Ribilanciamento di portafoglio durante COVID-19: evidenze e considerazioni

L'andamento dei principali indici azionari e obbligazionari in questo 2020 ben evidenzia le forti difficoltà causate dall'epidemia di COVID-19: se l'incertezza resta elevata, come possono gli investitori farsi trovare pronti a variare opportunamente i propri portafogli quando le condizioni di mercato lo richiederanno? 

Enrico Camerini

Il marcato aumento della volatilità durante il diffondersi dell’epidemia di COVID-19 ha avuto pesanti ripercussioni sui mercati dei capitali. L’andamento dei principali indici azionari e obbligazionari del mercato globale è rappresentato nella figura 1. L’indice azionario MSCI World, composto dalle società di media e grande capitalizzazione quotate in 23 Paesi sviluppati, il 23 marzo di quest’anno registrava una contrazione del 31,8% rispetto al valore che aveva alla fine 2019. Il mercato globale delle obbligazioni, come misurato dall’indice Bloomberg Barclays Global-Aggregate che si compone di titoli di debito investment grade sia governativi che corporate negoziati in 24 Paesi, il 20 marzo di quest’anno perdeva il 3,9% rispetto a fine 2019.

Figura 1 - Andamento dei principali indici del mercato dei capitali

Andamento dei principali indici di mercato

Fonte: Bloomberg, dal 31/12/2019 al 31/8/2020

L’entità e la rapidità con cui si è manifestata la correzione delle quotazioni sul mercato azionario hanno portato un improvviso e significativo sottopeso di questa asset class nei portafogli degli investitori, che nei primi mesi dell’anno hanno visto gradualmente e sempre più marcatamente ridursi il peso delle azioni all’interno del portafoglio rispetto a quanto stabilito dall’asset allocation strategica, ovvero dal benchmark. Con la successiva fase di recupero delle quotazioni iniziata alla fine di marzo, il peso di portafoglio della componente azionaria sarebbe vieppiù aumentato fino a riportarsi in linea con i valori di inizio anno. La figura 2 illustra l’evoluzione nei primi 8 mesi di quest’anno delle esposizioni al mercato globale azionario e al mercato globale obbligazionario di un portafoglio inizialmente composto dal 60% di obbligazioni e del 40% di azioni e non ribilanciato durante l’intero periodo.

Figura 2 - Pesi di portafoglio di un'allocazione iniziale 60% Bond - 40% Equity

Figura 2 - Pesi di portafoglio di un'allocazione iniziale 60% Bond - 40% Equity

Fonte: Elaborazioni dell’autore su dati Bloomberg, dal 31/12/2019 al 31/8/2020

Il non ribilanciare le esposizioni di portafoglio quando il loro peso muta a seguito delle variazioni dei prezzi di mercato può essere frutto di una scelta deliberata dell’investitore, che in questo caso ha deciso di seguire la strategia “Buy and Hold”, che giustappunto consiste nel lasciare i pesi di portafoglio liberi di fluttuare nel tempo seguendo la dinamica dei prezzi. Come osserviamo nella figura 2, con la “Buy and Hold” aumenta il peso di portafoglio delle asset class che hanno conseguito le migliori performance relative e diminuisce quello delle altre che hanno sottoperformato: l’allocazione in obbligazioni ha raggiunto il 68,1% del portafoglio il 23 marzo, quando i mercati azionari erano sul punto di minimo di periodo e contestualmente il peso delle azioni si era ridotto al 31.9%. Nel periodo di osservazione a cui ci riferiamo, che va dal 31/12/2019 al 31/8/2020, una strategia “Buy and Hold” inizialmente composta dal 60% di azioni e dal 40% di azioni avrebbe avuto un rendimento di periodo del 5.8% con una volatilità annualizzata del 12.5%, un massimo drawdown del 14,5% e uno Sharpe ratio di 0.46.

Al contrario, una strategia meccanica di ribilanciamento, ad esempio con frequenza mensile o trimestrale, che riporta le allocazioni verso pesi di portafoglio costanti e predeterminati, è di per sé una strategia di investimento attiva, solitamente indicata con il termine “Constant Mix”. Seguendo questa strategia le asset class che hanno avuto la migliore performance di periodo vengono vendute e con quanto ricavato si acquistano quelle che hanno subìto il maggiore deprezzamento. La frequenza con cui ribilanciare il portafoglio è una scelta d’investimento attiva, tuttavia è opportuno tenere presente che i benchmark con cui si confrontano un gran numero di prodotti di risparmio gestito e alcune gestioni di portafoglio in ambito previdenziale, adottano una frequenza di ribilanciamento giornaliera. Nel nostro esempio, dal 31/12/2019 al 31/8/2020 una strategia "Constant Mix" con ribilanciamenti giornalieri composta dal 60% di obbligazioni e dal 40% di azioni avrebbe avuto un rendimento di periodo del 6,81% con una volatilità annualizzato del 13,9%, un massimo drawdown del 15,2% e uno Sharpe ratio di 0,49. A livello operativo tuttavia è assai arduo ipotizzare che la gestione del portafoglio possa ogni giorno ribilanciare le esposizioni allo stesso modo del benchmark. Ribilanciamenti meno frequenti, con cadenza mensile o trimestrale, possono essere invece implementati in modo meno invasivo per le strutture di front e back office degli operatori e rappresentano perciò opzioni praticabili.

