Una migliore società: la stella polare degli investimenti ESG degli istituzionali italiani

Dall'indagine Itinerari Previdenziali sugli investimenti sostenibili adottati dagli investitori istituzionali italiani, emerge che le strategie implementate hanno in comune la costruzione di una società più equa e meno conflittuale. Riscuote successo anche l’attenzione all’ambiente, mentre resta sullo sfondo la "G" di Governance

Giovanni Gazzoli

All’interno della Sesta edizione del Report annuale "Investitori istituzionali italiani: iscritti, risorse e gestori per l'anno 2018", il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali ha introdotto una novità, ossia un’indagine sulla sostenibilità degli investimenti degli investitori istituzionali italiani. Oltre alle principali evidenze, già messe in risalto da quest'articolo di Michaela Camilleri che ha accompagnato la diffusione del documento, è utile approfondire altri aspetti risultanti da tale indagine, così da fornire ulteriori spunti di riflessione.

Abbiamo visto che l’82% degli investitori istituzionali adotta tali soluzioni per fornire un contributo allo sviluppo sostenibile, motivazione di gran lunga preponderante rispetto alla gestione più efficace dei rischi finanziari (54%) e dell’ottenimento di rendimenti finanziari migliori (18%); inoltre, ci si è già soffermati anche sulle linee guida di riferimento, tra le quali spiccano le Convenzioni internazionali in tema di diritti umani e tutela ambientale (50%) e i Principles for Responsible Investment (39%) e il programma Global Compact (36%) delle Nazioni Unite, mentre sono più distanti la Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici e l’Accordo di Parigi (7%).

Alla luce di ciò, vediamo come tali “fondamenta” sottostanno al “palazzo”: in altri termini, quali sono le strategie d’investimento adottate, e come queste sono implementate nello specifico?

Innanzitutto, se valutate nel loro insieme, si nota che quasi tutte le strategie sono distribuite in modo abbastanza uniforme (grafico 1): spiccano le Best in class (46%), seguite da Esclusioni ed Engagement (42%), Convenzioni internazionali (38%) e investimenti tematici (35%), con l’Impact investing (23%) a chiudere l’elenco.

Grafico 1 - Quali sono le strategie SRI adottate?

La strategia delle Best in class è definita come un approccio che seleziona o pesa gli emittenti in portafoglio secondo criteri ambientali, sociali e di governance, privilegiando gli emittenti migliori all’interno di un universo, una categoria o una classe di attivo; nell’indagine, sono stati presi in considerazione i seguenti criteri: riduzione delle emissioni di anidride carbonica, efficienza energetica, qualità dell’ambiente di lavoro, rispetto dei diritti umani, presenza di consiglieri indipendenti nel board e remunerazione del top management. Ebbene, i criteri ambientali e sociali sono quelli maggiormente considerati, con il 58% degli investitori che monitora il fattore delle emissioni di anidride carbonica e il 50% attento sia all’efficienza energetica sia ai diritti umani; i temi relativi all’ambiente di lavoro in senso stretto, invece, hanno riscosso meno successo: il 33% ha indicato la qualità dell’ambiente di lavoro, il 17% la remunerazione del top management e solo l’8% la presenza di consiglieri indipendenti nel board.

Per quanto riguarda le Esclusioni, s’intende l’approccio che prevede l’esclusione esplicita di singoli emittenti o settori o Paesi dall’universo investibile, sulla base di determinati principi e valori. In questo caso, sono stati sottoposti all’esame degli investitori alcuni settori. Il più “contestato” è quello delle armi, che non rientra nelle strategie dell’87% degli investitori, mentre riscuotono lo stesso insuccesso le categorie violazione di diritti umani, civili e politici, pornografia e corruzione (67%); poco più della metà esclude dagli investimenti tutto ciò che ha a che fare con il lavoro minorile o il gioco d’azzardo (60%), così come il 53% esclude l’industria del tabacco. Chiudono la lista il nucleare, la violazione della parità di genere e i combustibili fossili (intorno al 30%).

Al pari delle Esclusioni è adottata la strategia dell’Engagement, che si configura come l’attività che si sostanzia nel dialogo con l’impresa su questioni di sostenibilità e nell’esercizio dei diritti di voto connessi alla partecipazione al capitale azionario. Sono due le modalità con cui tale attività si esprime: il soft engagement, come ad esempio incontri periodici, invio di report, teleconferenze o altro, scelto dal 69% degli investitori istituzionali, e l'hard engagement, ossia interventi in assemblea o esercizio del diritto di voto, adottato dal restante 31% della platea rispondente.

La strategia delle Convenzioni internazionali, in modo abbastanza intuitivo, basa la selezione degli investimenti sul rispetto di norme e standard internazionali. Viene da sé che le Convenzioni indicate rispecchino quelle alla base della scelta generale di investire in modo sostenibile, come si è visto precedentemente: non a caso, troviamo UNPRI, Global Compact e principi guida dell’ONU tra le più osservate, alle quali si aggiungono le linee guida dell’OCSE e dell’OIL.

Possiamo poi definire gli Investimenti tematici come quell’approccio che seleziona gli emittenti in portafoglio secondo criteri ambientali, sociali e di governance. Anche qui, troviamo molte convergenze rispetto alla priorità alla base delle Esclusioni: l’efficienza energetica (64%) in particolare tocca la sensibilità di molti investitori. Riscuote molto interesse anche l’RSA (43%), mentre troviamo a macchia di leopardo ambiti diversi altri ambiti più specifici: dalla salute (21%) alla gestione dei rifiuti (14%), passando per mobilità (21%), immobiliare sostenibile (29%), gestione dell’acqua (14%) e silver economy (7%).

Infine, chiude l’analisi la strategia dell’Impact investing, ossia quegli investimenti in imprese, organizzazioni e fondi realizzati con l’intenzione di generare un impatto socio-ambientale positivo e misurabile, assieme a un ritorno finanziario. Grande successo riscuote il social housing, che attira l’attenzione dell’80% degli investitori che adottano tale strategia; seguono la microfinanza (40%), green o social bond (30%) e progetti educativi speciali, quali l’educazione alimentare, la dispersione scolastica e la recidiva post-carcere (30%).

In conclusione vale la pena sottolineare un risultato molto significativo dell’indagine. Come visto, Best in class è la strategia più adottata, mentre Investimenti tematici e Impact investing chiudono la fila. Ebbene, in futuro tale scenario muterà radicalmente: gli investitori, infatti, intendono cambiare in modo sostanziale le proprie strategie d’investimento sostenibile (grafico 2), al punto che Investimenti tematici e Impact investing saranno addirittura le prime strategie in assoluto, mentre Best in class perderà la propria centralità.

Grafico 2 - Quali strategie intendete includere o incrementare criteri sostenibili nella vostra politica di investimento

 

Giovanni Gazzoli, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

1/10/2019

 
 

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