Fondi pensione: superare la crisi e sfruttare la ripartenza

Investimenti sostenibili, alternativi e ribilanciamento di portafoglio potrebbero essere gli ingredienti a disposizione dei fondi pensione per far fronte alla difficile situazione attuale e, soprattutto, per sfruttare la ripartenza? Ne abbiamo parlato con Silvio Bencini, Managing Partner di European Investment Consulting - EIC

Niccolò De Rossi

La profonda emergenza sanitaria che ha investito l’Italia, e non solo, sta avendo ripercussioni gravi anche sui mercati finanziari provocando considerevoli perdite per tutti gli investitori, compresi i fondi pensione. Se la priorità è certamente quella di minimizzare il più possibile le conseguenze di tali ribassi sui rispettivi patrimoni, alcune scelte di investimento potrebbero rivelarsi particolarmente utili quando inizieranno i primi segnali di ripresa dei listini. Una buona diversificazione, anche attraverso investimenti illiquidi, e un ribilanciamento dei portafogli su asset rischiosi a seguito delle forti correzioni registrate potrebbero ad esempio essere alcuni degli strumenti a loro disposizione. Su questi temi abbiamo raccolto l’opinione di Silvio Bencini, Managing Partner di European Investment Consulting.

La diffusione di COVID-19 ha generato una delle crisi più profonde dal dopoguerra a oggi con ripercussioni profonde anche sui mercati finanziari, che hanno segnato ribassi consistenti anche per gli investitori istituzionali come i fondi pensione. A tal proposito, secondo la sua esperienza, come valuta la possibilità di ampliare il ricorso a investimenti “alternativi” nei private markets? Può essere una strada per avere asset allocation maggiormente diversificate e dunque più resilienti a shock esogeni come quello attuale?

È importante ricordare che gli investimenti “alternativi” sono esposti agli stessi fattori di rischio degli investimenti “tradizionali” e che gran parte della diversificazione che forniscono è di tipo contabile, e nasce dalla minor frequenza della valutazione e dalla diversa fonte dei prezzi (perizie anziché mercato). Per rendersene conto basta vedere l’impatto che lo shock del coronavirus sta avendo sui portafogli dei fondi di private debt. Certamente però la crisi attuale aumenta il premio per il rischio di mercato e di illiquidità offerto dai “private assets” e consente all’investitore con un orizzonte adeguatamente lungo e con capacità di selezione di cogliere interessanti opportunità.

Questa crisi apre tuttavia un tema nuovo per le scelte di investimento illiquide dei fondi pensione, e cioè l’impatto sull'orizzonte di liquidità che potranno avere maggiori domande di riscatti e anticipazioni e minori contributi. Andranno rifatte le stime sull’evoluzione dei patrimoni per capire quali sono le percentuali di “alternativi illiquidi” gestibili a medio termine.

Uno dei maggiori temi che ha interessato negli ultimi anni il mondo dei fondi pensione è certamente quello della sostenibilità. Tale evoluzione può essere considerata solo una moda passeggera o al contrario includere i fattori ESG all’interno dei portafogli può portare effettivi benefici in termini di rischio/rendimento? Quali sono le possibili valutazioni di rischio da effettuare sui portafogli degli investitori? 

L’attenzione per i criteri ESG non è una moda passeggera perché ormai fa parte di alcune norme europee, come IORP II e la direttiva “Shareholders Rights”. Ritengo però che l’area dove l’ambizione del regolatore si concilia meglio con le esigenze dei fondi pensione e dei loro iscritti sia quella sottesa alla lettera “G”, cioè della corporate governance, sia perché è un criterio che spiega meglio di altri le differenze di rendimento fra società, sia perché è un’area dove gli effetti delle azioni dell’”investitore responsabile”, se ci sono, sono più evidenti e immediati.

Quanto ai benefici in termini di rischio/rendimento quello che si constata esaminando portafogli diversificati è che un orientamento ESG non penalizza la gestione rispetto a un indice che contenga tutto l’universo. L’enfasi della direttiva IORP II sui “rischi ESG” è forse esagerata sia rispetto all’effettiva dimensione di questi rischi in un portafoglio diversificato sia rispetto alla capacità di misurarli in modo univoco. Recenti ricerche, riprese lo scorso anno dal FMI, hanno mostrato che c’è pochissima correlazione fra i rating ESG assegnati a ciascun emittente dalle diverse società specializzate.

Volgendo lo sguardo al prossimo futuro, quali interventi potrebbero essere condotti sulle asset allocation di investitori di lungo periodo per cogliere al meglio la futura ripresa tenendo comunque in considerazione l’aspetto di investitore prudente e bilanciando dunque i rischi da assumere? 

Al di là delle opportunità che vengono offerte oggi dai mercati privati, penso che, in questo momento, investitori con un orizzonte abbastanza lungo dovrebbero ribilanciare con disciplina le loro asset allocation, in modo da riportare le azioni almeno al loro peso neutrale. Non sappiamo se i mercati hanno raggiunto i minimi ma proprio perché non lo sappiamo è meglio cominciare ad approfittare della forte correzione degli ultimi due mesi.

Quale sarà o quali saranno, secondo Lei, i maggiori driver di mercato che traineranno la ripresa? Continuerà anche nei prossimi anni la contrapposizione tra USA e Cina come superpotenze e quanto invece gli interventi delle Banche Centrali continueranno a sostenere e guidare il sentiment e le scelte di investimento degli operatori finanziari?

Politiche fiscali e monetarie molto espansive aiuteranno sicuramente a evitare che questa crisi si protragga oltre il 2020. Ma la ripresa potrà essere duratura solo se si riusciranno a limitare le attuali spinte fortissime al protezionismo, all’allargamento del ruolo degli Stati nell’economia e all’isolamento nazionale.

Niccolò De Rossi, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

29/4/2020

 
 
 

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