Lavoro, cosa prevede la Legge di Bilancio oltre al reddito di cittadinanza?

Uno dei principali obiettivi del governo è quello di risolvere le numerose situazioni di difficoltà economica: a tal fine è decisivo il rilancio dell’occupazione in quantità e qualità e, per questo, la priorità della Legge di bilancio 2019 è stata l’introduzione di Reddito di cittadinanza e Quota 100. Ma oltre alle due “misure simbolo” della legislatura in corso, cosa è stato previsto?

Giovanni Gazzoli

La sfida non semplice in un Paese come l'Italia è quella di incidere positivamente sul mercato del lavoro e sul sistema pensionistico: un problema non da poco, come si è visto con i Governi precedenti (creazione di “un milione di posti di lavoro”, Legge Fornero, Jobs Act). Per questo, l’attenzione dell'esecutivo insediatosi lo scorso primo giugno si è rivolta in primis a questa tematica. Dopo il tanto discusso Decreto Dignità, infatti, è stato il turno della Legge di Bilancio e, in seguito, dei decreti attuativi di reddito di cittadinanza e Quota 100, ossia le misure che mirano a invertire la rotta.

I recenti dati Istat su occupazione e PIL segnalano però due cose: da una parte, il primo intervento normativo del Ministro del Lavoro non ha ancora prodotto gli esiti sperati, dall’altra l’interruzione del trend positivo nella crescita del PIL indica che tecnicamente l’Italia potrebbe entrare in recessione.

Se le due misure principali (reddito di cittadinanza e Quota 100) meritano un’analisi approfondita in separata sede, di seguito si analizzano le altre misure previste dalla Legge per provare a migliorare la situazione del mercato del lavoro, misure sulle quali l’opinione pubblica, per certi versi comprensibilmente, non si sta concentrando in modo particolare.

Per quanto riguarda la smart nation e le nuove professioni, grazie alle quali – secondo le previsioni del Governo – nel prossimo futuro l’Italia potrà attraversare un nuovo boom economico, l’intervento è inferiore alle aspettative. Nei commi 78-81 viene autorizzata la spesa di 250 milioni di euro per l’anno 2020 per finanziare un credito d’imposta dal 30 al 50% (per un massimo di 200.000-300.000 euro a seconda delle dimensioni delle imprese) per le spese di formazione del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal Piano nazionale industria 4.0. Inoltre, il comma 244 prevede una spesa di 2 milioni di euro nel 2019 per finanziare progetti innovativi di formazione in industrial engineering and management all’interno del progetto della Scuola europea di industrial engineering and management. L’altro tema “innovativo” trattato è quello del lavoro agile, disciplinato dal comma 486: tuttavia, anche qui, l’intervento è modesto, essendo aggiunto alla legge 81/2017 un comma che riconosce priorità nelle richieste di lavoro agile alle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità o ai lavoratori con figli in condizioni di disabilità. Un’aggiunta sicuramente opportuna, ma limitata rispetto alle necessità.

Viene affrontato il tema del lavoro sommerso e irregolare (comma 445) mediante l’assunzione di nuovo personale nell’Ispettorato nazionale del lavoro e l’inasprimento delle sanzioni in materia di lavoro e legislazione sociale; inoltre, si trova la modifica della misura “Percorsi di alternanza scuola-lavoro” (commi 784-785), rinominata “Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento”, i quali vengono attuati per una durata minima di 210 ore negli istituti professionali, 150 ore negli istituti tecnici e 90 ore nei licei.

C’è poi un focus particolare sull’occupazione nel sud Italia: uno sgravio consistente nell’esonero contributivo per under 35 assunti a tempo indeterminato (nel limite complessivo di 500 milioni sia per il 2019 che per il 2020, comma 247) e piccole modifiche per la misura “Resto al Sud” (comma 601), già prevista dal decreto legge 91/2017. Basta un semplice calcolo per inserire queste cifre all’interno di una cornice che aiuti a contestualizzare il quadro della situazione: dividendo il totale di risorse (500 milioni) per il limite massimo dello sgravio (8.060 euro su base annua, come stabilisce la Legge 190/2014 al comma 118), si ottiene circa 62.000, cioè il numero annuale delle esenzioni fattibili e quindi delle assunzioni oggetto di incentivo: certamente, non un numero che possa contrastare il grave fenomeno della disoccupazione giovanile al Sud. Peraltro, si tratta di un esperimento già fatto in passato, chiuso nel 1994 e che in 20 anni ha prodotto scarsi risultati: perciò, è senza dubbio preferibile la misura del credito d’imposta.

Per quanto riguarda il deficit occupazionale, ci sono una serie di interventi a macchia di leopardo. Si passa dagli sgravi per incentivare la formazione di giovani autotrasportatori (ai quali spetta il rimborso del 50% per le spese sostenute per il conseguimento della patente e delle abilitazioni professionali, commi 291-295) al bonus occupazionale per giovani eccellenze (esonero per un anno e per un massimo di 8.000 euro dal versamento dei contributi previdenziali – eccetto quelli dovuti all’INAIL – per assunzioni a tempo indeterminato di cittadini laureatisi tra il 1/1/18 e il 30/6/19 con una votazione di 110 e lode con media ponderata di 108/110 o in possesso di un dottorato di ricerca ottenuto nello stesso periodo di tempo, commi 706-717), passando per l’incremento di 50 milioni del Fondo sociale per occupazione e formazione (comma 281). Inoltre, si ha un intervento sui piani di recupero occupazionale (comma 282), l’aumento della disponibilità economica per la regione Lazio “per le specifiche situazioni occupazionali presenti nel suo territorio” (comma 254) e una serie di interventi normanti l’assunzione a tempo determinato e/o indeterminato per lavori socialmente utili nella PA (commi 446-449), per assistenti amministrativi e tecnici scolastici (commi 738-740), per personale all’interno di enti operanti nel settore dei beni culturali (comma 343) e per diverse figure all’interno dei Ministeri (commi 300-415).

Al di là della valutazione sulla modestia numerica dell’impatto del provvedimento per il Mezzogiorno, si è visto che, sia nelle misure sull’occupazione nel Mezzogiorno sia in quelle sull’occupazione giovanile, il metodo principale è quello della decontribuzione. Non è la prima volta che si adotta questa soluzione per tentare di risolvere un problema ormai annoso dell'economia italiana: un metodo che il più delle volte non si rivela sufficiente per risolvere la questione alla radice. Come più volte dimostrato dalla prassi, infatti, l’elemento della decontribuzione non basta a creare occupazione; peraltro, gli esempi passati sono esattamente inerenti ai campi trattati in questa Legge, ossia le difficoltà del Mezzogiorno e la disoccupazione giovanile

Giovanni Gazzoli, Itinerari Previdenziali 

4/2/2019

 
 
 

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