COVIP, CONSOB e Brexit: fumata bianca dopo il "fumo di Londra"!

La COVIP ha fornito un'importantissima Risposta a quesiti che permetterà ai fondi negoziali di avvalersi delle capacità gestionali di soggetti di Paesi terzi - in primo luogo quelli del Regno Unito - autorizzati e designati in base ai criteri MiFID. Da parte sua la CONSOB ha espressamente riconosciuto la competenza nazionale per l'autorizzazione ai gestori di Paesi terzi dopo il passo indietro della Commissione europea a seguito dell'inasprirsi delle trattative post Brexit

Francesco Paolo Crocenzi

Il mese di luglio è stato di fondamentale importanza per la definizione di un percorso autorizzativo per gli operatori di Paesi terzi che intendono avviare o continuare la prestazione di servizi di investimento in Italia. Chi potrà continuare a svolgere tali servizi sono gli intermediari del Regno Unito, che al 31 dicembre prossimo cesseranno senza ulteriori proroghe di essere considerati comunitari e se privi di autorizzazione dovrebbero interrompere i servizi ai clienti italiani, tra cui i fondi pensione negoziali. Si è verificata infatti la “tempesta perfetta” fatta di comunicazioni della Commissione europea, conseguenti decisioni CONSOB e nuovi orientamenti COVIP sugli operatori di Paesi terzi che consentirà di superare lo stallo decisionale e autorizzativo di cui avevamo dato conto nei precedenti interventi, il quale avrebbe comportato seri rischi di discontinuità nella gestione dei fondi negoziali alla fine dell’anno.

Vediamo quindi da dove si partiva e dove le opportune e puntuali prese di posizione CONSOB e COVIP hanno portato.

Fino a giugno, la CONSOB riteneva (correttamente) di non avere il potere di autorizzare gli intermediari non comunitari a operare in Italia ex articolo 28 del D. Lgs 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo Unico della Finanza o “TUF”) perché in forza del diritto UE esisteva una “precedenza” - o “pre-emption” - per la procedura prevista dalla normativa comunitaria basata sugli articoli 46 e ss. del Regolamento cosiddetto “MiFIR” (Regolamento UE n. 600 del 2014). La procedura europea delineata nel MiFIR consiste in due fasi: nella prima la Commissione riconosce l’equivalenza della normativa finanziaria di un Paese terzo a quella comunitaria, e nella seconda l’ESMA, che come noto è l’authority finanziaria europea composta dalle autorità di vigilanza dei Paesi membri, autorizza gli intermediari dei Paesi ritenuti idonei dalla Commissione a operare nel territorio dell’Unione dopo una procedura autorizzativa di centottanta giorni lavorativi. 

Quindi, le “CONSOB” nazionali avrebbero potuto autorizzare gli intermediari extracomunitari solo “in mancanza” della ricordata decisione di equivalenza della Commissione. Il problema era pertanto di stabilire quando si fosse effettivamente determinata questa “mancanza” di decisione della Commissione, se oggi, fra sei mesi, un anno, o mai…Fino ad allora, le autorità nazionali sarebbero state “tra coloro che son sospesi”.

La combinazione tra il descritto quadro giuridico comunitario e le tempistiche dettate dall’evoluzione della Brexit avrebbero comportato la brusca soluzione di continuità dei servizi degli intermediari britannici in Italia, poiché a fronte di un termine finale e improrogabile del periodo transitorio il 31 dicembre 2020, non vi sarebbe stato il tempo materiale per munirsi dell’autorizzazione ESMA entro tale data. Ciò perché ove anche la Commissione avesse emanato la decisione di equivalenza entro il mese di giugno secondo le intese UE/GB, non vi sarebbero stati i tempi per la procedura ESMA, che come detto è di 180 giorni lavorativi. 

Fortunatamente per gli operatori, a seguito del non entusiasmante andamento delle negoziazioni sul periodo transitorio tra UE e Regno Unito, la Commissione europea ha di fatto riconosciuto l’impossibilità di pervenire a una decisione di equivalenza in tempi adeguati o quantomeno preventivabili, e così con una Comunicazione del 9 luglio 2020, intitolata "Prepararsi alla svolta Comunicazione sulla necessità di arrivare pronti alla fine del periodo di transizione tra l’Unione europea e il Regno Unito”, ha espressamente indicato che “dal 1º gennaio 2021 […] La prestazione di servizi finanziari dal Regno Unito all'UE sarà condizionata al rispetto delle norme sui Paesi terzi vigenti nello Stato membro interessato”, con ciò rinunciando alla propria competenza – almeno sul breve-medio termine – e restituendola agli Stati nazionali.

