Cultura finanziaria e fondi pensione: la sfida di Eurofer

La previdenza complementare in Italia continua a crescere, ma stenta a decollare, complice anche una cultura finanziaria ancora modesta: attività di informazione ed educazione, ma anche meccanismi come quello di adesione contrattuale possono fare la differenza? L’esperienza del fondo pensione Eurofer

Mara Guarino

Le ultime riforme previdenziali, a cominciare dall’introduzione del metodo contributivo (perno intorno a cui ruota la riforma Dini del 1995), hanno reso indispensabile iniziare a pensare al proprio futuro pensionistico sin da giovanissimi, valutando eventualmente anche l’adesione a una forma di previdenza complementare che consenta di ovviare a una copertura pensionistica obbligatoria non del tutto adeguata alle esigenze della propria vecchiaia. Eppure,  i dati sull’adesione alla previdenza integrativa testimoniano che spesso sono proprio i soggetti potenzialmente più bisognosi quelli meno inclini a integrare la pensione pubblica: una scelta non necessariamente piena e matura, ma al contrario in molti casi figlia di una scarsa consapevolezza di opzioni e opportunità e, più in generale, di una cultura previdenziale (e finanziaria) paradossalmente poco sviluppata in un Paese dove il tema “pensioni” è spesso all’ordine del giorno. 

Con quali strumenti sensibilizzare dunque i più giovani? E quali gli strumenti (legislativi e non) oggi a disposizione di un fondo pensione per destare, da un lato, l’attenzione dei propri potenziali aderenti e, dall’altro, offrire prestazioni all’altezza delle necessità e delle aspettative di quanti hanno già invece aderito alla previdenza complementare? Ne abbiamo parlato con Santo Di Santo, Direttore responsabile di Eurofer, fondo pensione negoziale dedicato ai dipendenti cui si applica il CCNL delle Attività Ferroviarie, di ANAS e Nuovo Trasporto Viaggiatori. 

Si è recentemente conclusa la due giorni di celebrazioni per i vent’anni di Eurofer: dovendo tracciare un bilancio di questo primo ventennio di attività, quale sarebbe? 

Eurofer nasce il 3 marzo del 1999 con un accordo tra le Ferrovie dello Stato e le OO.SS.: Filt CGIL, Fit CISL, UIL trasporti, FISAFS Cisal e SMA CONFSAL. Occorre però aspettare febbraio 2000 per avere l’atto notarile costitutivo e giugno 2002 per l’autorizzazione e l’iscrizione nell’Albo della COVIP con il numero d’ordine 129. La gestione finanziaria è stata avviata nel 2004 con un solo comparto di investimento finanziario, denominato Bilanciato.

Da quel momento a oggi Eurofer è arrivata ad avere circa 75.000 iscritti, con un patrimonio di 1.034.869.625 euro al 31 dicembre 2018. Da inizio attività dei comparti essi hanno guadagnato rispettivamente: il 69,68% il bilanciato, il garantito 20,02% e il dinamico ben l’81,18% (dati aggiornati al 31 dicembre 2018). Ecco, questo secondo noi è il bilancio di questi venti anni di attività. 

Considerata la difficoltà di prevedere anche l’evoluzione degli scenari normativi della previdenza pubblica e complementare, il compito non è semplice… Ma dove e come immaginate il fondo tra altri vent’anni? Ci sono particolari progetti, prestazioni o aree di implementazione su cui pensate di concentrarvi nel prossimo futuro? 

Noi pensiamo che tra vent’anni il fondo Eurofer sarà un fondo estremamente tecnologico e al passo con i tempi. Stiamo puntando tantissimo sull’innovazione, in quanto crediamo che sia il driver per poter attrarre le generazioni future e farle avvicinare alla previdenza complementare (vero nostro obiettivo). Lo sviluppo delle app e la possibilità di poter effettuare tutte le prestazioni erogabili dal fondo in maniera on-line potranno essere elementi di attrazione, con una importante riduzione dei costi e un miglioramento dell’efficienza delle procedure, riducendo notevolmente il rischio di errore umano. Tutto questo, assieme a una gestione prudente e all’avanguardia degli investimenti, consentirà a Eurofer di attrarre nuovi aderenti. 

A proposito di normativa, come interpretate le novità recentemente introdotte dalla Legge di Bilancio e dal successivo decreto legge 4/2019? Il legislatore è indubbiamente intervenuto più sul primo che sul cosiddetto secondo pilastro, ma a vostro giudizio quali le possibili ripercussioni per la previdenza complementare? Limitatamente al vostro ambito, auspicavate maggiori o diversi interventi? 

