Green Piece: la nascita e l'evoluzione dei green bond

L’evoluzione storica dei Green Bond e l’opportunità di diventare un’asset class obbligazionaria strategica nel prossimo futuro

Peter W. Beer

In un contesto economico particolare e politicamente dinamico come quello di questi ultimi anni, il Presidente Donald Trump, dopo il suo insediamento nel 2016, aveva immediatamente minacciato l’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo sul Clima di Parigi, anche se l’America, come nazione, non concordava con questa visione conservativa. Infatti, esiste ormai da qualche anno una risposta positiva alle dinamiche ambientali sia da parte del mercato dei capitali che degli investitori professionali e privati. In particolare, le aziende hanno la possibilità di aiutare e  proteggere l’ambiente dai cambiamenti climatici in corso emettendo i cosiddetti “green bond”.

In quanto gestore di portafogli, il ruolo di Payden & Rygel, così come di altri professionisti del risparmio, non è quello di supportare o criticare le politiche economiche o legate al contesto climatico in cui viviamo, ma di sensibilizzare gli investitori e gli emittenti nei confronti del mondo delle obbligazioni “verdi”. Circa un quarto dei nostri clienti istituzionali nel mondo ci ha conferito mandati con approccio ESG o SRI e sono sempre più in crescita queste richieste. Un green bond è un’emissione obbligazionaria che si prefigge di utilizzare il capitale raccolto per finanziare o rifinanziare progetti che possano avere un impatto positivo a livello ambientale. I progetti “green” includono, ma non sono solo limitati a, energie rinnovabili, trasporti puliti, l’uso di terreni eco-compatibili ed efficienza energetica.

I green bond sono strumenti perfetti per progetti sostenibili su larga scala che permettono a città, stati e aziende di garantirsi un ingente ammontare di capitale. Questi investimenti stanno diventando sempre più popolari e comuni, in quanto aziende e municipalità vogliono costruirsi un marchio distintivo intorno agli investimenti sostenibili e gli stessi gestori di patrimoni hanno la volontà di creare veicoli specifici per indirizzare i capitali verso questi progetti. Questo trend non dovrebbe stupire, perché come evidenziato in un recente studio di Ernst & Young del 2017 chiamato “Sustainable investing: the millennial investor, i giovani sono doppiamente propensi (rispetto al resto della popolazione) a investire con gestori che offrono strategie e promettono risultati legati anche a dinamiche ambientali e sociali.

Le emissioni sul mercato dei green bond nel 2017 hanno superato i 150 miliardi di dollari (come illustrato nel grafico 1). Nonostante un parziale rallentamento nella crescita nella prima parte del 2018, dovuta soprattutto a un aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti, il numero delle emissioni dei green bond danno un chiaro segnale di un trend crescente anche per il futuro. Siamo abbastanza convinti che un’allocazione su tale asset class obbligazionaria diventerà strategica nel momento in cui il mercato avrà concordato una definizione di tali obbligazioni, convincendo sempre più gli investitori della bontà economica e sociale di tali investimenti.

Emissioni annuali green bond

 

Le origini dei green bond

I green bond si sono sviluppatI nell’ultimo decennio crescendo significativamente. Nel 2007, la Banca Europea degli Investimenti lanciò la prima obbligazione, seguita nel 2008 dalla Banca Mondiale. Queste banche sovranazionali rimasero le sole emittenti di tali obbligazioni fino a quando, nel 2013, furono portate sul mercato emissioni aziendali da parte di EDF, Bank of America e Vasakronan. Il successo fu immediato in quanto i green bond attrassero investitori propensi a investire direttamente in progetti di sostenibilità sociale. Le aziende videro nelle obbligazioni green un’opportunità per sposare il tema sostenibile e per lanciare sul mercato le loro obbligazioni, etichettandole come investimenti socialmente ed ambientalmente responsabili.

Il mercato dei green bond è poi decollato nel 2015 quando 195 nazioni firmarono l’Accordo di Parigi, ovvero la volontà di tagliare i livelli di emissioni e di mantenere l’aumento medio globale delle temperature sotto i 2 gradi centigradi, e sopra i livelli dell’era preindustriale[1]. Per realizzare questo obiettivo di diminuzione delle temperature entro il 2030, si stimano investimenti infrastrutturali per circa 93 trilioni di dollari. Di conseguenza, molte città e aree metropolitane nel mondo hanno incominciato a finanziare progetti di sviluppo a basse emissioni specialmente favorendo infrastrutture in grado di generare energia rinnovabile.

Come risultato, nel 2016, le emissioni globali di green bond sono raddoppiate rispetto al 2015 con circa 97 miliardi di nuova offerta e raccolta. La Cina ha contribuito con circa 32 miliardi, ponendosi come una nazione leader in queste emissioni[2]. Circa un 40% dei green bond è stato emesso per progetti di finanziamento di energia pulita, un 25% per investimenti immobiliari ed industriali con efficientamento energetico, ed un 10% per i trasporti[3]

Il 2017 è stato un anno record con emissioni per circa 173 miliardi di dollari[4]. Vi è un trend crescente per progetti “verdi” dal momento che un numero sempre crescente di istituzioni come fondi pensione e fondazioni supportano iniziative volte a preservare l’ambiente. Tuttavia, il trend dei green bond va oltre le recenti iniziative legate al miglioramento del clima. I mercati emergenti in particolare hanno bisogno di progetti di efficientamento energetico e tecnologia pulita. Poiché il costo di costruzione delle infrastrutture di tecnologie pulite va diminuendosi, varie nazioni stanno indirizzando i loro investimenti verso progetti riguardanti energie rinnovabili.

Alcuni di questi Paesi emergenti, però, non hanno ancora un mercato bancario e dei capitali capace di finanziare progetti infrastrutturali molto costosi. Nel settore energetico i Paesi con le maggiori necessità di impianti di produzione sono quelli che si affidano significativamente a finanziamenti internazionali.  Questi paesi emettono quindi green bond su progetti specifici e con costi di struttura molto alti. Per esempio, le Filippine hanno finanziato un progetto di costruzione di impianto geo termale emettendo una green bond, la prima in valuta locale al mondo nel settore energetico. Attraverso queste emissioni le economie emergenti possono quindi entrare maggiormente a fare parte del mercato dei capitali facendo crescere il proprio debito ma riducendo il proprio gap infrastrutturale.

 

La chiarezza porta serenità

Per il 2020 ci aspettiamo che il mercato dei green bond possa crescere di ulteriori 120 miliardi di nuove emissioni[5]. Dal momento in cui ci sarà uniformità di definizione dei “green bond” e una rigorosa valutazione nel definirle (con magari dei benchmark specifici), i green bond avranno un alto potenziale di ulteriore crescita e trasparenza, aumentando così la diversificazione geografica e il merito di credito, nonché la platea degli investitori interessati e verosimilmente potranno essere considerati in un portafoglio obbligazionario un'asset class piccola ma strategica.

Peter W. Beer, Economista/ESG e Vice Presidente Payden & Rygel Investment Management
 
20/11/2018

[1] Convenzione sui Cambi Climatici, Nazioni Unite. 2017. “The Paris Agreement.”

[2] “Green bonds channel private-sector funding to the climate”. Economist. Giugno 8, 2017.

[3] Medesima fonte.

[4] Bloomberg New Energy Finance. 2017. Mensile green bonds.

[5] Bank of America Merrill Lynch. 2015. Climate Capital – Global Green Bonds Primer.

 
 
 

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