Sulla base di ciò, la CONSOB ha prontamente emanato la Comunicazione n. 8/2020 del 23 luglio, che ha indicato le norme – questa volta nazionali – che gli intermediari britannici dovranno seguire per continuare ad operare in Italia con succursale, in libera prestazione di servizi (cross-border) o istituendo una SIM nazionale.

In tale contesto, è importante il richiamo fatto dalla Comunicazione CONSOB all’art. 28 comma 6 del TUF e alle relative disposizioni di attuazione del Regolamento CONSOB 20307 del 2018 in materia di Intermediari (“RI”) per i servizi cross-border a clienti professionali di diritto, come i fondi pensione negoziali, e alle controparti qualificate. 

Senza esaminare i dettagli della procedura e della documentazione da allegare all’istanza previsti dal RI, è sufficiente ricordare che le procedure di autorizzazione per gli intermediari non UE hanno una durata di centoventi giorni di calendario, salvo interruzioni e sospensioni, e quindi a oggi (agosto 2020) si è ancora nei tempi per presentare un'istanza con la possibilità di ottenere l’autorizzazione entro fine anno salvando così la continuità dei servizi. Non siamo in grado di prevedere quanto la CONSOB effettivamente impiegherà per definire una procedura di autorizzazione a operare cross border per un intermediario britannico perché nessun operatore di Paesi terzi ha mai presentato simili istanze (disponendo tutti i principali player di intermediari comunitari che usavano il passaporto UE), tuttavia occorre considerare che la complessità della procedura di autorizzazione per intermediari non UE tiene conto del fatto che potrebbero venire da qualsiasi posto del mondo. Quindi la CONSOB è chiamata anche a verificare lo status regolamentare del richiedente, il quale potrebbe appartenere a sistemi giuridici con normativa finanziaria non paragonabile a quella italiana, o che addirittura sono privi di regole sui servizi finanziari.

Naturalmente questo non sarebbe il caso degli operatori del Regno Unito, che almeno per il periodo transitorio sono addirittura soggetti alle stesse norme MiFID degli intermediari italiani e comunitari, per cui è ragionevole attendersi che l’esame dell’assetto normativo del Regno Unito e del regime di vigilanza applicabile al soggetto istante sia relativamente semplice, con possibilità che ciò si rifletta sulla durata della procedura... Anzi, in forza del generale principio di economicità di adempimenti sotteso al TUF, potrebbe essere considerata una sorta di procedura semplificata di autorizzazione per gli intermediari britannici già operanti in Italia a una certa data.

Una settimana dopo la Comunicazione CONSOB n. 8/2020 del 23 luglio, la COVIP ha diffuso sul proprio sito una risposta a due quesiti presentati da associazioni di categoria, aventi a oggetto esattamente quanto da noi evidenziato nel contributo "Fumo di Londra": incertezze e possibili soluzioni per i gestori inglesi dopo la Brexit e cioè (i) se un gestore non comunitario autorizzato a operare in Italia ex articolo 28 del TUF potesse essere compreso nel novero dei “soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività di cui all’articolo 1, comma 5, lettera d), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58” ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a) del D. Lgs 252 del 2005 (“D Lgs 252”) alla stessa stregua di una SIM o una SGR nazionale, e se (ii) il gestore di un fondo pensione potesse delegare anche un soggetto non comunitario.

Come già detto, la COVIP ha risposto in senso affermativo a entrambi i quesiti, e oltre alle motivazioni giuridiche di cui parleremo, è interessante notare la ratio di quanto elaborato dall’Autorità, e cioè di permettere ai fondi pensione di “continuare a beneficiare della professionalità e delle conoscenze degli intermediari stabiliti in alcuni paesi non appartenenti all’Unione europea, come il Regno Unito” e, soprattutto, di “evitare che la Brexit generi un blocco delle convenzioni di gestione che prevedono un coinvolgimento di intermediari stabiliti nel Regno Unito”. Così facendo, la COVIP adempie in pieno alla propria missione istituzionale di tutelare i fondi pensione italiani, nel caso di specie contro i danni e i mancati benefici in termini di efficienza della gestione che l’interruzione dei mandati a seguito della fine del periodo transitorio post Brexit avrebbe potuto arrecare. 