La cosiddetta riforma “Quota 100”  impatterà limitatamente sui fondi pensione del secondo pilastro. Gli unici due aspetti che possono avere rilevanza, sono, a mio giudizio, la possibilità di avere minori flussi da parte di lavoratori under 45, i quali saranno incentivati a riscattare la laurea piuttosto ché implementare la loro posizione previdenziale, nonché un minor flusso derivante dai lavoratori che avranno raggiunto i 62 anni di contributi e che aderiranno a quota 100. Ci saremmo aspettati da questo Governo una maggiore attenzione al risparmio previdenziale, tenuto conto che l’assetto generale della Fornero non è stato cambiato è che l’età per avere la pensione pubblica è rimasta pressoché inalterata. 

Gli ultimi dati diffusi e commentati da COVIP evidenziano alla fine del 2018 una crescita del 7% (+ 197.000 iscrizioni rispetto all’inizio dell’anno) per le iscrizioni nei fondi pensione negoziali: sempre COVIP sottolinea che l’apporto maggiore (circa 160.000 posizioni) è dipeso da quei fondi che hanno attivato meccanismi di adesione contrattuale. A partire dall’agosto 2017, anche Eurofer ha aperto la strada all’iscrizione contrattuale: come valutate al momento l’impatto di quest’iniziativa dal punto di vista sia delle adesioni sia della contribuzione?

Noi riteniamo che l’adesione contrattuale sia stata fondamentale per Eurofer, non tanto per l’importo versato, il quale è di circa 100 euro per singolo lavoratore, ma per la possibilità di avere i dati anagrafici di tutta la nostra possibile platea. Questo ci consente di effettuare campagne di informazione e formazione, mirate a far comprendere l’importanza della previdenza complementare e i vantaggi derivanti dall’adesione piena.

Nel complesso, si potrebbe dire che la previdenza complementare in Italia cresce, ma non decolla: c’è insomma ancora tanto da fare… Cosa, esattamente, a vostro giudizio? Da normativa ed evoluzione internazionale del settore (ad esempio PEPP, IORPII, etc) può arrivare una mano? 

Le nuove normative internazionali sono fondamentali al fine di incrementare la struttura dei fondi pensione e renderle più credibili e solide agli occhi degli associati.Ma pensiamo che serva ben altro per far crescere le adesioni. Innanzitutto, vanno aumentate comunicazione e informazione riguardanti la pensione complementare a livello nazionale. Riteniamo che siano ancora troppo poche le persone che conoscono questo strumento e dal nostro punto di vista questo è un grande gap comunicativo che possiamo risolvere con campagne di sistema. La cultura previdenziale è fondamentale, ma può crescere solo con il sostegno di una buona cultura finanziaria oggi ancora carente.

Anche alla luce della vostra esperienza, dovendo valutare le ragioni alle base della mancata iscrizione (o contribuzione) alla previdenza complementare, che peso dareste a informazione e cultura finanziaria? Quali sono le iniziative messe in campo da Eurofer per accrescere la consapevolezza della platea di riferimento sui benefici legati all’adesione? O, ancora, per informare i propri iscritti delle prestazioni cui è possibile accedere una volta aderito? 

Il Consiglio di Amministrazione di Eurofer ha approvato, nel 2016, un piano triennale di formazione, promozione, proselitismo e pubblicità in materia di previdenza complementare per il triennio 2016-2018, denominato “Progetto di formazione". Il Piano ha visto nel corso del triennio 11 eventi formativi organizzati da Eurofer su Roma, ma anche in altre sedi sul territorio come Milano e Napoli, rivolti ai delegati dell’assemblea, ai membri delle organizzazioni sindacali e ai referenti aziendali, tutti coloro che sono deputati a fornire informazioni sul Fondo ai lavoratori. Oltre alla formazione tramite eventi Eurofer ha aperto tre pagine social con lo scopo di promuovere e diffondere sia la cultura previdenziale che quella finanziaria. Infine, abbiamo partecipato e sostenuto attivamente tutte le iniziative negli ultimi tre anni promosse in tal senso da Assofondipensione e Mefop.

Un’ultimissima nota infine sulle performance… Il 2018 è stato in generale un anno difficile per gli investitori italiani (e non solo): in questo contesto, come si è mosso Eurofer? E quali suggerimenti vi sentireste di dare agli aderenti preoccupati dal difficile momento attraversato dai mercati finanziari? 

Purtroppo i mercati finanziari sono dominati da eventi macro che noi non possiamo prevedere, ma soprattutto condizionare. Al di là di quello che può avvenire nel breve periodo, noi ci sentiamo di tranquillizzare i nostri aderenti facendoli ragionare in un’ottica di lungo periodo. La nostra storia ci insegna che anche in passato - come ad esempio il 2008 - ci sono stati rendimenti negativi, ma nel lungo termine il risultato è stato ben diverso, e infatti in 15 anni di attività il comparto bilanciato ha guadagnato circa il 70% e il dinamico più dell’80%. 

Mara Guarino, Itinerari Previdenziali

12/3/2019

 
 

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