La follia di escludere i senior

Nessun Paese al mondo rinuncia all'esperienza di persone di 60-65 anni di età: non consentire il cumulo di lavoro e pensione non favorisce né l'occupazione né tantomeno l'invecchiamento attivo, rischiando oltretutto di vanificare le uscite anticipate

Alberto Brambilla

Nel 2016 gli italiani con più di 65 erano il 22,3% della popolazione: 13,5 milioni; nel 2045, cioè dopodomani, saranno il 33,5% cioè circa 20 milioni. Il nostro Paese, nonostante i continui lamenti sulla povertà, sul malfunzionamento della sanità e su tutto ciò che dipende dagli altri (25 anni di rilassatezza morale hanno fatto totalmente dimenticare i doveri), è ai primi posti al mondo per aspettativa di vita. Oggi, i maschi vivono in media fino a 81 anni circa e le femmine fino a 85. È evidente quindi da questi pochi dati che le età di pensionamento devono adeguarsi all'allungamento della vita e, come accade già in molti Paesi, spesso si lavora anche quando si è in pensione (invecchiamento attivo).

In Italia, su 16 milioni di pensionati oltre 1 milione lavorano e con il cumulo dei redditi da pensione e lavoro, si pagano  da loro stessi la loro pensione senza quasi gravare sulle finanze pubbliche; fossero 2 milioni, magari opportunamente incentivati, il vantaggio per le casse pubbliche sarebbe notevole. Ma il " comune sentire" crede alla "narrazione"  - purtroppo una delle tante - secondo la quale un lavoratore maturo "ruba" il posto a un giovane e, quindi, deve essere espulso dal mercato del lavoro, così che ogni nuovo pensionato possa produrre un posto di lavoro per un giovane: mandiamo in pensione 400 mila "vecchi" e produrremo 400 mila posti per i giovani. A parte che non esiste alcuno studio che avvalli questa fantasiosa narrazione (c'è persino chi dice che ogni pensionato aprirebbe la strada a ben 2 giovani, ma qui siamo ai confini della realtà), esiste invece una serie di dati Eurostat che comprovano il contrario: nei Paesi dove gli anziani lavorano di più anche il tasso di occupazione dei giovani è più elevato. Viceversa, dove gli over 55 lavorano meno come in Italia, anche i giovani sono molto più disoccupati. Infine, un’annotazione sui tassi di occupazione: in Italia lavorano regolarmente circa 23,3 milioni di persone per un tasso totale di occupazione pari a poco più del 58% dei soggetti in età da lavoro. Nelle classifiche sui tassi di occupazione totale, femminile e giovanile siamo sempre regolarmente ultimi. Fa peggio di noi solo la Grecia.

Come si vede ci sarebbero tanti motivi per cercare in tutti i modi di aumentare il numero di lavoratori al fine di ridurre la povertà e aumentare il benessere e lo sviluppo, e invece cosa fanno i nostri Governi? Il primo premio per insipienza e se mi è consentito, di arroganza, è del governo Renzi che, a parte la distribuzione di 80 euro e bonus vari, per il tramite dell'ex ministro Madia, ha decretato che tutti quelli che sono in pensione non possono avere incarichi pubblici e, se proprio fosse necessario, potranno assumere l'incarico per un anno e in modo totalmente gratuito. È come dire ai nativi americani di far a meno dell'assemblea degli anziani o agli antichi romani di cancellare il senato.

Non esiste un Paese al mondo che rinuncia all'esperienza di gente di 60/65 anni. Non esiste un Paese che "rottama" chi ha raggiunto il massimo delle esperienze di vita e di professione e potrebbe dare ancora tanto al proprio Paese, ma l'Italia di Madia e Renzi l'ha fatto, vantandosene. Un fatto peraltro di inaudita incostituzionalità. Si poteva dire: visto che si ha già una pensione riduciamo il compenso, ma almeno consentiamo al Paese di beneficiare di ciò che politici senza arte né parte non possono dare nonostante la loro irrispettosa arroganza.

Ma pensate sia finita qui? Certo che no! Ed ecco spuntare insieme a quota 100 il "divieto di cumulo", un istituto che ha generato una montagna di lavoro nero e che con molta fatica siamo (il Governo 2001-2006) riusciti a eliminare a decorrere dal 2010. E qual è la soluzione per ridurre l'impatto di quota 100? Non certamente tecnica: vai prima in pensione, quindi ricevi l'assegno per più anni e dunque è giusto che tale pensione sia più bassa. No! Soluzione geniale: se vai prima in pensione non hai più il diritto di lavorare, devi stare in panchina al parco perché c'è il divieto di cumulo tra redditi da lavoro e reddito da pensione. Una decisione avvilente, umiliante per quei tanti maturi che vorrebbero, come accade in tutto il mondo, un invecchiamento attivo, magari facendo un lavoro diverso che piace di più e che genera beneficio fisico e psicologico.

E così Renzi prima e Conte poi decretano che l'Italia è tanto ricca e ha così tanta occupazione da poter fare a meno di un terzo della popolazione. Politici giovani, privi di esperienza e di memoria storica con un curriculum modesto fatto spesso solo di incarichi politici, disprezzano il merito, l'esperienza e la preparazione e in nome del popolo italiano decretano la loro arrogante narrazione. Senza neppure sapere come si calcolano le pensioni affermano che è un dovere tagliare le pensioni che definiscono "d'oro" iniettando nella società massicce dosi di odio sociale per quelli che nella vita sono riusciti. Mi si dirà che sono troppo duro nel giudizio, ma di questo passo il nostro Paese rischia di valicare la linea di non ritorno e questo è un grave pericolo per lo sviluppo e la stessa coesione sociale.

Alberto Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali 

4/12/2018 

 
 

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