Fondazioni di origine Bancaria a supporto dell'economia reale italiana

Il sostegno allo sviluppo del Paese può essere raggiunto in molti modi, finanziando le piccole e medie imprese nel loro percorso di crescita, investendo nella rete infrastrutturale nazionale o, a livello locale, attraverso progetti a misura di "territorio", come da sempre fanno le Fondazioni di origine Bancaria 

Niccolò De Rossi e Gianmaria Fragassi

Nella loro accezione più ampia, riflessioni e analisi sugli investimenti in economia reale domestica non possono non coinvolgere anche l’operato delle Fondazioni di origine Bancaria che, da sempre, svolgono un ruolo di sostegno ai propri territori di riferimento attraverso le consistenti erogazioni e finanziamenti di progetti impattanti sulle comunità locali. Se è del resto vero che tutti gli investitori istituzionali italiani sono sempre più al centro dell'attenzione per il contributo che possono fornire allo sviluppo e al tessuto produttivo del Paese, lo è altrettanto che - proprio per le loro peculiari caratterstiche - questo supporto assume, sotto il profilo sia strettamente finanziariosia socio-economico, particolari sfumature nel caso delle FoB: sfumature di cui abbiamo parlato con Matteo Franchetto, Responsabile Attività Patrimoniali e Finanziarie della Fondazione Cariverona. 

Le Fondazioni di origine Bancaria sono da sempre molto esposte al sistema Paese dato il loro ruolo di supporto ai territori: oltre alle consistenti erogazioni che già effettuano, c’è spazio per ulteriori investimenti in economia reale? 

Le Fondazioni hanno già insito nella loro “mission” il sostegno dello sviluppo economico del Paese attraverso il processo erogativo. Fondazione Cariverona eroga l’80% del proprio avanzo e per questo motivo la gestione del patrimonio è fatta, per quanto possibile, in modo da massimizzare il risultato dal punto di vista finanziario (e, quindi, le erogazioni), indipendentemente dalla geografia dell’investimento, quasi come se si trattasse di un asset manager.

Detto ciò, nel momento in cui i requisiti di rischio e rendimento sono soddisfatti e nel caso di temi di investimento particolarmente interessanti, c’è sicuramente spazio per un ulteriore investimento o per la sostituzione con un asset meno efficiente. Ad esempio, la Fondazione, tramite il fondo di fondi sui private markets dedicato alle fondazioni, DeA Endowment Fund, ha investito su di una strategia focalizzata sul recupero dei cosiddetti “crediti UTP” italiani e, in tal modo, sul rilancio delle imprese italiane di medie dimensioni. 

Poiché le Fondazioni di origine Bancaria non raccolgono contributi ma mirano a conservare/accrescere il proprio patrimonio, quali dovrebbero essere le caratteristiche di un prodotto alternativo "adeguato" alle vostre esigenze finanziarie?

Le politiche di investimento e la strategia di gestione di Fondazione Cariverona sono incentrate sull’esigenza di garantire un’adeguata redditività, avendo cura di preservare nel tempo il valore economico del patrimonio; quindi, le caratteristiche di qualsiasi prodotto dovrebbero sposarsi con tali necessità.

Ad esempio, in tale ottica, nell’ambito degli investimenti alternativi, Fondazione Cariverona ha sottoscritto nel primo trimestre del 2019 un piano di investimento in un fondo di fondi alternativo sui mercati privati dedicato alle fondazioni, il già citato DeA Endowment Fund, dopo averne selezionato il gestore e lavorato con esso alla definizione della politica investimento, della governance e dei limiti di gestione più adatti alle esigenze di un cliente istituzionale quale una Fondazione, appunto. Il gestore è DeA Capital Alternative e il fondo ha un IRR target tra il 6% e il 10%, un orizzonte temporale di 15 anni e investirà a livello globale in fondi di private debt per il 50%, di private equity per il 30% e di infrastrutture per il 20%, differenziando i “vintage” su 3 anni. Tali caratteristiche risultano dalla ricerca di un profilo che, da un lato, assicuri rendimenti superiori a quelli attualmente realizzabili nell’ambito dei mercati più liquidi ma, dall’altro, non abbia una J-curve troppo “profonda” e garantisca una distribuzione stabile, se non dal primo anno di investimento almeno dal successivo: queste ultime necessità in particolare danno luogo a un peso più consistente del debito e alla presenza delle infrastrutture in portafoglio.

Nonostante la progressiva riduzione di investimento nella propria conferitaria che inevitabilmente già espone le fondazioni al rischio Paese, vedete la possibilità di effettuare percorsi anche in forma aggregata tra diverse Fondazioni per investire in economia reale?

Certamente. Il già citato DeA Endowment Fund, ad esempio, è aperto anche ad altre Fondazioni e investitori istituzionali e, assieme a Fondazione Cariverona, una volta condivisa e approvata la politica di investimento e di governance, hanno partecipato al primo closing anche la Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e la Fondazione Cassa di Risparmio di Macerata.

Un’altra forza di questo tipo di veicolo, specialmente in ambito di mercati illiquidi, ma anche liquidi, è che permette di sfruttare le economie di scala, e quindi dare accesso anche a investitori che non raggiungono una massa critica, senza però rinunciare al beneficio dell'"abito su misura", cucito sulle effettive caratteristiche degli enti sottoscrittori.

Niccolò De Rossi e Gianmaria Fragassi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

9/1/2020 

 
 

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