Italia, formica con i risparmi e cicala con i conti pubblici

Secondo l’ultima indagine Banca d’Italia-Istat a fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane sfiorava i 10mila miliardi di euro, 8 volte il loro reddito disponibile. Nello stesso periodo il debito pubblico raggiungeva la cifra monstre di 2.300 miliardi di euro. L’analisi di una tra le più grandi contraddizioni del nostro Paese

Michaela Camilleri

Che l’Italia sia un popolo di grandi risparmiatori è cosa nota. E le ultime stime elaborate da Istat e Banca d’Italia lo confermano: a fine 2017 la ricchezza netta delle famiglie italiane, intesa come somma tra attività reali (abitazioni, terreni, etc.) e attività finanziarie (depositi, titoli, etc.) al netto delle passività finanziarie, è stata pari a 9.743 miliardi di euro. Di questi, il 59% è rappresentato da attività reali (6.295 miliardi di euro) e il restante 41% da attività finanziarie (4.374 miliardi di euro), a fronte di 926 miliardi di passività finanziarie.

Ricchezza che è tornata a crescere (+ 98 miliardi sull’anno precedente) dopo tre anni di costante contrazione, registrando un aumento pari al 16% rispetto al 2005 (primo anno della serie storica disponibile). Come si legge nella nuova pubblicazione congiunta, l’incremento è giustificato dall’aumento delle attività finanziarie pari a 156 miliardi di euro (+3,7%), che ha ampiamente compensato la riduzione di 45 miliardi di euro (-0,7%) delle attività reali, in continua diminuzione dal 2012, e l’aumento delle passività finanziarie di 13 miliardi di euro (+1,4%).

Fig. 1 – Ricchezza delle famiglie e sue componenti (dati in miliardi di euro)

Fonte: “La ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie italiane, 2005-2017”, Banca d’Italia e Istat

Se raffrontata al reddito lordo disponibile, la ricchezza netta delle famiglie italiane è stata 8,4 volte il loro reddito. Al confronto europeo questo rapporto è più alto di quello relativo alle famiglie francesi e inglesi (intorno a 8) e tedesche (circa 6), anche se nel periodo di osservazione il divario si è notevolmente ridotto.

Dal punto di vista dell’evoluzione di questo rapporto, si osserva come per l’Italia negli ultimi anni l’indicatore sia gradualmente sceso dal picco raggiunto nel 2013, in controtendenza rispetto all’andamento osservato per gli altri Paesi, a causa - spiega l’indagine - del ristagno ventennale dei redditi delle famiglie italiane.

Anche relazionando la ricchezza alla popolazione si rileva una tendenza opposta rispetto a quello degli altri Paesi: in Italia la ricchezza netta familiare dopo il 2009 si è mantenuta su valori stabili, mentre negli altri Paesi è aumentata. Alla fine del 2017 il valore della ricchezza pro capite delle famiglie italiane si è collocato al di sotto di quello delle famiglie francesi e inglesi, ma leggermente al di sopra di quello delle famiglie tedesche.

 

Com’è allocata questa ricchezza? E com’è variata la sua composizione rispetto a dodici anni fa?

Le abitazioni si confermano la principale forma di investimento delle famiglie italiane e, con un valore di 5.246 miliardi di euro, rappresentano la metà della ricchezza lorda. Guardando all’andamento di questa componente nel periodo di osservazione, il peso delle abitazioni sul totale della ricchezza è cresciuto in misura costante fino al 2011 (anno in cui si è registrato il picco massimo, pari al 54,5%), per poi ridursi gradualmente fino ad attestarsi al 49% del 2017, complice la crisi del mercato immobiliare di questi ultimi anni che ha portato a una riduzione dei prezzi degli immobili residenziali e, di conseguenza, a un minor valore della ricchezza abitativa.

Dal lato finanziario, il risparmio gestito (inteso come quote di fondi comuni, riserve tecniche assicurative e fondi pensione) è stato pari al 14% della ricchezza lorda, seguito dai depositi (13%) e dalle azioni e partecipazioni (10%). Tra il 2005 e il 2017 all’interno del portafoglio finanziario si è registrato un aumento del peso sulle attività dei depositi (dal 10% al 13%) mentre si è ridotto il peso di azioni e altre partecipazioni (dal 12% al 10%) e, in misura maggiore, dei titoli (dall’8% al 3%).

