Povertà senza la ripresa: ecco perché stare a casa non basta più!

In attesa di capire come si concretizzerà la "fase 2" l'unica certezza è purtroppo l'assenza di un vero programma per favorire la ripresa economica del Paese: per il momento, solo continue promesse di sostegno al reddito (anche per i lavoratori in nero) e di liquidità alle imprese, senza condizioni. Una strada che potrebbe rendere il dopo COVID-19 ancora più insidioso 

Alberto Brambilla

Nelle nostre analisi economiche del 20 marzo scorso, avevamo previsto una caduta del PIL dell’11%,un aumento del debito pubblico di circa 100 miliardi e un conseguente rapporto debito/PIL di oltre il 153%. Sembravano catastrofiche rispetto alle previsioni (più rosee) di alcuni titolati centri studi; eppure, il 25 marzo, Goldman Sachs ha rivisto le sue previsioni portando la contrazione del PIL italiano all’11,6%. In termini di occupazione, sempre secondo le nostre previsioni, che suppongono una ripresa complessiva entro il 20 maggio, i posti di lavoro persi sarebbero più di 2,2 milioni e oltre 100mila le attività, escluse le partite IVA di autonomi e professionisti, che non riuscirebbero a riaprire. È ovvio che, anche supponendo l’accesso al MES e prevedendo che la BCE possa acquistare circa 200 miliardi di titoli del nostro debito pubblico, nel 2021 l’Europa si dimenticherà della sospensione del patto di stabilità mentre i mercati, nella perdurante assenza di un progetto per il dopo COVID-19, potrebbero vendere i nostri titoli causando un aumento dello spread a livelli insostenibili per il nostro esangue bilancio.

In questo drammatico contesto, il governo - consigliato dal comitato di esperti virologi, infettivologi e così via - prolunga il lockdown al 3 maggio, ma le voci più accreditate prevedono una chiusura anche per più tempo, il che vuol dire che ci salveremo (forse) dal virus, ma ci troveremo con un Paese a pezzi. E gli altri Paesi?

Premesso che quasi nessuno ha chiuso tutto (e questo lo si vede dai consumi energetici), molti - tra cui Spagna, Austria, Danimarca, Repubblica Ceca, e Norvegia - riapriranno progressivamente da metà aprile. Ad aggravare la situazione, oltre a mancare un piano di “ricostruzione”, sono del tutto assenti soluzioni sanitarie: non si pretende il vaccino, che arriverà forse nei primi mesi del 2021, ma almeno qualche cura efficace o un programma di screening massivo (tamponi, anticorpali, sierologici) che consenta di individuare quelli che possono riprendere a lavorare. Da questo pool di esperti non viene nulla se non l’ormai logoro “state a casa”.

È la stessa cosa che si diceva nel 1918 ai tempi della spagnola: mettere la mascherina (sono recentemente circolate foto d’epoca), non andate a trovare i malati, niente funerali, chiusura di tutto. Peccato che siano passati 102 anni e la “scienza”, quella delle vestali televisive, dibatte ancora sul mascherine sì, mascherine no, sui test sierologici e farmaci sì, ma devono essere approvati dalla scienza... per cui oggi no. E intanto si continua a morire e a stare chiusi in casa. Eppure i coronavirus si conoscono dai tempi della SARS del 2002! Certo i fatti della Lombardia, nella loro enorme gravità, non aiutano e sarà necessario appena possibile indagare i motivi di questa abnorme diffusione, tanto più che già a dicembre scorso negli ospedali di Milano e delle città confinanti  i casi di polmonite erano in grande aumento. Nel 2019, l’Istat ci informa che su 641.768 decessi totali, quelli per malattie del sistema respiratorio sono stati 53.372 di cui a marzo 2019, 15.189 (16.220 nel marzo 2018).

Anche di questo la scienza nulla ci dice. Insomma, pare che la politica sia “prigioniera” degli scienziati sanitari e non sia neppure in grado di abbozzare un minimo di programma. Solo continue promesse di sostegno al reddito anche per i lavoratori in nero e di liquidità alle imprese senza condizioni. Negli USA i tanto declamati i soldi te li danno subito se però non sei mafioso o fallito; in Italia no: soldi a tutti. A debito ovviamente. E tralascio per pietà pasquale di citare i sostenitori di una tassa patrimoniale e i giornalisti che, mentre fino a ieri si scagliavano contro l’evasione fiscale, oggi plaudono a dare i soldi anche ai lavoratori in nero (compresi quelli, tanti, che lavorano per le 4 principali centrali malavitose) e alle attività mafiose.

Programmi nulla: eppure con i 34 miliardi senza condizioni del MES si potrebbe dare lavoro a oltre 100mila persone nella sanità ospedaliera e territoriale (inesistente in gran parte d’Italia con medici di base, che dovrebbero assistere oltre 1.500 pazienti), ma anche a psicologi, assistenti sociali per quei tanti milioni di poveri che poveri sono perché affetti da tossico-alcol-ludodipendenze; si potrebbero ingaggiare nei centri di assistenza territoriali alimentaristi e biologi per insegnare una buona alimentazione evitando l’enorme aumento di malattie croniche e obesità che affliggono e rendono poveri tanti milioni di italiani togliendoli dalla povertà, con guadagni per la collettività e per l’occupazione. Sistemare per motivi sanitari con il MES l’annoso e mai risolto problema dell’indegno e incivile sovraffollamento delle carceri, compresa l’omologazione (attesa da oltre 1 anno) dei braccialetti elettronici; ma per motivi sanitari si possono fare molte altre cose.

E poi tra fondi strutturali UE, i fondi BEI e le somme già stanziate per le opere pubbliche (tante in un Paese con ponti, acquedotti, infrastrutture assenti o fatiscenti) si possono sbloccare i cantieri e far ripartire alla grande l’economia con una dote di oltre 100 miliardi. E ci sarebbe molto altro! Aspettiamo che il governo si muova e che la “scienza” scenda dal suo tempio e dica cosa dobbiamo fare per tornare a lavorare: stare a casa non basta più!     

Alberto BrambillaPresidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

23/4/2020

L'articolo è stato pubblicato su Libero Quotidiano del 14/4/2020
 
 
 

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