Continuando col nostro esempio, dal 31/12/2019 al 31/8/2020 una strategia “Constant Mix” con ribilanciamenti mensili composta dal 60% di obbligazioni e dal 40% di azioni avrebbe avuto un rendimento di periodo del 6,3% con una volatilità annualizzata del 13,3%, massimo drawdown del 14,9% e uno Sharpe ratio di 0.48. Una “Constant Mix” con ribilanciamenti trimestrali, sempre composta dal 60% di bonds e dal 40% di azioni, avrebbe avuto invece un rendimento di periodo del 6,8% con una volatilità annualizzata del 13%, massimo drawdown del 14,5% e uno Sharpe ratio di 0.52. La seguente figura 3 illustra l’andamento nel periodo di osservazione delle diverse strategie che abbiamo menzionato.

Figura 3 - Andamento delle diverse strategie di ribilanciamento

Figura 3 - Andamento delle diverse strategie di ribilanciamento

Fonte: Elaborazioni dell’autore su dati Bloomberg, dal 31/12/2019 al 31/8/2020

Una frequenza di ribilanciamento trimestrale non sarebbe stata impattante dal punto di vista operativo per l’investitore. Avrebbe richiesto due soli ribilanciamenti da inizio anno, con un turnover di portafoglio di circa il 10% e 6% rispettivamente, che nel contesto di mercato del 2020 avrebbero creato valore per l’investitore aggiungendo un punto percentuale di rendimento rispetto alla “Buy and Hold” nei primi otto mesi dell’anno corrente. Il tutto senza aumentare significativamente il rischio di portafoglio, che in termini di volatilità annualizzata sarebbe passato dal 12,5% al 13%, e migliorando sensibilmente lo Sharpe ratio. La tabella 1 seguente illustra la sintesi dei risultati ottenuti dalle diverse strategie.

Tabella 1 - Sintesi dei risultati ottenuti dalle diverse strategie

Tabella 1 - Sintesi dei risultati ottenuti dalle diverse strategie

Fonte: Elaborazioni dell’autore su dati Bloomberg, dal 31/12/2019 al 31/08/2020

La performance in eccesso generata da inizio anno rispetto alla “Buy and Hold” dalle diverse strategie “Constant Mix” è riportata nella figura 4 seguente.

Figura 4 - Extra performance cumulata vs "Buy and Hold"

Figura 4 - Extra performance cumulata vs

Fonte: Elaborazioni dell’autore su dati Bloomberg, dal 31/12/2019 al 31/8/2020

Le considerazioni fin qui espresse si basano su indici di mercato che non considerano costi di transazione, tasse, commissioni di gestione e altri oneri che nel mondo reale l’investitore è chiamato a sostenere. La decisione sull’implementazione o meno di qualunque forma ribilanciamento di portafoglio deve essere pertanto attentamente valutata in considerazione dei suddetti costi e, come riscontrato in letteratura e verificato anche in questa analisi di breve periodo, del maggiore rischio che origina per l’investitore.

La possibilità di utilizzare strumenti indicizzati liquidi, quotati sui mercati regolamentati e dal costo contenuto come gli Exchange Traded Funds (ETF) che replicano, tra gli altri, anche gli indici utilizzati in questo studio può rivelarsi utile per l’investitore, sia per contenere il costo di transazione che per facilitare l’operatività con cui avvengono i ribilanciamenti. Gli indici che abbiamo qui considerato, ad esempio, sono composti da migliaia di azioni e obbligazioni e sono tuttavia investibili tramite una sola operazione di compravendita attraverso gli ETF. In particolare, gli ETF obbligazionari più grandi e più scambiati hanno dimostrato durante la crisi sanitaria causata da COVID-19 di migliorare significativamente l’efficienza del mercato obbligazionario. Essendone parte integrante, hanno consentito il trasferimento del rischio da un investitore a un altro offrendo maggiore liquidità, migliore trasparenza e minori costi di transazione rispetto alle obbligazioni sottostanti.

L’investitore attivo, alla ricerca della remunerazione del rischio incrementale assunto con l’attività di ribilanciamento, tipicamente investe una porzione del portafoglio in quegli ETF che replicano le asset class oggetto del ribilanciamento stesso. Al fine di trovarsi pronto, quando le condizioni di mercato lo richiederanno, a implementare le opportune variazioni alla composizione del portafoglio, la quota parte da investire in strumenti finanziari indicizzati liquidi, facilmente negoziabili e trasparenti dipende dalla volatilità attesa del mercato: nel caso della correzione di mercato dei primi mesi del 2020, legata alla diffusione di COVID-19, un investitore che deteneva a inizio anno il 60% del portafoglio in obbligazioni e il rimanente 40% in azioni avrebbe dovuto riservare agli ETF un’allocazione del 10% circa delle rispettive esposizioni nelle due asset class per essere in grado di effettuare una pronta ed efficace implementazione dei necessari cambiamenti alla composizione di portafoglio.

Enrico Camerini, Head of Institutional Clients Italy – iShares and Index Investments

28/9/2020

 
 
 

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