Welfare aziendale, un circolo virtuoso

Continuano a crescere le iniziative di welfare aziendale delle PMI italiane, facendo aumentare il benessere dei lavoratori e la produttività delle imprese: i risultati dell’ultimo Rapporto “Welfare Index PMI”

Michaela Camilleri

Il welfare aziendale in Italia cresce e contribuisce all’aumento del benessere dei dipendenti e della produttività delle imprese. Questo quanto risulta dal Rapporto 2018 “Welfare Index PMI” , promosso da Generali con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni, che da tre anni analizza e monitora l’evoluzione del welfare aziendale nelle piccole e medie imprese italiane.

Dai numerosi dati ricavabili dal Rapporto emergono alcuni trend interessanti. 

Crescita dei piani di welfare - Secondo le indagini condotte su un campione di oltre 4.000 imprese (il numero è quasi raddoppiato rispetto a quello della prima edizione), le imprese “attive”, cioè con iniziative in almeno quattro delle dodici aree del welfare aziendale individuate dal Rapporto, sono aumentate dal 25,5% nel 2016 al 41,2% nel 2018 mentre quelle “molto attive”, cioè con iniziative in almeno sei aree, sono raddoppiate, passando dal 7,2% al 14,3%.

Settori di intervento - Il 52,5% delle imprese ritiene che le proprie iniziative di welfare aziendale cresceranno nell’arco dei prossimi 3-5 anni, in particolare nelle aree della salute e assistenza, conciliazione vita e lavoro, giovani, formazione e sostegno alla mobilità

                                              Fig. 1 – Variazioni del tasso di iniziativa per aree del welfare aziendale

   Fonte: Rapporto 2018 “Welfare Index PMI”

Obiettivi nelle scelte di welfare - Dal Rapporto emergono due obiettivi principali che le imprese si prefiggono attuando politiche di welfare: migliorare la soddisfazione dei lavoratori (considerato principale dal 42,1% delle imprese) e incentivare la produttività del lavoro. Quest’ultimo, in particolar modo, è cresciuto moltissimo di importanza: le imprese che lo considerano prioritario sono passate in un solo anno dal 16,6% al 29,2%. E la correlazione tra questi due fattori appare evidente: il 35,6% delle imprese intervistate dichiara, infatti, di aver aumentato la propria produttività per effetto di una maggiore soddisfazione dei lavoratori. Questo vale ancor di più per le aziende molto attive nel welfare, tra le quali il 63,5% conferma di aver ottenuto un incremento produttivo

Passi avanti e limiti del welfare aziendale - A livello di sistema, si confermano alcune peculiarità del sistema di welfare aziendale italiano già evidenziate in un precedente articolo sul tema:

  • la tipologia delle iniziative dipende dal settore produttivo, ma c’è omogeneità sul territorio nazionale;
  • è la dimensione aziendale l’elemento che più incide sull’attività di welfare: le grandi e medie imprese sono facilitate nella gestione delle iniziative perché hanno maggiori bacini di utenza e dispongono di competenze professionali dedicate. Permane dunque un problema di massa critica. Esaminando l’ampiezza del welfare aziendale per classi dimensionali si nota -ovviamente- che la quota delle imprese molto attive è di gran lunga maggiore nella fascia delle imprese medio-grandi (63,7%), anche se ciò che conta è che cresce in tutti i segmenti: nell’ultimo anno ha superato il 10% nelle microimprese e ha raggiunto il 16,5% nelle piccole imprese tra 10 e 50 addetti;
  • si allarga il numero delle aziende che intraprendono iniziative di welfare, ma la crescita è trainata principalmente da imprese già attive nel comparto. Il fenomeno è da considerarsi comunque positivo: significa che le imprese che si sono dotate di una politica sistematica di welfare aziendale, dopo averne sperimentato i benefici, si sentono incoraggiate a incrementare ulteriormente le iniziative e gli investimenti.

In sintesi, pur essendo tuttora nella fase iniziale della diffusione del welfare aziendale, il messaggio positivo che si può trarre dal Rapporto è che la maggior parte delle PMI ha avviato iniziative di welfare e pensa di incrementare gli investimenti in futuro, quando fino al 2015 queste politiche erano attuate quasi esclusivamente dalle grandi imprese. Tuttavia, su 6 milioni e 300 mila imprese, solamente 700 sono definibili grandi (con più di 1.000 addetti), mentre le aziende piccole e medie (tra 10 e 250 addetti) sono poco meno di 315 mila e le microimprese (meno di 10 addetti) sono quasi sei milioni. È evidente quindi che le PMI sono la struttura portante del nostro sistema produttivo, e che senza di esse non è possibile raggiungere la maggior parte dei lavoratori e delle famiglie.

Ancora una volta dunque, senza dimenticare che le imprese sono state anche in parte incoraggiate a intraprendere iniziative di welfare dal nuovo impianto normativo (modellato dalla legge di stabilità 2016 e poi rafforzato nei successivi due anni) e dall’utilizzo dei vantaggi fiscali, è importante continuare a mantenere alta l’attenzione sul tema, creando così quel famoso circolo virtuoso in grado di coinvolgere specialmente le piccole e medie imprese.

Michaela Camilleri, Area Previdenza e Finanza Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

11/4/2018

 
 

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