La dittatura della maggioranza e quella minoranza che paga per tutti

I 5,5 milioni che dichiarano più di 35mila euro l'anno versano il 60% dell'intera IRPEF e coprono così il costo per sostenere - con servizi, bonus e sussidi - non solo gli indigenti veri, ma anche evasori ed elusori del fisco italiano: una situazione (insostenibile) di cui la politica alla perenne ricerca del consenso sembra non voler rendersi conto

Alberto Brambilla

Che la confusione e le contraddizioni nel nostro Paese siano tante e in aumento, lo si legge giorno per giorno nelle dichiarazioni della politica e negli atti dei governi che, ormai da troppi anni, si susseguono al ritmo medio di uno ogni 17 mesi circa. Se poi associamo tre argomenti che sembrano differenti ma in realtà molto legati tra di loro - e cioè, premiare il merito, lotta all'evasione fiscale e transizione ecologica - la confusione è totale, e questo non è un bene per il Paese.

Merito spesso, anche se non sempre, fa rima con redditi decenti prodotti da impegno, lavoro, abnegazione e soprattutto tanti “doveri”. In Italia, invece, avere un reddito lordo sopra i 35mila euro è considerato un lusso, una situazione che non deve fruire dei benefici pubblici: anzi, deve essere tassata in quanto situazione agiata. In un Paese dove si parla sempre di redditi lordi e dove la progressività della tassazione è tripla, un reddito da 35mila euro lordi vale circa 2.000 euro netti al mese, che si riducono se si hanno figli che frequentano mense, usano trasporti scolastici o sono iscritti all’università perché le rette e costi per queste attività sono legate al reddito. E quanti sono questi “agiati” da 35mila euro lordi l’anno? Sono solo 5,5 milioni, rappresentano il 13,22% dei dichiaranti/cittadini ma pagano quasi il 60% di tutta l’IRPEF e molto di più in termini di IRAP, ISOST e IRES, oltre che le imposte indirette. Invece, quelli che dichiarano da 100mila euro in su sono solo l’1,21%, pari a 501.846 dichiaranti/cittadini. Per inciso, le automobili di grossa cilindrata circolanti in Italia sono 2,5 milioni per cui 2 milioni di persone che mancano all'appello, evidentemente, sono di ereditieri.

Per questi cittadini l’eventuale risparmio della mini-riforma fiscale si aggirerebbe sui 270 euro l’anno ma ciò ha scatenato le ire del sindacato e dei partitini di sinistra, compresa una “fetta” del PD, che volevano congelare questo risparmio (lo 0,27%) per darlo sotto forma di sconti in bolletta energetica ai poverini che dichiarano redditi bassi. Si tratta di quasi la metà degli italiani che vivono (così almeno risulta dalle loro dichiarazioni dei redditi) con circa 10.000 euro lordi l’anno, pagano meno di 5 miliardi di IRPEF e costano al citato 13%, solo per la sanità, oltre 51 miliardi l’anno. Poi beneficiano gratuitamente di tutti gli altri servizi, e pure lamentandosi per uno Stato che non li aiuta. Ovviamente, quelli che dichiarano redditi superiori a 35mila euro non beneficiano, se non in modo marginale, dell’AUUF (la "paghetta" di Stato) e di quasi nessun bonus; anzi, il segretario del PD voleva pure far pagare una tassa di successione pro-giovani (con quale scelta di merito non si sa). 

Per dare una prova di questa dittatura della maggioranza, che con tutti i bonus e i sussidi sta letteralmente narcotizzando il Paese, vale la pena di ricordare che nel 2018 il governo gialloverde, con quella che potrebbe essere definita una falsa informazione sociale, decise di "punire" quelli che, in gergo spregiativo e tale da scatenare odio sociale, definirono i "pensionati d'oro", cioè quelli con pensioni da 100mila euro lordi l'anno in su. Conte e i suoi due vice spiegarono che avrebbero ricalcolato con il metodo contributivo le pensioni di questi "nababbi" (così li definirono) per ridurre gli importi immeritatamente incassati e, con il ricavato, aumentare le pensioni basse. Ovviamente il ricalcolo non si fece, anche perché se si fosse fatto a oltre la metà dei cosiddetti “d’oro” avrebbero dovuto aumentare -  non ridurre -  la pensione e, quindi, si procedette con squilli di tromba al taglio selvaggio, senza alcun conteggio. Ai tre non è nemmeno venuto in mente che i "poveri" pensionati a cui volevano aumentare la prestazione rappresentano ben il 50% dei 16 milioni di pensionati italiani, che peraltro sono totalmente o parzialmente assistiti per il semplice fatto che, di contributi, in 67 anni di vita ne hanno pagati pochi o nulla (pagando dunque anche zero tasse). I “taglieggiati” in realtà avevano per la stragrande maggioranza meritato la pensione eppure, anche la suprema Corte, contraddicendo sé stessa, disse che andava bene così riducendo da 5 a 3 anni la durata del taglio. Ma quanti sono i "tagliati"? 35.642 su 16 milioni e 35mila pensionati, per un incasso, in 5 anni di poco più di 200 milioni di euro: è democrazia o dittatura della maggioranza?

La domanda è pertinente e la risposta non può che essere affermativa. Infatti, in questi ultimi 25 anni è stato creato un sistema che potremmo definire: “Meno dichiari e più sussidi, servizi pubblici e attenzioni, avrai”. Basta leggere le decine di leggine che regolano i bonus, gli sconti, le agevolazioni, tutte basate su redditi miserrimi, anche meno di 10mila euro annui: un sistema che incentiva fortemente a dichiarare il meno possibile e ad evadere le imposte. Il tutto in barba al merito, ai doveri e alla lotta all’evasione fiscale: la parola d’ordine usata da tutti è diritti.

Per darne una riprova, ripetiamo alla noia che nel 2008 lo Stato spendeva per l’assistenza a carico della fiscalità generale 73 miliardi; nel 2019 siamo arrivati a 114,27 miliardi. Con quali risultati? Che quelli in povertà assoluta sono aumentati da 2,11 milioni a 4,6 milioni e quelli in povertà relativa da 6,5 milioni a quasi 9 milioni. Sì, avete capito bene: abbiamo speso il 60% in più e abbiamo aumentato del 210% il numero dei poveri. Restano la transizione ecologica e il caro bollette e, anziché spiegare a quel 50% di “fasce deboli” -  termine ormai abusato e che spesso fa rima con evasori fiscali o pocofacenti - come fare a economizzare l’utilizzo di luce, gas e riscaldamento, alla faccia della transizione ecologica finanziamo l’impronta carbonica con sconti in bolletta (oltre 5 miliardi di spesa e i partiti ne chiedono di più). Consumate pure tanto ci pensa lo Stato: sempre il famoso 13%. E se, come accade, aumenta il prezzo di pane, pasta, riso e così via, cosa faranno politici e sindacati? Riesumeranno la tessera alimentare del periodo innominabile?

Ormai è diventato di moda cercare “bisognosi” a cui promettere (pro-consenso elettorale) di tutto: sei separato, divorziato, tossico, alcolizzato, ludopatico, e così via, nessun problema: un bonus oltre al reddito di cittadinanza - che, sempre pro-consenso va bene anche a Berlusconi - lo si trova sempre ovviamente, dice la dittatura della maggioranza. A carico della minoranza. Poi, se questi spremuti non ce la fanno, si fanno come per il 2021 altri 137 miliardi di debito, a carico di figli e nipoti.   

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

25/1/2022

L'articolo è stato pubblicato sul Corriere della Sera, L'Economia del 17/1/2022
 
 

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