Fig. 2 – Composizione delle attività delle famiglie (valori percentuali)

Fig. 2 – Composizione delle attività delle famiglie (valori percentuali)

Fonte: “La ricchezza delle famiglie e delle società non finanziarie italiane, 2005-2017”, Banca d’Italia e Istat

 

Ricchezza e propensione al risparmio delle famiglie italiane

Questo tesoretto si è accumulato nel tempo anche grazie alla forte propensione al risparmio delle famiglie italiane. Ne dà testimonianza l’indagine sugli Italiani e il Risparmio, che Ipsos realizza ogni anno insieme a Acri, secondo la quale l’86% degli italiani desidera risparmiare. Di questi, addirittura il 38% non vive tranquillo senza mettere da parte qualcosa e il 48% ritiene che sia bene accantonare dei risparmi, pur senza troppe rinunce.

Nel 2018 il numero delle famiglie che affermano poi di essere effettivamente riuscite a risparmiare è risultato in crescita rispetto alla precedente rilevazione (pari a ben il 39% del totale), mentre si è registrata una diminuzione di coloro che consumano tutto il reddito (il 37% contro il 41% del 2017).

Un aspetto particolarmente interessante dell’indagine riguarda l’incremento della quota di italiani che attribuiscono al risparmio una valenza sociale, che va oltre la sfera privata. È utile per educare le giovani generazioni a una vita consapevole ed equilibrata (aspetto è fondamentale per il 51% degli italiani) e per abituarli a programmare e a pensare al futuro più prossimo (43%) o al periodo successivo al pensionamento (43%). Inoltre, l’80% degli italiani ritiene che il risparmio sia utile per lo sviluppo sociale e civile del Paese e sono sempre più coloro che, quando risparmiano, percepiscono di fare – oltre ai propri interessi – anche quelli del Paese.

 

Il confronto con il debito pubblico

Ed è proprio sulla scorta di questi dati che emerge una delle tante contraddizioni del nostro Paese. Perché passando dal bilancio familiare a quello statale, la situazione si ribalta e l’Italia da formica nel risparmio si trasforma in cicala nei conti pubblici. Alla fine del 2018 il nostro debito pubblico ha raggiunto la stratosferica cifra di 2.322 miliardi di euro (+53 miliardi nel corso dei dodici mesi), in costante crescita nell’ultimo decennio.

Se misurato in rapporto al Pil, il debito registra un valore pari al 132,2%, posizionando l’Italia al secondo posto della classifica europea, preceduta solo dalla Grecia, e di gran lunga al di sopra della media dei 28 Paesi EU (pari all’80%), nonché di tutti i Paesi presi in esame nel precedente confronto sulla ricchezza (in particolare Francia, Regno Unito e Germania).

Fig. 3 – Rapporto debito pubblico/PIL (valori percentuali)


Fonte: elaborazioni su dati Eurostat

Eppure, il legame tra propensione al risparmio degli italiani e sicurezza dei conti pubblici è fondamentale affinché la ricchezza delle famiglie sia adeguatamente tutelata, soprattutto se letto alla luce della convinzione diffusa - come abbiamo visto sopra - che il risparmio privato possa avere una grande funzione di educazione civica e sociale. L’imprescindibile connessione tra questi due elementi è ben riassunta in alcuni passi dell’intervento del Presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, che in occasione della 94° Giornata Mondiale del Risparmio si è soffermato su questi temi sostenendo che “il bilancio pubblico è un fattore rilevante per la tutela del risparmio; conti in ordine o comunque da riportare in ordine secondo un impegnativo programma, credibile e affidabile che faccia leva sulle poste del bilancio pubblico e, nel contempo, su crescita, produttività e investimenti, proteggono il risparmio […] Agire sul debito pubblico con un piano pluriennale di misure per la sua riduzione in funzione del Pil è un dovere non tanto nei confronti dei parametri europei, quanto, innanzitutto, nei confronti delle future generazioni”.

Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

22/5/2019

 
 

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