Perché è importante comprendere gli obiettivi di lungo termine del risparmio

Tra gli errori più frequenti fatti dai risparmiatori italiani c’è quello di seguire l’onda del mercato, concentrandosi solo su obiettivi di brevissimo termine: un approccio insidioso, spesso frutto di una scarsa cultura finanziaria

Leo Campagna

Quando si parla di investimenti l’apprendimento di nozioni tecniche è sicuramente indispensabile per la formazione e la conoscenza del funzionamento dei mercati. Tuttavia, davvero determinante risulta essere la piena consapevolezza delle insidie delle nostre emozioni che, spesso, ci inducono a scelte di investimento sbagliate e, soprattutto, difficili da risanare.

Per esempio, tra gli errori più frequenti fatti dai risparmiatori c’è quello di seguire l’onda del mercato: ovvero, comprare a qualsiasi prezzo (trascinati dall’euforia del mercato) oppure precipitarsi a vendere non appena gli indici correggono in modo vistoso. Tra l’altro, le due scelte sono di solito sequenziali tra loro (prima si compra sui massimi e poi si vende sui minimi), amplificando quindi la portata degli errori. Il secondo errore consiste invece nel risparmiare con la logica del ‘non si sa mai’. Questo è ad esempio quello che emerge dall’edizione 2018 dell’Indagine sul Risparmio e sulle scelte finanziarie degli italiani, curato dal Centro Einaudi e Intesa Sanpaolo. Uno studio che conferma le significative lacune sulla comprensione degli obiettivi di lungo termine del risparmio.

La maggior parte degli intervistati dichiara infatti di risparmiare proprio perché non si sa mai. Ma, con questo approccio, l’investitore di fatto snatura l’obiettivo del risparmio, la cui mission è quella di costruire un benessere nel lungo termine e non quella di garantire una protezione giorno per giorno che, invece, deve essere ottenuta tramite coperture assicurative ad hoc. Pensare al lungo termine e non al breve permette peraltro di adeguarsi meglio alla situazione dei mercati che vede,  anno dopo anno, una strutturale riduzione dei rendimenti. Quelli offerti dai titoli ritenuti più sicuri (come, per esempio, i titoli di stato americani o tedeschi) o espongono al rischio di cambio o offrono tassi vicini allo zero (o addirittura negativi). Ne deriva che per aspirare a rendimenti più generosi occorre accettare un profilo di rischio maggiore e, soprattutto, abbracciare la logica del lungo termine che consente di incamerare gli extra rendimenti non preoccupandosi più di tanto delle oscillazioni di mercato (che, nel breve, possono essere anche piuttosto ampie). Il problema è che non solo le famiglie italiane sono ancora troppo poco inclini al rischio e eccessivamente rivolte al breve periodo, ma risultano essere anche poco diversificate. Dal Rapporto emerge infatti che non più del 5% degli intervistati ha portafogli davvero diversificati (privi cioè di concentrazioni oltre il 10% in ogni singolo strumento di investimento), mentre circa il 52% investe oltre due terzi del proprio risparmio in un unico investimento. 

Alla luce di tutte queste evidenze, non stupisce allora che la previdenza integrativa fatichi a svilupparsi nel nostro Paese. Risparmiatori troppo ripiegati sul breve che preferiscono mantenere ingessate somme ingenti di liquidità su conti correnti e libretti postali invece che investire negli strumenti di previdenza integrativa è la fisiologica conseguenza di una profonda lacuna nell’educazione finanziaria. Lacuna che deve essere colmata al più presto per evitare conseguenze ancora più allarmanti per il benessere futuro dei cittadini italiani destinati a pensioni pubbliche sempre più limitate.

Leo Campagna

21/8/2018 

 
 

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