Gli italiani tra risparmio e investimento: c'è ancora tanta strada da fare

Nonostante il trend degli ultimi anni sia positivo, i numeri dimostrano come la relazione tra italiani ed educazione finanziaria (e previdenziale) abbia ancora ampi margini di miglioramento: emerge in particolare la necessità di aumentare la quota di risparmio destinata all'investimento di lungo periodo

Niccolò De Rossi

La fase più difficile della pandemia sembra ormai alle spalle, almeno in Italia, tra le nazioni con il più alto tasso di vaccinazione. Fatto, questo, che ha consentito la ripresa di quasi tutte le attività e, di conseguenza, della circolazione delle persone che sono tornate a “spendere”. Una delle evidenze che forse più testimonia il ritorno alla normalità è infatti proprio la quota dei consumi che ha ripreso a correre dopo un anno e mezzo di risparmi forzati. Non è del resto una novità che gli italiani siano da sempre delle eccellenti formiche: basti pensare al peso delle risorse private accantonate sui conti correnti, cresciuto in particolar modo durante COVID-19. 

Sul tema risparmio-consumi-investimento è allora utile riprendere alcuni passaggi che emergono dall’indagine “Gli Italiani e il Risparmio”, realizzata da Acri e Ipsos e presentata in occasione della 97° Giornata Mondiale del Risparmio organizzata dalla stessa Associazione, che rappresenta le Fondazioni di origine Bancaria e le Casse di Risparmio Spa.

 

Risparmio e investimento tra presente e futuro

Tanto nella quotidianità quanto in ambito finanziario le aspettative giocano un ruolo fondamentale, a maggior ragione per quei risparmiatori che decidono di destinare una parte del loro risparmio all’investimento. A questo proposito l’annuale ricerca condotta da Acri e Ipsos evidenzia un rinnovato entusiasmo verso il futuro. Dopo il lungo periodo di incertezza e paura che, causa COVID-19, ha contribuito ad allargare la forbice tra chi riesce agevolmente a risparmiare e chi invece è stato pesantemente colpito dalla crisi, la situazione attuale porta gli italiani a privilegiare gli investimenti sulla vita futura (62% vs 53% nel 2020) pervasa da un senso di generale ottimismo. La ritrovata fiducia è in parte supportata anche dalla consapevolezza che l’Europa giocherà un ruolo importante nella ripresa. Indicazione che viene supportata dalla crescita della fiducia degli italiani nell’Unione Europea che raggiunge il livello più alto degli ultimi 10 anni. 

Focalizzando l’attenzione sul risparmio, nel 2021 più della metà degli italiani dichiara di riuscire ad accantonare denaro senza troppe rinunce (53%). La percentuale rilevata risulta in flessione rispetto all’anno precedente (58%), riduzione in gran parte dovuta alla ripresa dei consumi che distolgono le risorse familiari dal risparmio. Nonostante sia in calo per queste stesse ragioni, la preferenza per la liquidità rimane comunque elevata (60% degli italiani). Cresce però progressivamente anche la percentuale di chi dichiara di voler dirigere, anche se in piccola parte, il proprio risparmio verso forme di investimento. In particolare, rispetto al 2020, è interessante la rilevazione secondo cui vi sarebbe una maggiore propensione verso strumenti finanziari a maggior quota di rischio, diminuendo al contempo o la liquidità o gli investimenti finanziari più “sicuri”. Tale tendenza è probabilmente influenzata da due fattori: il primo è l’attrattività dal punto di vista dei maggiori rendimenti attesi ottenibili dagli strumenti a più alto rischio; il secondo è la percezione che anche il risparmio privato può essere d’aiuto alla fase di ripresa del Paese. C’è però un dato dalla ricerca destinato a far riflettere attentamente gli addetti ai lavori: anche guardando agli investimenti pubblici, il 51% degli italiani ritiene si debba dare priorità a un orizzonte temporale di massimo 2 anni, mentre solo il 20% pensa sia più utile ragionare su prospettive di lungo termine (10 anni). 

 

Una questione di... educazione!

Se l’incertezza accorcia quasi sempre l’orizzonte temporale di riferimento, ciò si fa ancora più evidente quando si devono prendere decisioni in merito all’allocazione del proprio risparmio. Gli italiani scontano ancora un gap in termini di educazione finanziaria di base, evidenza che spesso porta a una propensione all’investimento poco efficiente soprattutto in termini di obiettivi. Ragionare sul breve periodo è certamente più “semplice”, ma spesso porta a prendere decisioni di investimento poco in linea con le proprie esigenze future. Ma perché questo accade?

Le competenze finanziarie degli italiani rimangono ancora contenute, soprattutto tra i più giovani: temi quali l’inflazione, i tassi di interesse, la rischiosità di azioni e obbligazioni sono concetti ancora molto distanti per troppi risparmiatori, come anche l’importanza di dotarsi di una copertura previdenziale aggiuntiva. Tutto questo indica che il Paese ha ancora molta strada da fare in termini di educazione finanziaria e previdenziale. Seppur in miglioramento, grazie alle iniziative messe in campo sia nel settore pubblico sia in quello privato, c’è ancora una parte troppo ampia di individui che, ad esempio, non aderisce alla previdenza integrativa. E non come risultato di una scelta consapevole ma perché non conosce caratteristiche e peculiarità dei fondi pensione che, oltre allo scopo puramente previdenziale, può essere visto come un buon investimento finanziario di lungo periodo. 

L’ingente piano di investimenti attivato dal PNRR diventa allora cruciale: perché non dare maggiore e ulteriore spazio all’avvio di programmi tesi alla diffusione e divulgazione dell’educazione finanziaria, favorendo l’allocazione del risparmio verso investimenti di lungo periodo?

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

23/11/2021

 
 

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