Nubi scure sul futuro del mercato del lavoro in Italia

La seconda ondata di contagi da COVID-19 ha reso il futuro del mercato del lavoro italiano ancora più incerto: la difficoltà di reperire figure ad elevata professionalità, combinata con l'abbondanza di lavoratori meno qualificati in arrivo dai settori più colpiti dalla crisi, potrebbe infatti causare nel 2021 un ingorgo occupazionale gravissimo 

Claudio Negro

I dati Istat relativi a ottobre 2020 fotografano un mercato del lavoro sostanzialmente fermo: gli occupati calano di 13.000 unità, dato che in percentuale vale un po’ meno dello 0,1% rispetto a settembre. Aumenta leggermente (+0,4%) la disoccupazione, in ragione del fatto che più gente cerca lavoro. La piccola flessione negli occupati è da attribuire soprattutto al calo dei contratti a termine (-0,6%), piccolo ma di norma sicuro indizio di un calo di fiducia delle imprese. Le ore lavorate rispetto a ottobre 2019 sono lo 0,6% in meno (erano lo 0,4% a settembre) e le assenze dal lavoro sono aumentate del 2,1% (erano lo 0,8% a settembre), segno evidente di un maggior utilizzo della cassa Integrazione già concessa.

I segni, a leggerli bene, alludono a un outlook quantomeno incerto, con la ripresina del dopo primo lock down che sembra essersi esaurita, anche se stavolta si è evitato il peggio, cioè la chiusura delle attività industriali. Ma è interessante comparare i nostri dati a quelli dell’Unione Europea e all’analisi e previsioni formulate dal Rapporto Annuale Censis. In effetti, rispetto ai dati europei (Eurostat), l'Italia si colloca più o meno nella media: l’occupazione è calata dello 0,5% nel primo trimestre, del 2,4% nel secondo d è aumentata dello 0,9% nel terzo. Attualmente, il saldo è negativo del 2% rispetto alla fine del 2019, ma la Germania è a -1,5%, l’Olanda a -1%, il Regno Unito a -1,3%, il Belgio -0,7%, la Danimarca a -0,9%. Tuttavia, va considerato che la relativamente discreta situazione dell’occupazione è dovuta in modo massiccio all’utilizzo diffuso dei vari programmi di ammortizzatori sociali e misure di sostegno dei lavoratori che, nel caso italiano, ha assunto soprattutto la forma della CIG. 

D'altra parte, c’è però anche da osservare che l’Italia è stato il Paese europeo nel quale è rimasto al lavoro come d'abitudine (almeno nel corso del primo lockdown) il numero più basso di persone: alto il numero degli home workers, intuibilmente spinto dai dipendenti pubblici, e alto il numero dei lavoratori sospesi. 

Figura 1 - Modalità di lavoro pre e durante il lockdown a confronto 

Figura 1 - Modalità di lavoro pre e durante il lockdown a confronto

Fonte: OECD Employment Outlook 2020 "Worker Security and the COVID-19 Crisis"

Bisogna aggiungere che nell’UE, a parte coloro che hanno continuato a lavorare abitualmente, le fasce di lavoratori più professionalizzati, e più retribuiti, hanno lavorato online, senza perdere reddito, mentre i lavoratori meno qualificati sono in buona parte finiti in cassa integrazione (o l’equivalente degli altri Paesi), perdendo reddito. Tipologie di lavoratori in Italia presenti soprattutto nei settori del commercio, del turismo e della ristorazione: la diminuzione dell’occupazione tra 2019 e 2020 (tra i due secondi trimestri in particolare) è stata maggiore nel nostro Paese - del 3,6%, contro quella dell’1,9% in Francia e del 2,4% nell'intera UE – non solo perché i lavoratori di questi comparti hanno subito una riduzione più importante che altrove, ma anche perché in questi ambiti era occupata una porzione più grande di dipendenti che altrove. Nel secondo trimestre 2020 il fatturato dei servizi segnava un -21% rispetto al primo trimestre e un crollo di 17 punti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: più severa l’incidenza nei servizi di alloggio e ristorazione (-63 punti la variazione congiunturale, -51 quella tendenziale) e nei servizi alle imprese ( rispettivamente -30,7% e -20,2%). Cresce però nel sistema produttivo il paradigma digital & green: nel 2019 oltre 295.000 imprese hanno investito in tecnologie legate alla sostenibilità ambientale, con un incremento del 13,3% rispetto all’anno precedente. Come evidenziato dall'ultimo Rapporto Censis, si consolida poi la creazione di start up innovative: al 30 giugno di quest’anno erano 11.496, con un incremento annuo del 10,3%. 

In sostanza, come segnalato prima in relazione al variare dei redditi, il mercato del lavoro si va spaccando tra domanda di professionalità alte, adatte al digital & green, e offerta di professionalità basse, come è possibile notare anche dalla figura che segue nella quale sono illustrate le previsioni di assunzioni delle imprese per il mese di dicembre. 

Figura 1 - Opportunità di lavoro nel mese di dicembre

Figura 1 - Modalità di lavoro pre e durante il lockdown a confronto

Fonte: Sistema informativo Excelsior, Unioncamere-ANPAL, 2020

La difficoltà di reperire le figure è direttamente proporzionale alla professionalità. Il combinato disposto di questo dato con quello dell’abbondanza di figure a scarsa professionalità in offerta sul mercato provenienti dal comparto dei servizi potrebbe determinare a partire dal 2021 un “ingorgo occupazionale” gravissimo. Formazione, riqualificazione, servizi al lavoro saranno fondamentali per evitare una crisi sociale pesantissima.

Ma il governo lo sa? A giudicare dagli investimenti previsti nella Legge di Bilancio per il 2021 sul fronte delle politiche attive del lavoro si direbbe di no!  

Claudio Negro, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali e Fondazione Anna Kuliscioff

14/12/2020

 
 

Ti potrebbe interessare anche