Investimenti oltre il virus

La crisi, anche economico-finanziaria, generata dall'epidemia da COVID-19 provocherà degli inevitabili impatti anche sulle scelte di investimento degli investitori istituzionali italiani: quali scenari è lecito attendersi nei prossimi mesi e quali le possibili "soluzioni"? 

Daniele Colantonio e Giuseppe Sersale

La pandemia da COVID-19 è uno di quegli “shock esogeni al sistema” che raccontano al corso di economia politica, traslando con il gesso le curve sul grafico cartesiano di domanda e offerta aggregata; sui banchi dell’università sembrava un caso “di scuola”, oggi è attualità. Nessuna progressione, trauma improvviso, verticale. Reazione “da record” sui mercati: per ricordare cose simili quasi non bastano i colleghi “decani”, servono gli storici, velocità di movimento che ricorderemo. La sola diversificazione per asset class non è bastata: discese violente su azionario, credito, materie prime; una timida reazione della duration sul treasury, ma nulla a confronto dei movimenti osservati sul resto dei “risky assets”. Neanche l’ingegneria del “risk-parity” avrebbe potuto nulla contro tutto questo, almeno nel breve periodo. 

La genesi della crisi attuale è forse “inversa” rispetto alle “tech bubble” del 2000-01 e alle crisi finanziarie del 2008 e 2011. Nelle ultime due recessioni lo shock è partito dai mercati finanziari per poi trasmettersi all’economia reale. COVID-19 è un fenomeno esogeno, trasversale, di impatto immediato sull’economia reale e con effetto domino sull’economia finanziaria con “repricing” delle attività aggravato da squilibri già presenti nel sistema: eccesso di leva causato da un decennio di stimolo monetario e valutazioni elevate degli assets.

A guardare gli aspetti positivi oggi si riscontra un sistema bancario meglio capitalizzato e regolato. Sono disponibili schemi di rifinanziamento che impediscono il blocco del funding al sistema bancario, come avvenne con il blocco dei “repo markets” in passato. La maggior parte dei “marginal buyers“ confidano su provvedimenti a livello USA e soprattutto Eurozona: OMT, ESM, QE. C’è però da fare i conti con un rischio che osserviamo oggi (tanto per rimanere in tema) sugli antibiotici: i batteri si adattano alle cure, gli abusi di farmaco riducono l’efficacia. Gli stimoli monetari sembrano un’arma a impatto ridotto, il mercato chiede nuovi “stimoli fiscali” dove tuttavia gli spazi sono ristretti (ad eccezione della Germania), in molti casi i livelli di indebitamento del settore pubblico hanno continuato a crescere, dove potranno arrivare senza destabilizzare il sistema?

Le crisi finanziarie precedenti (2008-2011) hanno determinato perdite significative sull’azionario (dal top al bottom 49% e 57%). Nel primo caso la recessione è stata modesta, ma al crash ha contribuito l’enorme sopravvalutazione raggiunta dall’azionario. Nel secondo caso l’entità è stata determinata dalla profondità della crisi; ipotizzando un comportamento comparabile con questi due episodi, si ottiene un target per l’S&P 500 di 1.700 punti circa, vedremo. Sul mercato del credito i tassi “a zero” hanno causato una caccia al rendimento “yield hunt” con collasso degli spread sui minimi storici (almeno per HY) con posizionamento elevato di alcuni investitori che possiamo definire come “turisti a caccia di rendimento”, i quali hanno approcciato l’asset class senza fare i conti con le “code”.

Il livello di volatilità sperimentato può congelare il mercato primario del credito, ostacolando il refinancing dei bond in scadenza (anche se la provvista fatta negli scorsi trimestri offre una certa autonomia alle aziende più grandi). I downgrades delle agenzie di rating costituiscono un altro rischio da non sottovalutare. È presente un elevato ammontare di bond retati BBB, e un’ondata di downgrades può causare il trasferimento al settore HY, che è assai più ridotto come capacità di assorbimento dei flussi. Servono nuove policy di investimento? Forse sì, pena l’immobilismo.

Nel segmento dei private markets il punto chiave sarà capire l’estensione temporale della “serrata produttiva”, difficile stimare oggi l’entità dell’impatto su venture capital, private equity e private debt. Le aziende sono intente ad adattare le politiche di gestione del personale al nuovo contesto, chiederanno flessibilità nei pagamenti, e proveranno ad assicurare la filiera di approvvigionamento in funzione di una possibile ripartenza della domanda aggregata. Rimandati al momento gran parte dei budget per investimenti. C’è lo spartiacque dell’estate: se questa dovesse rappresentare un momento di ripartenza sui mercati di beni e servizi, la crisi potrà essere arginata da un po’ di flessibilità su credito e dall’adattamento dei piani di sviluppo. Gli impatti saranno tangibili sui numeri 2020 ma senza collassi. Diverso è il caso di una chiusura a oltranza e di un elevato ritardo nell’elaborazione di vaccini o altre terapie di mitigazione pandemica. Sugli scenari di una serrata a oltranza si possono associare numeri (negativi) a piacere ma allo stato attuale, rimarrebbero più un esercizio di pessimismo che una base ragionevole per reagire alla crisi.

