Fondi interprofessionali, una risorsa da sfruttare

I fondi interprofessionali rappresentano una risorsa potenzialmente di grande interesse in un quadro di interventi di politiche attive del lavoro: cosa sono, come funzionano e le dimensioni del settore

Michaela Camilleri

Negli ultimi anni l’avvento della tecnologia ha sicuramente giocato un ruolo decisivo all’interno del mondo dell’industria e del lavoro. Non solo nell’implementazione del cosiddetto modello Impresa 4.0, basato sull’applicazione della tecnologia ai sistemi produttivi e all’organizzazione del lavoro, ma anche con riferimento a una più ampia necessità di ripensare la formazione professionale in vista delle nuove capacità richieste dal contesto digitale. Da qui la necessità di concentrare sforzi e risorse nella creazione di un sistema formativo in grado di aggiornare le competenze dei lavoratori. 

Una delle soluzioni possibili per far fronte a queste nuove esigenze, come si legge nel primo Osservatorio sul Mercato del Lavoro curato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, è l’implementazione di un vero e proprio “Piano per la formazione continua” che, di concerto con le parti sociali e adeguatamente calato all’interno della contrattazione collettiva, coordini e organizzi le attività formative realizzate anche tramite i fondi interprofessionali.

Vediamo allora nel dettaglio cosa sono, come funzionano, quali servizi offrono e quale ruolo occupano questi fondi nell’ambito della formazione professionale.

Cosa sono e come si finanziano – I fondi interprofessionali sono organismi di natura associativa promossi dalle parti sociali, ai quali le imprese possono scegliere di aderire per la formazione continua dei propri dipendenti nei diversi comparti dell’industria, dell’agricoltura, del terziario e dell’artigianato. L’istituzione di questi fondi è subordinata a un’apposita autorizzazione ministeriale e la loro attività è sottoposta alla vigilanza dell’ANPAL (l’Agenzia Nazionale per il Lavoro) e dell’Autorità contro la corruzione (ANAC). 

I datori di lavoro che optano per questa possibilità versano il contributo obbligatorio per la disoccupazione involontaria dello 0,30% sulla retribuzione annua lorda dei propri dipendenti, invece che all’INPS, per l’appunto al fondo interprofessionale (sempre tramite l’INPS che, in questo caso, si limita a incassare i contributi dovuti dalle aziende e a girarli ai singoli fondi). L’adesione è assolutamente volontaria e un’azienda può iscriversi a un fondo diverso da quelli del settore produttivo di appartenenza o, successivamente, a un fondo diverso da quello cui si era iscritta in precedenza. 

I servizi offerti - I fondi paritetici interprofessionali finanziano piani formativi aziendali, settoriali e territoriali, che le imprese in forma singola o associata decideranno di realizzare per i propri dipendenti. Inoltre, possono finanziare anche piani formativi individuali, nonché ulteriori attività propedeutiche o comunque connesse alle iniziative formative. Dal 2011 i piani formativi possono coinvolgere anche i lavoratori con contratti di apprendistato e a progetto.

Il finanziamento di questi piani formativi avviene attraverso due modalità: l'avviso e il conto formazione. Con la prima modalità, che opera secondo una logica solidaristica, possono essere destinate alle singole imprese più risorse di quelle versate con il contributo dello 0,30% e, pertanto, il sistema consente anche alle microimprese di accedere a iniziative di formazione, altrimenti non finanziabili con il solo contributo obbligatorio; la seconda modalità, quella del conto aziendale, viene ormai utilizzata da quasi tutti i fondi interprofessionali e rende invece disponibile alla singola impresa – in presenza di determinati requisiti – una quota (generalmente oscillante tra il 70% ed il 90%) di quanto versato con lo 0,30% in un determinato lasso di tempo.

Dal punto di vista delle tematiche scelte per i piani formativi, stando ai dati dell’ultimo Rapporto sulla Formazione continua per l’annualità 2016 – 2017 redatto dall’ANPAL, nel 2017 la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro è stata la più ricorrente (seppure in forte riduzione rispetto agli anni passati) con il 21,4% dei progetti e con il 19,7% delle partecipazioni; seguono lo sviluppo delle abilità personali (16% circa dei progetti e quasi il 23% delle partecipazioni) e la gestione aziendale e amministrazione (12%).

La dimensione del settore - Attualmente sono operativi 19 Fondi (dei 22 autorizzati dal Ministero del Lavoro, 3 sono commissariati) di dimensioni molto diverse. Sempre sulla base dei dati del Rapporto ANPAL, si passa da fondi di entità estremamente ridotte ad altri di dimensioni decisamente maggiori, tra cui Fondimpresa (214 milioni di euro di versamenti nel 2017), For.te (38 milioni) e Fondo Banche Assicurazioni (circa 28 milioni) che - da soli - assorbono il 65,5% delle risorse totali raccolte. Per dare un’idea dell’impatto complessivo delle risorse accantonate sulla formazione finanziata, dal Rapporto risulta che nel 2017 i versamenti ai fondi interprofessionali ammontano a426,509 milioni di euro, a fronte di un gettito complessivo della contribuzione dello 0,30% di 734,752 milioni di euro(ovvero circa il 58% del totale). 

Venendo al numero dei soggetti coinvolti, le imprese aderenti ai fondi interprofessionali nel 2017 sono 1.343.050, di cui 447.123 cessate e 173.069 sospese (dato di stock a ottobre 2017) e i lavoratori dipendenti interessati sono circa 10,6 milioni.

Riprendendo allora quanto accennato in apertura, seppure forse non ancora adeguatamente sfruttati, i fondi interprofessionali possono rivestire un ruolo di estrema utilità nella definizione di un sistema nazionale di formazione continua integrato, da implementare attraverso un maggior coordinamento e una più stretta collaborazione tra istituzioni pubbliche, parti sociali e attori della formazione. A quest’ultimo proposito, infatti, è immaginabile che si possano realizzare importanti sinergie con altri soggetti che erogano prestazioni tra loro sovrapponibili per ambiti di intervento, come ad esempio quelle dei fondi di solidarietà e degli Enti bilaterali (pur riconoscendo le specificità di ciascuno di questi Enti in diversi altri ambiti come la flessibilità in uscita, il sostegno al reddito o l’assistenza sanitaria).

Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

23/8/2018

 
 

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