate miti che si allungano e come sempre durante i primi mesi dell’anno è tempo di fare bilanci. Lo fa lo Stato che si trovava a dover fronteggiare il tonfo del PIL per l’anno 2020 del 9%, e che, nel 2021, dovrebbe riuscire a compensare con un +5,6% contribuendo anche ad aiutare il poco lodevole rapporto debito/PIL; lo fanno aziende e imprese, che sono riuscite nel 2021 a compensare – in parte - le enormi perdite di fatturato avute nel 2020; lo fanno le famiglie italiane, costrette a contrazioni del potere di spesa dovuto a più fattori tra cui l’inflazione stabile al 2%; lo fanno, ovviamente, anche gli investitori istituzionali che, nonostante la pandemia e lo shock economico, sono riusciti a ripararsi bene marcando pochi segni negativi nei bilanci 2020 e si sono rilanciati alla grande tornando già ai livelli pre-crisi analizzando i conti del 2021.

Nel dettaglio, i dati sulla previdenza complementare vengono forniti dall’ultimo aggiornamento di dicembre 2021 della COVIP La previdenza complementare. Principali dati statistici e consentono di tracciare il quadro di riferimento, oltre che di fare un bilancio dell’anno passato. Nello specifico, la Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione, offre tre quadri di sistema per un’analisi più puntuale sulla situazione della previdenza in Italia: posizioni in essere, risorse destinate alle prestazioni e rendimenti.  

Il numero delle posizioni aderenti alle forme di previdenza complementare alla fine del 2021 aumenta del 4,3% rispetto al 2020, incremento corrispondente a una crescita di 403.000 unità, che porta il totale degli iscritti a circa 8,8 milioni di persone. Nel dettaglio fanno ancora meglio i soli fondi negoziali, con un aumento del 6% su base annua (+196.000 posizioni), spinti però dai fondi per i quali sono attive le adesioni contrattuali che, per nuovi assunti di diversi settori, hanno luogo automaticamente sulla base dei contratti nazionali.

Nel complesso la previdenza complementare gestisce a fine 2021 212,6 miliardi di euro. Di questi circa 213 miliardi, i fondi pensione negoziali pesano per 65,3 miliardi di euro, con incremento del 8,2% (a fine 2020 erano 60,3 miliardi di euro) dovuto in parte agli ottimi rendimenti dell’anno e in parte alle nuove contribuzioni. Nel corso del 2021 i contributi incassati da fondi negoziali, fondi aperti e nuovi PIP sono stati pari a 13,3 miliardi di euro, in crescita di circa 890 milioni di euro (+7,2%) rispetto all'anno precedente. L’aumento si riscontra in tutte le forme, con variazioni tendenziali che vanno dal 5,4% dei fondi negoziali al 6,9% dei PIP fino al 12,3% dei fondi aperti. 

Passando al cuore dell’analisi, è importante sottolineare che nel 2021 i rendimenti delle forme di previdenza complementari sono stati “in media positivi e più elevati per le linee di investimento caratterizzate da una maggiore esposizione azionaria”. I rendimenti per i fondi pensione negoziali si sono attestati al 4,9 %: in particolare, come riporta COVIP, valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, nei dieci anni da inizio 2012 a fine 2021, il rendimento annuo composto è stato pari al 4,1% per i fondi negoziali; nello stesso periodo, la rivalutazione del TFR è risultata pari all’ 1,9 % annuo. Per un confronto con l’anno dell’inizio della pandemia, i rendimenti dei fondi pensione negoziali a dicembre 2020 si sono attestati al 3,1% con un rendimento annuo composto 2011-2020 pari al 3,6% e con la rivalutazione del TFR pari invece all’1,8% annuo.

Il raffronto tra i rendimenti 2020 e quelli 2021 ci illustra il progresso di tutti i valori, con i rendimenti annuali cresciuti dal 3,1% al 4,9% e il rendimento annuo composto riferito agli ultimi 10 anni salito dal 3,6% al 4,1%. Il 2021 rappresenta dunque un’ottima annata per i fondi pensione in termini di performance finanziaria.

Non avendo attualmente a disposizione una così puntuale e precisa mole di dati relativi alle performance degli altri investitori istituzionali del Paese, risulta difficile commentare in maniera altrettanto puntuale le prestazioni di Fondazioni di origine Bancaria e Casse di Previdenza. Sono però già pubblici alcuni dati di bilancio che lasciano intuire i rendimenti per il 2021. In particolare, alcune Fondazioni hanno già provveduto a rendere pubblici i risultati consolidati 2021 e, nei primi commenti, si evidenzia come anche le Fondazioni di origine Bancaria abbiano giovato della loro esposizione al mercato azionario nel 2021 - mediamente stimata dall'Ottavo Report sugli investitori istituzionali curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali intorno al 10% dei portafogli - oltre che di benefici fiscali pregressi (crediti d’imposta per investimenti qualificanti, il cosiddetto tax credit). Per quanto riguarda il mondo delle Casse di Previdenza, che nel 2021 sfonderanno il muro dei 100 miliardi di euro di patrimonio, occorre invece aspettare di leggere i bilanci consolidati. Anche qui, tuttavia, i primi indizi portano a una valutazione molto positiva. Nonostante l’investimento sul mercato azionario venga effettuato per la stragrande maggioranza tramite detenzione di fondi più che tramite acquisto diretto (sempre secondo l'Ottavo Report, siamo mediamente attorno al 3,5% di azioni acquistate direttamente dalle Casse, l'ampia esposizione agli investimenti diretti in mercati privati dovrebbe aver contribuito a produrre risultati interessanti. 

Come sarà il 2022? Le previsioni economiche sono buone ma resta da capire come gestire la caduta dell’occupazione – stimata dal centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali in 537.000 unità - che, a cascata, rischia di generare per i fondi pensione un numero minore di nuove adesioni e, dunque, meno contribuzione. In più il PIL è risalito nel 2021 (+5,6%), elemento questo che, con l’inflazione stabile al 2,0%, rialza l’asticella dei rendimenti obiettivo a cui le forme di previdenza guardano: la rivalutazione del TFR, l’inflazione e la media quinquennale del PIL. 

Poche certezze coronano insomma le nostre esistenze. La prima è che il TFR viene sistematicamente battuto fai rendimenti della previdenza complementare, e qui c'è sicuramente da riflettere. La seconda è che l’inverno finirà, arriverà la primavera e il tempo dei bilanci sarà – per qualche periodo - solo un “piacevole” ricordo lontano.

Gianmaria Fragassi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

22/2/2022

 
 

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