Gli investitori di lungo termine hanno già affrontato scenari simili, diversificando negli anni le attività liquide e (in misura più o meno accentuata) in quelle illiquide. Sugli asset liquidi si osserveranno effetti “mark-to-market” ma emergerà spazio per ribilanciamenti di portafoglio e si potrà sfruttare qualche acquisto a sconto su alcuni segmenti di attività (food/energy etc.). La pandemia non sarà eterna, un rimbalzo, per quanto non immediato, si osserverà nel tempo. Sull’economia reale governi e Unione Europea stanno elaborando misure specifiche. Nessun Paese può permettersi default a catena nel segmento PMI, le realtà produttive che vediamo in Anthilia Sgr stanno attivandosi con grande dinamismo per reagire al contesto: nell’alimentare, nell’energia, nei servizi. 

La regola di diversificazione e progressività nell’accesso ai diversi “vintage” temporali da parte degli investitori istituzionali offrirà un’opportunità di accesso a nuove iniziative con prezzi a sconto, recuperando rispetto ad altri investimenti in fondi penalizzati da exit in contesti difficili. Predire il mercato non è possibile, investire con progressività su iniziative di valore è invece una buona pratica sempre percorribile. 

Quattro direttrici di diversificazione sono sempre da osservare: 

  1. per asset class: azionario, credito, duration, infrastrutture (sia liquide che illiquide)
  2. per settore industriale: servizi/manifattura/primario
  3. per segmento della “catena del valore”: ingegneria e progettazione, produzione, distribuzione
  4. e soprattutto per “vintage” temporale. 

Nulla di diverso dal concetto caro ai cosiddetti “piani di accumulo”. Meglio contrapporre una sana e diversificata progressività nell’accesso al mercato rispetto a un approccio di puro timing, quasi mai verificatosi efficace nel lungo termine tra gli operatori.

Il mercato dimostrerà come la liquidità degli attivi non sia sempre e necessariamente un vantaggio. Nel credito la liquidabilità dei fondi induce effetti a catena di vendite che subiscono allargamenti di spread e penalizzano anche chi rimane investito. Cosa che non succede nei fondi chiusi. Avere la facoltà di vendere con il mercato a -30/-40% è davvero un vantaggio? Forse sì, ma espone ad altre tipologie di rischio: irrazionalità, e soprattutto correla il comportamento degli investitori, cosa che non accade nei fondi chiusi. Nessuna forma di investimento è immune dall’effetto “serrata” sull’economia, ma le quattro direttrici di diversificazione sopra menzionate possono mitigare gli effetti di quanto sta accadendo sui mercati.

In questa fase vediamo l’opportunità su fondi dedicati all’economia reale con un grado di flessibilità elevato: equity, UTP, credito junior, convertibili, oppure a forme di investimento che agiscano sul working capital, lo sconto fatture ad esempio su cui diversi operatori hanno costruito un track-record apprezzabile. Percepiamo un’apertura da parte dei grandi operatori istituzionali a sostenere questi segmenti di intervento, forse si potrà assistere anche all’entrata di altri operatori “smart” di lungo termine, che nel principio di progressività nell’accesso al mercato, riserveranno parte delle risorse disponibili a iniziative “coerenti” al quadro economico attuale (e forse più utili di altre). 

Rimane un punto che grava sul contesto e che riguarda la gestione, attuale e soprattutto futura, dei debiti pubblici che cresceranno apprezzabilmente nel contesto delle iniziative ponderate dai governi. Per l’Unione Europea si tratta di un banco di prova più sfidante della gestione Brexit, vedremo se le forme di “mutualizzazione” del debito continueranno ad essere lette come una “distorsione di disciplina” da parte di un gruppo di Paesi a scapito di altri piuttosto che come il passaggio conseguente a una Unione Europea di fatto, con ciò che questo comporta anche su altri fronti. 

L’evoluzione biologica procede a salti. I mammiferi sono espressione di una sopravvenuta supremazia rispetto ai rettili dovuta alla migliore reazione a uno shock termico del pianeta, quei rettili che sembravano invincibili, e che per milioni di anni avevano dominato le specie, “boom”, spariti. La capacità di reazione agli shock proverà (o meno) la forza del sistema globale, dell’Unione Europea, dei governi, del tessuto produttivo e del sistema finanziario. Nessuno escluso.

Daniele Colantonio, Partner, Business & product development Anthilia Capital Partners Sgr 

Giuseppe Sersale, Partner, Global Macro  Anthilia Capital Partners Sgr 

2/4/2020 

 
 
 

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