Sono necessarie poche parole per spiegare le motivazioni giuridiche addotte dalla COVIP, che sono le stesse già evidenziate, basate sull'idoneità degli intermediari di Paesi terzi autorizzati ex articolo 28 del TUF ad essere considerati anch'essi dei soggetti idonei alla gestione ai sensi dell’art. 6.1 del D Lgs 252 perché si tratta sempre di “soggetti autorizzati”, come SIM e SGR. Per finire su questo punto, è importante notare che la COVIP abbia espressamente scritto nella Risposta a quesito che le considerazioni fatte per i gestori britannici per evidenti motivi contingenti si applicano anche a quelli di altri Paesi terzi che dovessero essere autorizzati ex articolo 28 del TUF a operare in Italia: è infatti evidente che l’art. 28 si riferisce ai Paesi terzi in genere, e non solo al Regno Unito. 

Quanto alla possibilità che il gestore di un fondo pensione deleghi un intermediario non comunitario, la COVIP ha riconosciuto che l’approccio restrittivo da essa seguito fino a oggi era ormai datato (risale ai primi del 1998), e proprio di un sistema normativo che ancora non conosceva la MiFID né la Direttiva GEFIA, né le disposizioni sulle deleghe a gestori di Paesi terzi introdotte dai Regolamenti di attuazione di tali Direttive. Pertanto, nella Risposta a quesito, la COVIP ha semplicemente confermato che le disposizioni generali sulla delega a intermediari di Paesi terzi previste dall’art. 32 del MiFIR e dall’art. 78 del Regolamento delegato 231 del 2013 si applicano anche alla gestione di fondi pensione negoziali. 

Naturalmente, dovranno essere rispettate le disposizioni generali in materia di delega, in primis che il gestore principale rimane responsabile per la gestione delegata; per quanto riguarda nello specifico le deleghe a entità non UE, la COVIP richiama le condizioni generali di cui ai due citati Regolamenti, e cioè che l’intermediario del Paese terzo sia autorizzato o registrato nel proprio Paese di origine e vi siano accordi di collaborazione tra le Autorità di vigilanza dell’intermediario delegante e l’Autorità di vigilanza dell’intermediario delegato.

Questa seconda condizione merita attenta considerazione: infatti, il tema degli accordi di cooperazione con Paesi terzi non è mai stato approfondito poiché i servizi degli intermediari dei Paesi terzi in Italia venivano sempre prestati con il passaporto comunitario delle loro collegate. In primo luogo, occorre precisare quali siano le Autorità italiane competenti a stipulare gli accordi di cooperazione internazionale, e non possono esservi dubbi sul fatto che per i servizi di investimento questa sia ratione materiae la CONSOB, mentre sarà la Banca d’Italia per la gestione collettiva. 

Al riguardo, il sito della CONSOB contiene un elenco delle Autorità estere – comprese quelle comunitarie, con le quali sono in vigore degli accordi di cooperazione. In nessun caso tali accordi potrebbero essere conclusi dalla COVIP sia perché gli stessi riguardano evidentemente i servizi di investimento in generale e non solo quelli resi a una specifica categoria di clienti come i fondi pensione, sia, soprattutto, per una espressa disposizione di legge, l’articolo 4 comma 3 del TUF, il quale dispone che solo la Banca d’Italia e la CONSOB “possono cooperare, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti degli Stati extracomunitari”. Lo stesso articolo, al comma 7, prevede altresì che Banca d’Italia e CONSOB sono le sole Autorità nazionali che possono eseguire indagini o effettuare notificazioni sul territorio nazionale per conto di Autorità di Paesi terzi o della UE. Per terminare sul punto, si segnala che è in corso una rinegoziazione degli accordi di cooperazione tra CONSOB e Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti per adeguarli al contesto MiFID.

Ultima prescrizione della COVIP per quanto riguarda la delega a intermediari operatori di Paesi terzi è che essa debba essere espressamente prevista nel contratto di gestione: al riguardo, ove tale possibilità non fosse indicata, riteniamo che la convenzione possa essere modificata in tal senso mediante accordo scritto tra le parti.  

Come detto in apertura, si tratta di novità molto importanti che permetteranno ai fondi pensione di avvalersi in pieno della professionalità di gruppi internazionali senza forzose ridomiciliazioni comunitarie, fermo restando il principio del controllo della CONSOB sulle qualifiche e l’idoneità del gestore, che dovrà essere autorizzato al pari di un soggetto nazionale. Inoltre, la possibilità di delega a gestori di Paesi terzi aiuterà anche le SIM e le SGR italiane con poca expertise per taluni mercati o stili di investimento, in quanto potranno coprire anche questi ultimi nella loro offerta al fondo pensione pur rimanendo responsabili per la gestione che è stata delegata.

Avv. Francesco Paolo Crocenzi, Studio Legale Crocenzi e Associati

19/8/2020

 
 
 

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