Conte II, cosa aspettarsi dal nuovo governo in materia di lavoro

Tra i temi che il nuovo esecutivo deve porre al centro della sua agenda, in materia di lavoro, c'è quello della fuga di competenze all'estero: perché l'Italia non può permettersi di non riuscire a impiegare adeguatamente lavoratori - formati e qualificati - in grado di contribuire allo sviluppo del Paese

Gabriele Fava

Le vicende politiche che hanno animato le pagine dei quotidiani nelle ultime settimane sono state segnate da profondi cambiamenti. Risulta ora di particolare interesse osservare come la nuova squadra di governo intenda affrontare il tema del lavoro e dell’occupazione. Nonostante i lievi segnali di miglioramento dello 0,6% registrati nel secondo trimestre 2019, in Italia il tasso di disoccupazione è ancora elevato rispetto agli altri Paesi europei. Per questo motivo, si ritiene di fondamentale importanza attuare misure finalizzate a sostenere l’incremento occupazionale.

Fino a oggi le politiche attive sono state caratterizzate dal potenziamento dei servizi per il lavoro, attraverso una riqualificazione degli operatori, che ha visto l’avvio di nuove assunzioni presso i centri per l’impiego con lo scopo di sopperire alla carenza di personale qualificato. Per contrastare il fenomeno della disoccupazione si reputano infatti necessari interventi volti a una riforma strutturale del mercato del lavoro che consentano di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta, con percorsi mirati e specializzati. Pare dunque opportuno ricordare come le odierne strutture deputate alle attività di ricerca si presentino ancora oggi non adeguate a svolgere questo compito. Occorre inoltre considerare la mancanza di programmi strutturati che puntino all’inserimento ovvero al reinserimento nel mercato delle persone in cerca di un’occupazione.

A sostegno del tanto sperato incremento occupazionale, sono stati inoltre implementati degli sgravi contributivi che interessano le assunzioni di particolari categorie di lavoratori, quali ad esempio i giovani o i lavoratori del Mezzogiorno, con lo scopo di incentivare le imprese ad avvalersi delle risorse disponibili, ricorrendo a forme contrattuali più stabili. Oltre a ciò, si è inteso agire attraverso l’introduzione di agevolazioni per le cosiddette “eccellenze” al fine di frenare o quantomeno contenere un fenomeno che da diversi anni dilaga in Italia: la fuga dei cervelli all’estero con l’obiettivo di trovare condizioni di lavoro e di vita più appaganti rispetto a quanto, invece, viene offerto in Italia.

È infatti paradossale che in un Paese come l’Italia, che vanta di avere le migliori università a livello mondiale, non sia in grado di impiegare le risorse su cui ha investito in istruzione, cultura e formazione. La perdita di queste risorse costituisce indubbiamente un’altra voce di spreco per lo Stato italiano dal quale ci si aspetta scelte orientate alla valorizzazione delle competenze e non all’esportazione delle stesse. L’allontanamento di risorse competenti, soprattutto in ambito digitale, rappresenta certamente una grave perdita anche per quanto concerne il lavoro, che vede in questo momento storico una vera e propria rivoluzione tecnologica. Molte professioni tradizionali si stanno trasformando per lasciare spazio a forme di lavoro che si avvalgono delle nuove tecnologie. È infatti chiaro che le tecnologie digitali incideranno sensibilmente sul panorama occupazionale, creando ed eliminando posti di lavoro. Se, da un lato, l’introduzione di detti strumenti farà venir sempre meno il bisogno di ricorrere al lavoro puramente di manodopera, dall’altro, è evidente che ai lavoratori saranno richieste maggiori capacità di adattamento e di integrazione ai nuovi metodi di lavoro e all’uso di dotazioni digitali. Anche sotto questo profilo, è doveroso tenere presente come nello spazio europeo stiano aumentando i posti di lavori nel settore digitale con opportunità di carriera meglio retribuite rispetto ad altri.

La sfida che l’attuale governo deve impegnarsi a raccogliere, quindi, riguarda proprio l’impiego dei lavoratori - formati e qualificati - in grado di contribuire allo sviluppo del Paese e non lasciare che le sue risorse vengano inutilmente sprecate.

Gabriele Fava, Socio Fondatore e Presidente dello Studio legale Fava & Associati​​​

10/10/2019 

 
 

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